Nuovi adempimenti (per un nobile fine) e nuove incertezze

Il Decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39 (pubblicato nella GURI del 22.3) ha disposto l’attuazione nel nostro ordinamento, dal 6 aprile, della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile. Materia per la quale era già intervenuta la legge 1° ottobre 2012 , n. 172 di Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 20072007, nonché’ norme di adeguamento dell’ordinamento interno. Oggetto oggi di attenzione è l’introduzione, ad opera dell’art. 2 del D. Lgs., dell’art. 25-bis rubricato Certificato penale del casellario giudiziale richiesto dal datore di lavoro. La rubrica lascia presupporre un adempimento nei confronti dei “datori di lavoro” mentre il precetto che segue individua qualsiasi “soggetto” ritornando al “datore di lavoro” nella parte che determina la sanzione che assiste la violazione al precetto stesso. Il legislatore italiano, con l’espressione utilizzata, lascia perplesso l’interprete anche in presenza della puntualizzazione “che intenda impiegare al lavoro”: sembra così ampliata la platea dei destinatari obbligati alla verifica anche, ad esempio, alle attività oratoriali della parrocchia o alla presenza della baby sitter. Una perplessità che, a parere di chi scrive, si accentua allorquando esaminiamo la direttiva che invoca l’estensione anche ai gestori. Il fine della recepita direttiva – come emerge dai considerando – consiste nella lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile atteso che il fenomeno registra una crescita anche per l’uso delle nuove tecnologie e di internet. La direttiva 2011/93/UE precisa, nel considerando (40), la nozione di “datori di lavoro”: “Ai fini della presente direttiva, la nozione di «datore di lavoro» dovrebbe contemplare anche le persone che gestiscono un’organizzazione operante in attività di volontariato attinenti alla custodia e/o alla cura dei minori e che prevedono un contatto diretto e regolare con essi”. Il legislatore (italiano) è deputato, dal medesimo “considerando” ad assegnare il significato delle attività di volontariato organizzate e il contatto diretto e regolare con i minori (perché esse) siano definite conformemente al diritto nazionale. Nel dettaglio:

L’art. 25-bis del D. Lgs. 39/2014

L’art. 10 della Direttiva 2011/93/UE

  1. Il certificato penale del casellario giudiziale di cui all’articolo 25 deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600 -bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori.».
  2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i datori di lavoro, al momento dell’assunzione di una persona per attività professionali o attività volontarie organizzate che comportano contatti diretti e regolari con minori, abbiano il diritto di chiedere informazioni, conformemente alla normativa nazionale e con ogni mezzo appropriato, quali l’accesso su richiesta o tramite l’interessato, sull’esistenza di condanne penali per i reati di cui agli articoli da 3 a 7, iscritte nel casellario giudiziario, o dell’esistenza di eventuali misure interdittive dell’esercizio di attività che comportano contatti diretti e regolari con minori derivanti da tali condanne penali.
  3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che, ai fini dell’applicazione dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo, le informazioni sull’esistenza di condanne per i reati di cui agli articoli da 3 a 7 o di eventuali misure interdittive dell’esercizio di attività che comportano contatti diretti e regolari con minori derivanti da tali condanne penali siano trasmesse in conformità delle procedure previste dalla decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (GU L 93 del 7.4.2009, pag. 23) quando la richiesta è rivolta ai sensi dell’articolo 6 della richiamata decisione quadro con il consenso dell’interessato.

