Preoccuparsi per il futuro dei giovani e la sicurezza degli anziani è più che normale in tempi di crisi. Occorre però evitare che le preoccupazioni si trasformino in lamentazioni intrise di pessimismo e sorde all’evidenza empirica. Purtroppo il dibattito italiano indulge spesso a questa brutta abitudine, soprattutto quando si parla di mercato del lavoro e di previdenza. In un bel volume appena uscito in libreria (L’Inganno generazionale, Egea), Alessandra Del Boca e Antonietta Mundo mostrano come gran parte dei lamenti in circolazione siano, appunto, esagerati e quasi sempre infondati, fuori linea rispetto ai dati empirici. Prendiamo l’idea radicatissima secondo cui i giovani possono trovare occupazione solo se i lavoratori più anziani liberano «posti» andando in pensione. A prima vista, il nesso appare ovvio e in alcuni casi (a questo o a quel giovane, in questa o quella azienda) le cose stanno davvero così. Ma se guardiamo ai grandi numeri — ci avvertono di nuovo le autrici — non troviamo alcuna correlazione fra i tassi di occupazione degli anziani e quelli dei giovani. In altre parole, non è vero che se gli anziani si tolgono di mezzo, i giovani trovano più lavoro. Le economie non sono delle scatole rigide, che possono fornire occupazione solo a un numero fisso di persone. Il totale è variabile e dipende da tanti fattori, gli stessi che generano crescita o decrescita: competitività, innovazione, capitale umano, regole sul lavoro e così via. Dove questi fattori si combinano in modo virtuoso, l’occupazione aumenta per tutti: giovani e anziani, uomini e donne, come dimostra l’esperienza di moltissimi paesi…
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