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Ascoltare il discorso di Papa Francesco e poi le parole di Paolo Gentiloni al congresso Cisl “Crescere per il Futuro” rende plasticamente l’idea della difficoltà della politica nel comunicare una visione forte e chiara per le politiche del #lavoro. Certo, due oratori diversi, due scopi diversi e anche due pubblici diversi, visto che Gentiloni, più del Papa, in quel momento sa di parlare molto anche alle telecamere. Ma la differenza resta comunque nella rinuncia della politica a rappresentare i principi profondi che informano la sua visione del “dover essere” delle cose, il “non ancora” che dovrebbe interrogare e animare la politica.
Francesco mostra sofferenza mentre fa le sue dichiarazioni di principio. “Non” è la parola più ripetuta. e ogni tanto la grammatica spiega più della poesia. Il Papa parla di una persona che “non è solo lavoro”, dice che “non sempre e non a tutti è riconosciuto il diritto a una giusta pensione”, che “Il sindacato non svolge la sua funzione essenziale di innovazione sociale se vigila soltanto su coloro che sono dentro”. Che “la nostra società non capisce il sindacato anche perché non lo vede abbastanza lottare nei luoghi dei ‘diritti del non ancora’”.
Il premier si limita invece a qualche intenzione talmente inflazionata da suonare come un soundbite della politica. “Dobbiamo avere una politica attiva del lavoro che pensi alle tutele di ogni singolo lavoratore”, “dobbiamo insistere mettendo i giovani anche al centro dei possibili interventi di riduzione del carico fiscale sul lavoro”. Fine del “non ancora”. Fine del provare a “stare dentro le difficoltà” del lavoro (come dice Gentiloni all’inizio del discorso). Per il resto segue la rivendicazione del “già”, delle riforme approvate. Dal Jobs Act al Jobs Act del lavoro autonomo, fino alle nuove norme sullo smartworking e a quelle sul lavoro occasionale.
Ora, non si tratta di guardare “solo all’aspetto negativo del paesaggio sociale che abbiamo davanti”, come dice Gentiloni. E mi riferisco inoltre soltanto ai passaggi sulle politiche del lavoro, non a quelli sulla rappresentanza, ben più significativi e che marcano una distanza notevole dai discorsi di Renzi (Gentiloni parla addirittura di soluzioni riformiste e partecipate!). Figuriamoci poi Sisfo, l’eroismo alpinistico che riempie il cuore dell’uomo. Climax. Bello. Ma Il punto è proprio che Gentiloni con il suo ethos molto più equilbirato e interlocutorio rispetto al suo predecessore potrebbe fare un discorso molto più convincente e coinvolgente sulle politiche del lavoro. Più identificato con il pubblico disilluso. Un discorso ancor meno “imbrodato”. E molto più impegnato.
ADAPT Research Fellow