Part-time fra orario di lavoro, genere, età: uno sguardo all’indagine INSEE sul mercato del lavoro francese
Interventi ADAPT, Mercato del lavoro
| di Virginia Pezzoni
Bollettino ADAPT 3 marzo 2025, n. 9
L’andamento del ricorso al lavoro a tempo parziale rappresenta una valida cartina di tornasole per l’indagine e la comprensione del mercato del lavoro.
Questo è tanto più vero se si sceglie di analizzare la realtà partendo da un’osservazione del dato sociale per poi passare, in un’ottica di più approfondita comprensione, a una lettura dei dati raccolti al fine di comprendere le dinamiche sottese al fenomeno del lavoro part-time.
Questo è stato l’iter adottato dall’indagine INSEE sull’occupazione e riportata al rapporto n. 74 del dicembre 2024 prodotto dal Dares, Dipartimento del Ministero del Lavoro francese che si occupa produrre, analizzare e diffondere dati statistici e studi sul mercato del lavoro, sulle condizioni di impiego, sulle relazioni industriali e sulle politiche pubbliche in questi ambiti.
L’indagine ha scelto di analizzare il lavoro a tempo parziale in Francia focalizzandosi su due aspetti: il primo attiene ai diversi modi in cui il lavoro a tempo ridotto è organizzato all’interno della settimana lavorativa, indagato in particolare incrociando le ore lavorate e i giorni lavorati durante la settimana; il secondo, invece, esamina la composizione della platea dei lavoratori a tempo parziale, distinguendo i lavoratori in base all’età, al sesso e ad altri fattori socioeconomici. Da qui poi alcune valutazioni ulteriori: in particolare, se le ragioni del ricorso al part-time si traducono o meno in modalità diverse di organizzazione dell’orario di lavoro settimanale e, ancora, se siano o meno presenti specificità settoriali e in che misura essere incidono sulla qualità e quantità del lavoro prestato. Numerosi sono i punti di riflessione toccati dall’indagine statistica, che ha permesso di evidenziare l’estrema interconnessione esistente fra lavoro part-time e differenze di genere, di età, di prospettive economiche.
Guardando ai dati raccolti dal Dares, è possibile osservare come, nel 2023, il 17,4% dei dipendenti francesi, ovvero uno su sei, ha lavorato a tempo parziale, con una maggiore diffusione tra giovani, anziani e donne. Queste ultime costituiscono una quota rilevante tra i lavoratori part-time, spesso per motivi legati alla gestione familiare o alla difficoltà di trovare un impiego a tempo pieno. I giovani, invece, scelgono il lavoro part-time principalmente per continuare gli studi, mentre gli uomini, in generale, dichiarano di lavorare con orari ridotti soprattutto a causa della mancanza di opportunità a tempo pieno.
Sul punto, il rapporto evidenzia poi che l’organizzazione e il tempo del lavoro variano molto in ragione del binomio età e genere: oltre la metà dei dipendenti a tempo parziale lavora meno di cinque giorni a settimana, con i giovani che spesso concentrano le loro ore in tre giorni o meno e con più frequenza nei fine settimana e la sera in modo da conciliare la contestuale prosecuzione degli studi. Le donne, in particolare quelle con figli, preferiscono distribuzioni più flessibili per conciliare gli impegni lavorativi e familiari.
Complessivamente, le persone di mezza età sono più propense lavorare a tempo parziale principalmente per occuparsi dei figli o dei parenti.
Per quanto attiene alla durata del lavoro part-time, è preliminarmente da notare come, con la legge del 14 giugno 2013, n. 504, in Francia è stato introdotto un limite minimo di ore settimanali da lavorare in caso di contratto di lavoro part-time, fissato a 24 ore. Tuttavia, tale soglia minima può essere ridotta dalla contrattazione collettiva. Allo stesso modo, è possibile una deroga al limite minimo di 24 ore di orario di lavoro a settimana su richiesta del dipendente.
Quanto alla durata della prestazione, quindi, il rapporto evidenzia che una parte significativa dei lavoratori svolge meno di 24 ore settimanali, una modalità associata spesso a contratti precari o di breve durata. Un altro gruppo consistente lavora più di 24 ore distribuite su cinque o più giorni, mentre altri scelgono di concentrare lo stesso numero di ore su meno giorni, una tipologia più comune tra chi riesce a pianificare il proprio tempo per scelta.
Passando all’analisi dell’organizzazione settimanale, l’indagine ha considerato quattro differenti gruppi in ragione della tipologia contrattuale e delle ore settimanali lavorate.