Mentre ci soccorre per il significato di attività di volontariato l’art. 2 della legge 11 agosto 1991, n. 266 quale Legge-quadro sul volontariato nella quale è esclusa ogni forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo – o le disposizioni sulle associazioni di promozione sociale (legge 7 dicembre 2000, n. 383) per le quali è, invece, possibile tali forme di rapporto – non ritrovo nel nostro ordinamento alcun riferimento da assegnare ai contatti diretti e regolari lasciando presumere che risulterebbero esclusi i contatti che siano determinati dalla esiguità della prestazione e dalla marginalità del contesto in cui essa si inserisce.

legge 11 agosto 1991, n. 266

Art. 2. – Attività di volontariato

  1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.
  2. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.
  3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui fa parte.

legge 7 dicembre 2000, n. 383

Art. 18. – Prestazioni degli associati

  1. Le associazioni di promozione sociale si avvalgono prevalentemente delle attività prestate in forma volontaria, libera e gratuita dai propri associati per il perseguimento dei fini istituzionali.
  2. Le  associazioni  possono,  inoltre,  in  caso  di particolare necessità, assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo, anche ricorrendo a propri associati.

Il Ministero della Giustizia con due note esplicative ha, però, indicato a chiarimento sulla portata applicativa delle disposizioni in commento che esse valgono soltanto per l’ipotesi in cui si abbia l’instaurazione di un rapporto di lavoro, perché al di fuori di questo ambito non può dirsi che il soggetto, che si avvale dell’opera di terzi, assuma la qualità di “datore di lavoro”. Non è allora rispondente al contenuto precettivo di tali nuove disposizioni l’affermazione per la quale l’obbligo di richiedere il certificato del casellario giudiziale gravi su enti e associazioni di volontariato pur quando intendano avvalersi dell’opera di volontari; costoro, infatti esplicano un’attività che, all’evidenza, resta estranea ai confini del rapporto di lavoro. Concetto ripreso nella Circolare 3 aprile 2014 richiamando l’obbligo esclusivamente per i datori di lavoro che intendano impiegare una persona. Dal 6 aprile, data di entrata in vigore del provvedimento, occorre munirsi del certificato penale del casellario giudiziale volto esclusivamente a “verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), 600-quater (detenzione di materiale pornografico), 600-quinquies e 609-undecies (pornografia virtuale ed adescamento minorenni sul web) del codice penale, ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori”. Certificato che, in deroga alla legittimazione esclusiva da parte del diretto interessato all’istanza, sarà richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona in via preventiva rispetto all’impiego (se pur la direttiva offre la possibilità di acquisirlo tramite l’interessato). Il Ministero della giustizia con la citata Circolare del 3 aprile ha indicato che esso sarà fornito al datore di lavoro, che dimostri di avere acquisito il consenso dell’interessato, e a tal fine ha predisposto l’apposito Modello N. 3 BIS – CASELLARIO GIUDIZIALE. Nella nota di chiarimento ha precisato che qualora il richiedente sia organo della pubblica amministrazione o gestore di pubblico servizio (per i quali come noto dal 1° gennaio 2012 i certificati sono acquisiti d’ufficio) essi operano mediante l’acquisizione di una dichiarazione del lavoratore sostitutiva di certificazione, circa l’assenza a suo carico di condanne (prima individuate) … ovvero dell’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori. Eguale autocertificazione potrà essere utilizzata dal privato, nelle more dell’acquisizione del certificato del casellario, sempre che puntualmente richiesto. Si ritiene utile ricordare che il certificato, il cui costo (1 marca da bollo da 16 euro e marca per diritti da 3,54 euro elevata a 7,08 euro se il certificato è richiesto con urgenza) nella lettura della norma è posto a carico di chi utilizza la prestazione, ha una validità di sei mesi per cui esso dovrebbe ripetersi con tale periodicità. Sul punto occorre osservare che il tenore della norma sembra obbligare alla richiesta solo al momento dell’avvio nell’impiego; lettura in tal direzione resa ancor più chiara dalla direttiva 2011/93/UE: al momento dell’assunzione di una persona. A tal fine è auspicabile una precisazione volta a chiarire ciò anche perché nel prosieguo del rapporto il certificato stesso può ben essere sostituito, anche tra i privati, con l’autocertificazione dell’interessato assumendo l’autocertificazione lo stesso valore dei certificati (art. 46 D.P.R. 445/2000). Aspetti che, per il nobile fine della direttiva, necessitano di precisazioni magari utilizzando l’arco di tempo reso possibile dalla legge delega  6 agosto 2013, n. 96. Il 2° comma dell’introdotto art. 25-bis nel decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre, n. 313, indica che il datore che viola il precetto della richiesta del certificato del casellario giudiziale è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 10.000,00 a euro 15.000,00. Nel testo trasmesso per essere sottoposto al parere parlamentare tale comma non era previsto tanto ne è che il Servizio Studi della Camera dei Deputati aveva evidenziato come l’obbligo (di cui all’attuale comma 1) risultava non sanzionato. Non è stato suggerito, e non è indicato, l’organo preposto a irrogare la sanzione. Trattandosi di sanzione amministrativa nella considerazione che trattasi di adempimento preliminare alla costituzione del rapporto, a maggior ragione se ricondotta nell’alveo dei rapporti di lavoro subordinato ed autonomo, ritengo che a contestare la violazione siano i servizi ispettivi nel loro ordinario esercizio e l’organo deputato alla O.I. dovrebbe essere la D.T.L. trovando, quindi, applicazione la legge 24 novembre 1981, n. 689. Conseguenzialmente nella determinazione, individuata tra un minimo ed un massimo, dovrebbe trovare applicazione l’art. 11 così come dovrebbe trovare applicazione la sanzione agevolata ridotta ex-art. 16 (se così fosse sarà pari ad euro 5.000,00). Non ritengo sia applicabile alla fattispecie la “diffida”, pur nel silenzio della disposizione, ritenendo non sanabile il mancato adempimento, salvo l’ipotesi della diffida “ora per allora” ove l’adempimento sia stato posto in ritardo. Anche su tale aspetto è opportuno un approfondimento e un chiarimento ministeriale. In tema di sanzioni occorre ricordare che già la legge 1° ottobre 2012, n. 172 aveva introdotto, con l’art. 4, lett. m), nel codice penale l’art. 600-septies.2 (Pene accessorie), in base al quale alla condanna (e al patteggiamento della pena) per un delitto di pedopornografia, consegue, tra l’altro e in ogni caso l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori. Un’ultima annotazione occorre consegnarla riguardo la modifica all’art. 25-quinquies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica con l’inserimento del delitto di cui all’art. 609-undecies (adescamento minorenni). Per completezza si ritiene utile evidenziare che con l’introduzione del già cennato art. 600-septies.2 il legislatore del 2012 aveva specificato che In ogni caso è disposta la chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonché la revoca della licenza di esercizio o della concessione o dell’autorizzazione per le emittenti radiotelevisive. Di seguito il testo delle disposizioni coordinate.

DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2014, n. 39

Attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI.

Art. 2

Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, e sanzioni per il datore di lavoro

  1. Nel decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, dopo l’articolo 25 è inserito il seguente:

«Art. 25-bis

Certificato penale del casellario giudiziale richiesto dal datore di lavoro

  1. Il certificato penale del casellario giudiziale di cui all’articolo 25 deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori.».
Art. 600-bis. – Prostituzione minorile. È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.000 a euro 150.000 chiunque: 1)      recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto; 2)      favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità, anche solo promessi, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000. Art. 600-ter. – Pornografia minorile. È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque: 1)      utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico; 2)      recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto. Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164. Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000. Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali. Art. 600-quater. – Detenzione di materiale pornografico. Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 600-ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore a euro 1.549. La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità. Art. 600-quinquies. – Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile. Chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di minori o comunque comprendenti tale attività è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.493 e euro 154.937. Art. 609-undecies. – Adescamento di minorenni. Chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, adesca un minore di anni sedici, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione. Art. 600. – Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù. Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito con la reclusione da otto a venti anni. La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona. Art. 600-quater.1. – Pornografia virtuale. Le disposizioni di cui agli articoli 600-ter e 600-quater si applicano anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse, ma la pena è diminuita di un terzo. Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali. Art. 609-bis. – Violenza sessuale. Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1)      abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2)      traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. Art. 609-quater. – Atti sessuali con minorenne. Soggiace alla pena stabilita dall’articolo 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto: 1)      non ha compiuto gli anni quattordici; 2)      non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza. Fuori dei casi previsti dall’articolo 609-bis, l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest’ultimo una relazione di convivenza, che, con l’abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni. Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. Si applica la pena di cui all’articolo 609-ter, secondo comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci. Art. 609-quinquies. – Corruzione di minorenne. Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chiunque fa assistere una persona minore di anni quattordici al compimento di atti sessuali, ovvero mostra alla medesima materiale pornografico, al fine di indurla
a compiere o a subire atti sessuali. La pena è aumentata. a)      se il reato è commesso da più persone riunite; b)      se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività; c)       se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave. (comma introdotto dall’art. 1 del D. Lgs. in argomento) La pena è aumentata fino alla metà quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest’ultimo una relazione di stabile convivenza. Art. 609-octies. – Violenza sessuale di gruppo. La violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all’articolo 609-bis. Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da sei a dodici anni. La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 609-ter. La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e dal terzo comma dell’articolo 112.
  1. Il datore di lavoro che non adempie all’obbligo di cui all’articolo 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre, n. 313, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 10.000,00 a euro 15.000,00.

