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Il nuovo paradigma economico sta cambiando profondamente non soltanto le modalità di organizzazione produttiva ed i mercati del lavoro, ma sta manifestando i suoi effetti anche sulle strutture in cui si articola oggi la società nel suo complesso. Infatti, accanto al veloce e progressivo sviluppo tecnologico – che sta alla base di quella che è chiamata quarta rivoluzione industriale (o Industry 4.0) – si rileva la coesistenza di diversi mutamenti di dinamiche che non riguardano esclusivamente il “fattore produzione”, ma su di esso impattano (si veda F. Seghezzi, La nuova grande trasformazione. Lavoro e persona nella quarta rivoluzione industriale, Adapt University Press, 2017).
Gli elementi chiave di questo cambiamento sembrano interessare diversi ambiti: si assiste, infatti, non soltanto a uno sviluppo tecnologico fortemente caratterizzato da una pervasività e velocità mai registrate in precedenza, ma anche a mutamenti degli equilibri demografici ed ambientali (per un ulteriore approfondimento sul tema ambientale, P. Tomassetti, Conversione ecologica degli ambienti di lavoro, sindacato e salari, Diritto delle Relazioni Industriali n. 2/XXV, 2015). È in questo contesto che, di conseguenza, anche il mercato del lavoro si trova a dover essere preso in considerazione secondo una nuova prospettiva: un sistema sociale aperto all’interno del quale il concetto stesso di lavoro intercetta ormai diversi possibili status, condizioni e le transizioni occupazionali degli attori che vi operano. Pertanto, per dare efficacemente conto delle trasformazioni in atto, risulta indispensabile ridisegnare anche la “geografia del lavoro”, da un lato, superando vecchi confini spaziali e temporali e la contrapposizione tra mercati del lavoro interni ed esterni, dall’altro, costruendo nuovi sistemi di relazioni, attraverso un approccio reticolare capace di valorizzare le connessioni tra la persona, i gruppi a cui appartiene, le risorse a cui può accedere nei territori – fisici e virtuali – in cui vive (cfr. L. Casano, Le transizioni occupazionali nella nuova geografia del lavoro: dieci domande di ricerca, nòva – Il Sole 24 Ore, 23 Febbraio 2017).
Tali trasformazioni – che stanno riguardando sia la tipologia dei beni prodotti, sia le modalità e le località in cui essi vengono realizzati – hanno evidenti ripercussioni soprattutto a livello territoriale. Infatti, per alcune aree geografiche esse si traducono in aumenti nella domanda di lavoro, della produttività, dell’occupazione, nonché di redditi più alti. Per altri territori significa, invece, chiusura di fabbriche, disoccupazione e salari più bassi. Questa radicale redistribuzione di impieghi, popolazione e ricchezza è certamente una delle sfide che i territori sono già chiamati ad affrontare, dinamiche tali da determinarne architettura e performance nei prossimi decenni. Per il rilancio economico e sociale, la progettazione e la rigenerazione dello sviluppo di un territorio, dunque, risulta sempre più essenziale indirizzare le energie verso la costruzione di alleanze strette tra i luoghi che condividono esigenze analoghe, avendo ben presenti le identità distintive locali, attraverso un efficace raccordo tra istituzioni, forze produttive, centri della conoscenza e comunità sociali dei territori coinvolti, nel solco di quella che viene definita nuova geografia del lavoro (sul tema si veda E. Moretti, La nuova geografia del lavoro, Mondadori, 2014).
Nello scenario fin qui tratteggiato, diversi sono gli interrogativi che sorgono con riferimento alle prospettive da adottare per leggere adeguatamente le trasformazioni del lavoro e dei suoi strumenti di regolazione. Ed è proprio con l’intento di costruire una risposta efficace circa il ruolo dei territori e degli strumenti che possono essere mobilitati nella dimensione territoriale per rispondere alle sfide in atto poste dalla grande trasformazione del lavoro, che si intende dare l’avvio ad una nuova rubrica. Flussi di persone e competenze, mobilità, riorganizzazione urbana, forme innovative di welfare territoriale, esperienze di cooperazione e reti territoriali funzionali allo sviluppo locale, nuovi modelli produttivi saranno alcuni dei temi affrontati attraverso la lente del territorio.
I contributi si propongono di raccontare, di volta in volta gli aspetti caratterizzanti di quelle esperienze in cui i processi di lavoro si trasformano, cambiano e si evolvono ed i loro fattori abilitanti, all’interno di precisi contesti territoriali che sembrano aver compreso o provano ad approcciarsi alle sfide che derivano dai mutamenti in atto. Per non subire il cambiamento, ma governarlo, partiamo dal territorio per leggere il futuro del lavoro.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo
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