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Bollettino ADAPT 28 settembre 2020, n. 35
Lo sviluppo di efficaci percorsi di istruzione e formazione professionale è spesso dovuto alla presenza, nel territorio in cui operano, di aziende appartenenti a settori particolarmente sviluppati e in grado di ospitare molti studenti per percorsi di stage o in apprendistato. Sono invece note le difficoltà, sociali ed economiche, proprie delle c.d. aree interne italiane: in presenza di un debole tessuto produttivo, è più complesso realizzare un’offerta formativa efficace nell’evitare che s’inneschino esodi verso altri territori una volta concluso il percorso di apprendimento.
E’ quindi molto interessante approfondire l’esperienza dell’Istituto Religioso di Formazione e Istruzione Professionale (IRFIP), che ha sede a Pietramontecorvino, un Comune di poco più di 2.000 abitanti nelle colline della provincia di Foggia. Fondato nel 2004, l’ente si occupa di erogare percorsi formativi triennali e quadriennali connessi ai settori della ristorazione e del turismo. Risponde alle nostre domande Arturo Trotta, Direttore di IRFIP.
Che impatto ha avuto la pandemia sulle vostre attività formative? Come state gestendo la ripresa, e come immaginate lo svolgimento del prossimo anno formativo?
A. Trotta: Nell’immediato abbiamo dovuto sospendere tutte le attività formative. In seguito, sono stati approvati i provvedimenti regionali che hanno consentito la ripresa delle attività a distanza e siamo ripartiti, non senza difficoltà. Fra la data di sospensione delle attività e la ripresa delle lezioni ci siamo occupati di individuare una piattaforma per la realizzazione della formazione a distanza, e l’abbiamo implementata in ogni corso attivo presso il nostro Centro di Formazione Professionale. Allo stesso tempo è stato avviato un programma di formazione dei docenti con il progetto INN di Scuola Centrale di Formazione, finalizzato a fornire loro competenze organizzative e gestionali per la realizzazione di percorsi formativi a distanza. Infine, sono state individuate fin da subito soluzioni per la connettività degli allievi e reperite strumentazioni hardware per le classi. Indubbiamente all’inizio lo shock è stato grande, non eravamo nemmeno consapevoli dell’entità di ciò che stava accadendo, immaginavamo un rientro in tempi brevi. Nell’affrontare l’emergenza il supporto di SCF è stato fondamentale, per i motivi già richiamati e in particolare per la formazione erogata ai docenti e al personale tutor, che hanno preso consapevolezza del valore e delle potenzialità della formazione a distanza. Siamo ripartiti ai primi di maggio concludendo le attività a fine giugno.
Una sorpresa è stata sicuramente la risposta dei ragazzi. Molti di loro erano poco attrezzati, non avevano un PC e in alcuni casi neppure uno smarphone: siamo intervenuti come potevamo. Abbiamo acquistato dei chromebook che potranno essere utilizzati sia in presenza che a distanza, in modo tale da favorire un’esperienza di apprendimento continua anche nella diversità dei luoghi. E loro ci sono stati, hanno partecipato attivamente, hanno vissuto la sfida assieme a noi.
Per la ripresa delle attività – e in generale per il futuro – immagino un sistema flessibile che consenta di alternare momenti di attività in presenza e momenti di formazione a distanza. Di certo vogliamo capitalizzare quanto di positivo c’è stato in questo periodo difficile, in primis l’investimento sulla didattica digitale. La formazione può e dovrebbe strutturarsi valorizzando le nuove tecnologie, eliminando la carta e permettendo la continuità didattica anche in caso di contagi che la rendano necessaria.
Che ruolo immagina per l’istruzione e formazione professionale nel percorso di ripresa che ci attende?
A. Trotta: I percorsi di formazione professionale continueranno ad avere un ruolo fondamentale soprattutto nel contrasto alla dispersione scolastica, in futuro più che in passato, così come nel costruire profili professionali capaci di favorire lo sviluppo locale e territoriale. Inutile nascondere che, per raggiungere questi obiettivi, andranno superate diverse difficoltà. La macchina pubblica si è mossa in ritardo, affrontando altri temi senza costruire e progettare soluzioni e proposte per la scuola, tantomeno per la formazione professionale.
