Il Jobs Act ha davvero trasformato le regole sul lavoro? La discontinuità, certo, c’è stata. Ma una riflessione è necessaria. A imporla, sono cambiamenti epocali nella tecnologia e nella demografia.
La narrativa e il confronto si sono polarizzati sulla disciplina del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Si è rimarcata la distinzione tra lavoro dipendente e lavoro indipendente, sono stati allentati i limiti dell’obbligo di reintegrazione in caso di licenziamento per i nuovi dipendenti, si è dato un giro di vite ai contratti di lavoro parasubordinato, i vecchi contratti a progetto.
Un disegno coerente, senza alcun dubbio: il contratto di lavoro dipendente da un lato, le partite Iva dall’altro, i voucher o il lavoro a chiamata a svolgere una funzione di chiusura del mercato, a ricomprendere le prestazioni di minore entità.
Tutto chiaro, con un problema. Dispettoso, il cambiamento disturba i sonni del regolatore benevolo, incrina la tenuta dei suoi disegni razionali, introduce granelli di sabbia negli ingranaggi.
La riduzione dei costi di scambio ed elaborazione delle informazioni continuerà a trasformare l’industria e i servizi. Già oggi, l’Internet delle cose e le nuove piattaforme informatiche, da quelle più note come Uber e Airbnb a quelle meno visibili al grande pubblico come GrabCad nel design industriale, ridefiniscono le funzioni e le allontanano dai modelli di organizzazione gerarchica del lavoro che hanno segnato le relazioni con il capitale in tutto il Novecento…
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Nuovi lavori con regole d’altri tempi