L’idea di promuovere l’upskilling è il cuore della nuova strategia europea presentata nel giugno scorso e promossa nella settimana di dicembre 2016 (“Discover your talent”) come il nuovo “verbo” al quale chi si occupa di “human capital” potrà ispirarsi. La “ratio” della “News Skill Agenda”[1] è centrata sull’approccio “qualification” e “learning outcomes”.
Con questo ultimo termine si intendono i risultati osservabili dei processi di apprendimento espressi in termini di conoscenze, skills e competenze.
Quali sono, dunque, gli aspetti più interessanti di quest’approccio per chi si occupa di risorse umane?
Già le conclusioni di Riga del 20 giugno 2015 sottolineavano, tra i vari elementi, che “le persone hanno bisogno di competenze di alta qualità per ricoprire un ruolo attivo nel mercato del lavoro di oggi e di domani” e che quindi fondamentale è il ruolo della formazione professionale e dell’apprendimento sul lavoro.
Nelle più recenti indagini PIAAC Italia – per parlare di casa nostra – si rileva come la popolazione low skilled, appaia particolarmente rilevante da noi dove rappresenta il 27,9% del totale (peraltro si tratta della percentuale più alta tra i Paesi partecipanti al primo round di PIAAC)[2] .
In Europa il 20-25% degli adulti hanno mancanze nelle abilità basiche di lettura, scrittura e capacità di calcolo, il 40% di adulti ha lacune nelle basic digital skills, e 67 milioni di persone non hanno completato l’educazione secondaria, oltre al fatto che solo il 38% dispone di una laurea.
Occorre quindi parlare chiaro e puntare ad una inversione di tendenza: scommettere sulla crescita delle skills delle popolazioni dei paesi europei.
Il quadro delle raccomandazioni europee della nuova Agenda del giugno scorso è articolato su quattro linee: migliorare la qualità e la rilevanza della formazione delle skills, rendere le qualificazioni più visibili e comparabili, sviluppare una “nuova intelligenza” delle skills e garantire più ampie informazioni per migliori scelte di carriera.
È noto come i vari dispositivi EQF, ECVET, EQAVET, ed EUROPASS, pur avendo ciascuno un obiettivo specifico, adottano l’approccio basato su Learning Outcomes per rendere le qualifiche convertibili ed aggiornabili in termini di competenze utili per il mercato del lavoro. Il quadro Ecvet è un insieme di dispositivi con il quale chi si occupa di risorse umane dovrà sempre più confrontarsi; è un quadro metodologico comune (ai paesi membri) che facilita l’accumulo ed il trasferimento dei crediti di apprendimento (chiamati appunto Punti Ecvet). L’obiettivo è quello di favorire la mobilità transnazionale e di consentire l’accesso all’apprendimento per le persone durante tutto l’arco della vita (sia a livello informale, che non formale e formale) garantendo un meccanismo di validazione e di assessment.
L’utilizzo dell’approccio Learning outcomes potrebbe anche essere strumento di equità sociale rispetto alle situazioni di emergenza correlate all’esigenza di integrazione di nuove popolazioni di immigrati e rifugiati.
Occorre puntare sulla seguente parola d’ordine: “Low-skilled adults should be helped to improve their”. La “Commission” intende sviluppare un set di misure volte a supportare e facilitare la diffusione e lo scambio della conoscenza, il networking la cooperazione tra gli attori della formazione anche verso le nuove opportunità di apprendistato.
I nuovi scenari del lavoro peraltro evidenziano tra gli altri due fenomeni emergenti: la presenza di sentieri di carriera discontinui e “multi faccia” ed in sostanza la fine di un mercato del lavoro statico e prevedibile, senza contare la crescita delle interconnessioni tra vita privata e lavoro[3].
“News Skill Agenda”, in continuità con la storia più che decennale di altri documenti importanti a partire dal Libro bianco di Delors (1996) ad oggi indica una strada per chi lavora per lo sviluppo del capitale umano: puntare sulla formazione del talento individuale e sul work based learning.
Questa filosofia non può che trovare un positivo riscontro anche nel dibattito teorico sulla formazione, in particolare in merito al valore educativo del lavoro ed al bisogno di sollecitare un active engagement delle persone.
Giuditta Alessandrini
Professore ordinario di Pedagogia sociale e del lavoro
Dipartimento di Scienze della Formazione
Università degli Studi di Roma TRE
[1] http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=958.
[2] Si veda la Survey of Adult Skills (PIAAC), http://skills.oecd.org e http://www.oecd.org/site/piaac.
[3] The future of work. White Paper from the employment & recruitment Industry, september 2016.