Ciò nonostante, finito il periodo del lockdown, le attività della ristorazione con cui collaboriamo sono ripartire e hanno chiesto di riattivare i percorsi di tirocinio: il legame con l’economia locale è forte e immagino che anche in altre territori queste alleanze tra formazione e lavoro siano sempre più cruciali per la sopravvivenza e per lo sviluppo di queste aree. È il clima di incertezza che rende tutto difficile, basti pensare al settore alberghiero e dell’ospitalità con cui collaboriamo. Di certo, pur in queste difficoltà, la formazione professionale rimane uno straordinario strumento capace di dare risposte ai bisogni dei ragazzi e delle imprese: già questa capacità di dialogo e di educazione permette di comprendere come il suo ruolo sarà sempre più centrale nella società del futuro.
Secondo lei, a seguito della pandemia, dovrete organizzare ex-novo corsi destinati alla formazione di nuove figure professionali, o ripensare alle competenze dei profili professionali in uscita?
A. Trotta: Ritengo che sarà necessario fare entrambe le cose, ma in tempi diversi. Nella ristorazione, che è il principale settore nel quale operiamo noi, è complicato immaginare una formazione che non metta al centro l’esperienza pratica sul luogo di lavoro. La formazione è soprattutto sul campo. Di certo però alle figure tradizionali che formiamo dovremo erogare anche competenze connesse all’igiene – la cui importanza è oggi ben nota a tutti – e al digitale. Basti pensare a quante piccole attività si sono dovute riorganizzare durante la pandemia progettando app o altri sistemi digitali per la consegna a domicilio.
Stiamo insomma assistendo ad uno spostamento dell’asse, verso un modo diverso di fare tutto quello che si faceva prima di questa drammatica esperienza. Tale cambiamento richiede sì nuove competenze, ma soprattutto una formazione pratica e a diretto contatto con le trasformazioni. Nuove figure professionali potranno essere create, ma è ancora presto per delinearle con precisione.
Quali sono, a suo parere, le principali criticità che limitano le potenzialità della vostra offerta formativa, e come risolverle?
A. Trotta: Nella fase emergenziali le principali criticità sono state di due tipi: la scarsa strumentazione tecnologica a disposizione dell’utenza e di spazi utili per il rispetto del distanziamento, e la carenza di linee guida nazionali e regionali per la ripresa delle attività in sicurezza. Ora il quadro è più chiaro, anche se rimangono forti dubbi sull’efficacia delle misure di contenimento. Possiamo immaginare tutti i protocolli possibili, ma se non sono declinati anche su quelle che sono le inclinazioni e le abitudini della nostra utenza saranno difficili da rispettare. Poi, magari, i nostri studenti ci potranno stupire anche in questo, ma la grande voglia di socialità rischia sicuramente di essere strumento per la diffusione del virus.
Non sempre anche l’interlocuzione con l’istituzione competente in materia, nel nostro caso Regione Puglia, è stata semplice. I ritardi accumulati nella regolamentazione della formazione a distanza impattano sui nostri costi, ma ci sono anche altri elementi critici, non esclusivamente di competenza regionale: la distribuzione delle risorse, rigida nell’indicare precisi capitoli di spesa e poco flessibile, la connettività, e il trasporto degli allievi. Un approccio più sistemico, in grado di avere un quadro di insieme di tutto ciò che ruota attorno al mondo della formazione, attento alle specificità e flessibile, sarebbe sicuramente auspicabile.
Come giudica un possibile allargamento del ruolo dell’istruzione e formazione professionale, alla formazione degli adulti, specialmente disoccupati?