DIRETTIVA 2011/92/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 dicembre 2011

relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio

Articolo 10

Misure interdittive derivanti dalle condanne

  1. Per scongiurare il rischio di reiterazione dei reati, gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che la persona fisica condannata per i reati di cui agli articoli da 3 a 7 sia interdetta, in via temporanea o permanente, almeno dall’esercizio di attività professionali che comportano contatti diretti e regolari con minori.
  2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i datori di lavoro, al momento dell’assunzione di una persona per attività professionali o attività volontarie organizzate che comportano contatti diretti e regolari con minori, abbiano il diritto di chiedere informazioni, conformemente alla normativa nazionale e con ogni mezzo appropriato, quali l’accesso su richiesta o tramite l’interessato, sull’esistenza di condanne penali per i reati di cui agli articoli da 3 a 7, iscritte nel casellario giudiziario, o dell’esistenza di eventuali misure interdittive dell’esercizio di attività che comportano contatti diretti e regolari con minori derivanti da tali condanne penali.
  3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che, ai fini dell’applicazione dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo, le informazioni sull’esistenza di condanne per i reati di cui agli articoli da 3 a 7 o di eventuali misure interdittive dell’esercizio di attività che comportano contatti diretti e regolari con minori derivanti da tali condanne penali siano trasmesse in conformità delle procedure previste dalla decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (GU L 93 del 7.4.2009, pag. 23) quando la richiesta è rivolta ai sensi dell’articolo 6 della richiamata decisione quadro con il consenso dell’interessato.

Art. 3

Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300

  1. Al comma 1, lettera c), dell’articolo 25-quinquies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo le parole «600-quater.1,»sono inserite le seguenti: «nonché per il delitto di cui all’articolo 609-undecies».
Art. 25-quinques (Delitti contro la personalità individuale).

  1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dalla sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:
    1. per i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote;
    2. per i delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’art. 600-quater.1, e 600-quinquies, la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote;
    3. per i delitti di cui agli articoli 600-bis, secondo comma, 600-ter, terzo e quarto comma, e 600-quater, nonché per il delitto di cui all’art. 609-undecies, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’art. 600-quater.1, la sanzione pecuniaria da duecento a settecento quote.
    4. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, lettere a) e b), si applicano le sanzioni interdittive previste dall’art. 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.
    5. Le sanzioni interdittive sono:
a)       l’interdizione dall’esercizio dell’attività;b)       la  sospensione  o  la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; c)       il  divieto  di  contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d)       l’esclusione  da  agevolazioni,  finanziamenti,  contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; e)       il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
  1. Se l’ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nel comma 1, si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’art. 16, comma 3.».

  Angelo Vitale
Consulente del lavoro ADAPT Professionale Fellow
@VitaleAngelo  
 
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Nuovi adempimenti (per un nobile fine) e nuove incertezze
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