Il primo gruppo comprende i lavoratori che svolgono un lavoro part-time “breve”. Il 31,2% dei lavoratori part-time rientra in questo gruppo, caratterizzato da meno di 24 ore lavorative settimanali distribuite su meno di cinque giorni. È più diffuso tra gli uomini (34,5%) rispetto alle donne (30,3%). In questo gruppo di lavoratori i contratti a termine o temporanei sono comuni, e oltre la metà dei dipendenti con un lavoro temporaneo svolge attività part-time “brevi”. Questi lavoratori dichiarano più frequentemente di essere sottoccupati e di svolgere più attività contemporaneamente. Inoltre, il loro orario è spesso variabile da una settimana all’altra. Una quota significativa (23,7%) sceglie questo regime per motivi di studio, formazione o altre attività professionali, una percentuale quasi doppia rispetto alla media part-time generale (14,0%).
Il secondo gruppo comprende i dipendenti che svolgono un lavoro part-time “lungo”. Questo gruppo comprende il 27,3% dei lavoratori part-time, impegnati per più di 24 ore settimanali distribuite su almeno cinque giorni. Questo tipo di part-time è più frequente tra le persone di mezza età e tra gli impiegati. A causa dell’impegno orario più consistente, i lavoratori di questo gruppo hanno meno probabilità di svolgere attività lavorative aggiuntive rispetto ad altri dipendenti part-time.
Il terzo gruppo riguarda i lavoratori che svolgono un lavoro part-time “concentrato” e rappresenta il 26,1% del totale. In questi casi, il lavoro è organizzato secondo schemi che prevedono almeno 24 ore settimanali distribuite su meno di cinque giorni. Le donne prevalgono sugli uomini in questo gruppo, e vi è una maggiore presenza di persone di età intermedia, professionisti intermedi e dirigenti. La maggior parte appartiene a nuclei familiari con figli, una percentuale superiore alla media dei lavoratori part-time (44,2%). Tra questi lavoratori, i contratti a tempo indeterminato sono più comuni rispetto ad altre tipologie di part-time, anche se inferiori rispetto al lavoro a tempo pieno. Questi lavoratori hanno meno probabilità di essere sottoccupati o di combinare più attività, suggerendo che il part-time “concentrato” sia spesso una scelta personale.
L’ultimo gruppo è quello dei lavoratori che svolgono un lavoro part-time “frammentato”, che include il 15,4% dei lavoratori part-time. In questo caso, sono previste meno di 24 ore settimanali di lavoro distribuite su almeno cinque giorni. È più comune tra gli anziani e gli operai, mentre i giovani, i dirigenti e i professionisti sono sottorappresentati. I lavoratori di questo gruppo sono quelli che più frequentemente dichiarano di essere sottoccupati e di svolgere più lavori contemporaneamente (25,9% contro il 14,3% della media part-time).
L’analisi del Dares permette quindi di evidenziare che la diffusione del lavoro a tempo parziale non è solo strettamente legata a fattori esogeni, quali la sussistenza di figli a carico, esigenze di studio o di altri rapporti lavorativi, ma anche a fattori di natura endogena, quali la scelta della tipologia del contratto di lavoro .
Spostando infine, lo sguardo sul contesto di mercato: i settori economici influenzano molto la natura del part-time. Nell’industria e nel settore assicurativo, prevale il lavoro parziale concentrato di almeno 24 ore diluite su 5 giorni, mentre nei servizi di alloggio e ristorazione e nell’agricoltura è più comune l’adozione di una forma “lunga” anche se con orari meno consistenti rispetto all’industria. D’altro canto, nei settori come le “altre attività di servizi” (arti, spettacolo, tempo libero e lavori domestici) è più diffuso il part-time “breve” e “frammentato”, con orari inferiori a 24 ore settimanali. Qui la quota di lavoratori in queste condizioni raggiunge il 67,8%.
In generale, il ricorso a un orario lavorativo ridotto, riflette esigenze e condizioni differenti, legate all’età, al genere, alle motivazioni personali e alle dinamiche dei settori produttivi. Questa diversità si traduce in modelli organizzativi e contrattuali molto variegati, che spesso rispondono a specifiche necessità individuali o familiari.
Non da ultimo, i dati raccolti dal Dares permettono di muovere una considerazione di più ampia scala che abbraccia un paradigma storico e culturale che, nonostante le recenti leggi settoriali, ancora non appare essere stato superato.
Da qui scaturisce l’invito sotteso al report e rivolto al legislatore ad una riflessione sulla possibilità e opportunità di produrre norme che siano in grado di accelerare un percorso verso lo svincolo del contratto part-time da elementi legati al genere, all’età, all’ambiente d’origine e che lo rendano uno strumento finalizzato al soddisfacimento delle esigenze di parità di accesso al mercato di tutti i prestatori di lavoro.
Virginia Pezzoni
ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti
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