Nuovi spunti per il welfare sussidiario

“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”. Per richiamarsi non soltanto testualmente, ma anche culturalmente, ad un poeta dell’ottocento, come Pascoli, animato da un forte empito umanitario, riferendoci ad una innovazione normativa relativamente recente ma non considerata né dagli specialisti del diritto del lavoro, né dai manager delle risorse umane, che pure hanno studiato e praticato il welfare sussidiario in chiave aziendalista.
 
Tuttavia, è possibile che, come spesso avviene, il riferimento nominalistico alla «Costituzione legale delle società di mutuo soccorso» di cui alla Legge 15 aprile 1886, n. 3818, così come modificata dall’art. 23 del dl 18 ottobre 2012, n. 179 («Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese») convertito in legge 17 dicembre 2012 n. 221, abbia creato un qualche corto circuito intellettuale e non abbia aiutato a mettere in relazione il passato con il presente, anzi il futuro.
 
D’altronde le società di mutuo soccorso rappresentano le prime manifestazioni della solidarietà tra i lavoratori agli albori dell’industrialismo, che precedono ampiamente sia la nascita e lo sviluppo delle leghe sindacali che dello Stato sociale, con tutte le sue articolazioni novecentesche e, soprattutto con la riforma sanitaria, all’inglese, del 1978 (legge n. 833), e non potevano non perdere peso con un servizio sanitario universalistico come il nostro.
 
Tant’è vero che, secondo i dati della FIMIV-Federazione italiana mutualità integrativa volontaria, al momento dell’unità d’Italia, nel 1862, gli uffici ministeriali censirono 443 SMS, di cui 66 anteriori al 1848, mentre arrivarono a 2.091 nel 1878, 4.896 nel 1885, 6.700 nel 1897, quando oggi, dopo la parentesi dell’accorpamento all’OND-Opera nazionale dopolavoro, non sarebbero più di 150.
 
E, salvo maggiori approfondimenti, tale consistenza, modesta ma non irrilevante, potrebbe essere accreditata al d.lgs. n. 502/1992, che introdusse la costituzione di fondi sanitari integrativi finalizzati alla erogazione di prestazioni aggiuntive rispetto a quelle del servizio sanitario nazionale, e al d.lgs. n. 229/1999, nella quale si ribadiva la razionalizzazione del servizio sanitario allo scopo di «assicurare una assistenza sanitaria di qualità, efficiente ed efficace a tutti i cittadini, nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse».
 
Sebbene FIMIV precisi che «perché i fondi possano definitivamente essere resi operativi manca ancora il decreto ministeriale di regolamentazione». La qual cosa, pur essendo vagamente sconvolgente, dato il decorso di oltre 16 anni, non può e non deve impedire di considerare quale potrebbe essere l’effetto di una riattivazione delle società di mutuo soccorso nel quadro del welfare sussidiario, aziendale o interaziendale.
 
Del resto tale visione non è aiutata né dalla prescrizione del nuovo art. 2 della legge n. 3818/1886, secondo la quale «le società di mutuo soccorso non possono svolgere attività diverse da quelle previste dalla presente legge», né dalla prevista istituzione di «un’apposita sezione dell’albo delle società cooperative, di cui al decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, cui le società di mutuo soccorso sono automaticamente iscritte», con la conseguente assimilazione alle cooperative per la vigilanza, come previsto dall’art.18, 2-bis e ss. del d.lgs. n. 220/2002.
 
Tuttavia, senza contare l’eventualità che un maggior interessamento al welfare sussidiario porti a una riflessione più attenta sui migliori strumenti applicativi, ovvero sul fatto che sarebbe meglio una nuova legge piuttosto che una semplice modifica della legge del 1886, si può ragionevolmente pensare che si possano costituire o SMS irregolari o affiancare alle SMS regolari nuove strutture che possano svolgere funzioni non ammesse per le SMS regolari.
In altri termini, se le attività ammesse dalla legge sono soltanto «a) erogazione di trattamenti e prestazioni socio-sanitari nei casi di infortunio, malattia ed invalidità al lavoro, nonché in presenza di inabilità temporanea o permanente; b) erogazione di sussidi in caso di spese sanitarie sostenute dai soci per la diagnosi e la cura delle malattie e degli infortuni; c) erogazione di servizi di assistenza familiare o di contributi economici ai familiari dei soci deceduti; d) erogazione di contributi economici e di servizi di assistenza ai soci che si trovino in condizione di gravissimo disagio economico a seguito dell’improvvisa perdita di fonti reddituali personali e familiari e in assenza di provvidenze pubbliche», con l’aggiunta che «le società possono inoltre promuovere attività di carattere educativo e culturale dirette a realizzare finalità di prevenzione sanitaria e di diffusione dei valori mutualistici», potremmo pensare alla costituzione di strutture collaterali per veicolare altre forme assistenziali.
 
Infatti nel welfare aziendale che abbiamo visto negli ultimi tempi ci sono molte altre forme di prestazione a vantaggio dei lavoratori non propriamente legate alla salute o al bisogno degli stessi. E, forse, per tali altre assistenze potrebbe giovare un altro istituto, che risale ad un lontano passato, come la già citata Opera nazionale dopolavoro, ma che pure ha avuto e continua ad avere maggiore diffusione delle SMS, come i CRAL-Circoli ricreativi aziendali.
 
I CRAL sono realtà associative per le quali, di là dagli articoli del codice civile sulle organizzazioni non riconosciute, può trovarsi un riferimento normativo specifico nell’art. 11 (Attività culturali, ricreative e assistenziali) della legge n. 300/1970, che dice soltanto «le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse nell’azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza dai rappresentanti dei lavoratori».
 
E, in effetti, i CRAL esistenti sono variamente attivi nella difesa del potere d’acquisto dei lavoratori, gestendo spacci e attivando convenzioni varie; sviluppando attività assistenziali varie, fino al microcredito; organizzando attività ricreative varie, ludiche, sportive, culturali e turistiche; nonché attivando iniziative solidaristiche e di volontariato varie.
 
Tutto ciò con il supporto delle aziende che, sia in un’ottica di responsabilità sociale che in funzione di una nuova comunitarietà, possono ben vedere la positività di iniziative, come le SMS e i CRAL, attraverso le quali la dignità del lavoro – di chi lo riceve e di chi lo presta – viene esaltata dalla dimensione del dono.
 

Antonio M. Orazi

ADAPT Professional Fellow

@occamorazi

 

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