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Secondo una ricerca condotta da Monika Hamori, professore di Gestione delle Risorse umane alla IE Business School di Madrid (vedi articolo “Can MOOCs solve your training problem?”), i MOOC, corsi online gratuiti aperti a chiunque, potrebbero essere un’ottima strategia didattica per la formazione dentro le aziende.
Secondo Hamori, la formazione in azienda viene fatta poco e sempre meno, negli Stati Uniti ad esempio è passata dal 21% al 15%, ma nonostante questo i lavoratori stanno cogliendo le opportunità di formazione che la rete offre, soprattutto appunto attraverso i MOOC. Tale opportunità spesso non viene colta dalle stesse aziende principalmente perché le figure manageriali deputate alle scelte di gestione delle risorse umane e quindi anche alla parte di formazione, non vedono nella formazione online una opportunità da cogliere e spesso non sostengono nemmeno i lavoratori che stanno già seguendo dei corsi.
Al di là dell’interessante ricerca di Hamori, che potremo commentare in maniera più puntuale in successive occasioni, credo valga la pena cogliere dei collegamenti e delle analogie non banali che da questo studio possono nascere e che portano ad una considerazione a monte: i processi e gli strumenti didattici sono frutto dei cambiamenti della società e delle trasformazioni in atto, da ciò che la stessa società richiede e permette, indipendentemente da ciò che università o aziende possano proporre. Proviamo ad osservare brevemente cosa è successo, dal punto di vista della formazione a distanza negli ultimi 300 anni: non è un caso che essa prenda avvio durante la prima rivoluzione industriale nel 1728 grazie al Boston Gazette che propone un corso di stenografia per corrispondenza settimanale, a macchia d’olio si propaga tale metodologia che arriva a coprire esigenze specifiche di lavoratori, come nel 1890 quando in Canada, da parte di un quotidiano (non da parte di una azienda o di un sindacato), viene proposto ai minatori un corso per corrispondenza per diventare caposquadra (vedi pennfoster.edu, A history of helping hardworking people learn more), metodologia che si adatta perfettamente alle esigenze di quei lavoratori che desiderano avanzare nella propria realtà professionale. Nel 1869 l’Open University inglese apre proponendo corsi via televisione privata e corrispondenza, con brevi parti del corso in maniera residenziale o localizzati in diverse sedi. Per capire la richiesta della società a questa nuova modalità di formazione basta un dato, nel 1970 la Open University riceve 42.000 domande di iscrizione per 25.000 posti. Avvicinandoci verso i nostri giorni, e alle nostre tecnologie, nel 1989 l’Università di Phoenix lancia il proprio campus online offrendo un curriculum completo per l’ottenimento del diploma universitario, sia bachelor che master degree. Arriviamo quindi al primo MOOC, termine coniato da Dave Cormier dell’Università di Prince Edward Island in Canada, relativo al corso “Connectivism and Connective Knowledge”, con 25 studenti paganti e presenti alle lezioni e 2200 studenti non paganti e che possono seguire da remoto.
Dal 1978 ad oggi il concetto di formazione a distanza non è cambiato nella sua essenza contraddistinta dalla separazione fisica tra chi fornisce e chi usufruisce della formazione, a cui si è aggiunta la caratteristica del numero di partecipanti (open o meno). Come è ovvio sono cambiate radicalmente le tecnologie e soprattutto in maniera esponenziale negli ultimi anni: sono passati solamente nove anni dalla nascita dei MOOC e la didattica a distanza è mutata, ha preso, come dicevamo poco sopra, la forma che la società richiede. Pertanto oggi troviamo, oltre al modello MOOC, corsi che da esso derivano e che si differenziano per il numero chiuso dei partecipanti chiamati SPOC (Small Private Online Course), corsi aperti che richiedono la presenza sincrona ovvero SMOC (Synchronous Massive Online Course) e corsi sincroni a numero chiuso che prevedono un numero di iscritti chiamati SSOC (Synchronous Small Online Course). Tutti modelli che si adattano alle richieste dei partecipanti.
La formazione a distanza online rappresenta una frontiera in cui sviluppare le forme di insegnamento/apprendimento più attuali, che comprendono i cambiamenti in atto e li sanno metabolizzare, ciò è evidente, ad esempio, nella metodologia flipped classroom, già precedentemente commentata (vedi “Lezioni di Employability/51 – Innovare la didattica per preparare i lavoratori di domani: la “classe rovesciata” pubblicato in Bollettino ADAPT, n. 8/2017) dove la disseminazione della conoscenza di base è fruibile online mentre la presenza in classe è sostanzialmente dedicata al confronto proattivo e ad una didattica personalizzata sul singolo studente. Non è un caso che questa metodologia sia esplosa con i social network, con un bisogno formativo, soprattutto dal lato apprendimento, che non viene più soddisfatto usando lezioni tradizionali ex-catedra, generiche e universali. Qui è evidente come la persona, con le sue caratteristiche, sia al centro e ciò potenzialmente ancora di più in un contesto MOOC. Va infatti considerato un fattore tipico dell’uso delle tecnologie della rete, ovvero i dati che possono essere raccolti e analizzati, in termini di learning analytics, che provengono dai MOOC i quali possono essere utilizzati per lo sviluppo di una esperienza personalizzata di apprendimento adattivo e può portare fino ad un intero curriculum di studio personalizzato.
Detto questo, cosa ci aspetta a livello di alta formazione? La metodologia MOOC ha già cambiato il panorama, riuscirà anche a soppiantarlo? Anant Agarwal di edX sostiene che il classico percorso per undergraduated degree possa essere sostituito in futuro da un primo anno di corsi online, seguiti da due anni di corsi in presenza, finalizzati da un quarto anno basato sulla metodologia blended o integrata dove gli studenti hanno una formazione che gli permetta di svolgere un lavoro part-time inerente ai propri studi, una sorta di apprendistato che sfrutta le nuove tecnologia e che forse potrebbe essere proposto anche in Italia. Ma si può andare oltre sebbene possa apparire ardito, la combinazione di più MOOC potrebbe sostituire per buona parte o integralmente i percorsi di alta formazione istituzionali, chiaramente senza fornire (per ora) il titolo che l’università conferisce a chi la svolge e termina il percorso previsto. Ne è un esempio quanto viene proposto dal sito No-Pay MBA che propone la possibilità di combinare i MOOC proposti da università di altissimo livello entro un curriculum che corrisponde a quello di un MBA completo.
Offerte come queste hanno il potenziale di scuotere l’intero settore della formazione, indipendentemente dalla sua natura (corporate o education), ecco perché la proposta formativa, qualunque essa sia è destinata a mutarsi e per sopravvivere è necessario che ponga la persona e le relazioni che ne derivano come cardine, abbinate ai contesti di confronto online. Non a caso, la percentuale di iscritti ad un MOOC che termina il percorso (circa il 10%) aumenta se vengono attivati, tramite social network, delle dinamiche di relazione tra i partecipanti, come la costruzione di in gruppo di lavoro, di competizione, di confronto guidato.
Dottore di ricerca in Lingue, culture e ICT
ADAPT Knowledge Manager