A. Trotta: Il nostro istituto era già impegnato nell’erogazione di corsi rivolti ad adulti disoccupati, già prima della pandemia. Probabilmente gli effetti negativi ad essa connessi renderanno ancora più importante la riqualificazione degli adulti per accompagnare le loro transizioni all’interno del mondo del lavoro. Centrale è, in questo caso, il tema della qualità. Il rischio di improvvisazione è alto: va attentamente selezionato chi andrà a gestire ed erogare questi corsi. Le collaborazioni attive con l’Università ci permettono di poter contare anche su risorse umane e materiali in grado di moltiplicare l’efficacia della nostra offerta formativa.
Questa rinnovata attenzione a processi e percorsi di formazione continua e riqualificazione è positiva, soprattutto per un territorio come il nostro. Noi viviamo in un’area interna, marginale, nella quale storicamente le difficoltà economiche e sociali sono più acute. Cruciale è quindi la promozione del territorio e della sua attrattività, soprattutto per lo sviluppo del turismo e quindi anche del settore della ristorazione, il quale potrà di conseguenza assorbire lavoratori che provengono anche da altri contesti.
Lo sviluppo economico richiama la formazione, e viceversa: solo la disponibilità di lavoratori adeguatamente qualificati può permettere la progettazione e gestioni di piani di sviluppo credibili ed efficaci. La stessa Regione Puglia sta investendo molto su queste transizioni, economiche, sociali e formative, e immagino che sempre di più in futuro sarà importante costruire ponti di competenze che permettano la realizzazione di percorsi continui nel tempo e nella vita professionale di ognuno di integrazione tra formazione e lavoro.
Perché scegliere, oggi e domani, i percorsi di istruzione e formazione professionale? Che relazioni cambiare, o sviluppare, con il mondo della scuola, dell’istruzione terziaria e del sistema produttivo?
A. Trotta: L’elemento che caratterizza i percorsi di istruzione e formazione professionale è sicuramente lo sviluppo di competenze professionali maturate grazie alle attività di stage o apprendistato in azienda. Affinché tale esperienza sia arricchente ed efficace c’è bisogno di un continuo dialogo tra mondo della formazione e del lavoro. Si sviluppano così delle efficaci competenze trasversali che, sempre di più nel mondo del lavoro, sono richieste per favorire sia l’occupabilità dei giovani, sia per innescare processi di sviluppo e innovazione aziendali: il primo luogo formativo è l’impresa. Non solo. Tali esperienze formative hanno successo se i ragazzi che vi accedono sono consapevoli della scelta fatta e conoscono le caratteristiche peculiari del percorso e le possibilità che offre. In questo senso, migliorare i rapporti tra formazione professionale e istruzione scolastica è fondamentale anche per lo sviluppo di più efficaci attività di orientamento. Noi abbiamo strutturato negli anni una rete con diversi Istituti scolastici con i quali ci sono ottimi rapporti e progettualità comuni, a beneficio degli stessi studenti.
Sappiamo tutti che, ancora oggi, la formazione professionale è vista un po’ come una seconda scelta, e questo è vero in particolare nella nostra regione. Basti pensare che il nostro anno formativo non è allineato con quello scolastico, elemento questo che rende più difficile l’orientamento. Altrettanto spesso è pensata come canale per il recupero del dispero o come esito di un fallimento scolastico. È vero, molti ragazzi provengono da contesti difficili o presentano diverse problematiche, ma la specificità della nostra offerta formativa è una valorizzazione di altre forme di apprendimento al di là della tradizionale meccanica trasmissiva d’aula, diverse ma di pari dignità rispetto a quelle utilizzate nei percorsi “tradizionali”.
Con le imprese i rapporti sono costanti e solidi, grazie ad una conoscenza reciproca approfondita negli anni, che fa sì che si rivolgano a noi con evidenti e manifesta necessità formativa: il rischio di “sfruttamento” degli studenti è nullo. È davvero solo nella reciproca conoscenza, nella costruzione di alleanze strategiche e con benefici chiari per tutti i soggetti, che è possibile sviluppare processi di sviluppo territoriali che abbiano al centro le persone, cioè, in questo caso, gli studenti che non solo apprendono un mestiere o trovano un’occupazione, ma prima di tutto crescono come soggetti liberi e autonomi.
ADAPT Junior Fellow