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Bollettino ADAPT 24 luglio 2023, n. 28
Cosa è la dottrina? Ha un valore specifico nello studio del diritto del lavoro? Sono queste le domande a cui prova a rispondere Alan Bogg nel suo lavoro Doctrinal method in labour law: potential, problems, prospects (attualmente in corso di pubblicazione in A. Blackham e S. Cooney (a cura di), Research Methods in Labour Law: A Handbook, Edward Elgar Publishing Ltd., 2023). L’obiettivo dell’Autore, quindi, è di riflettere sul metodo di analisi della dottrina nel perimetro del diritto del lavoro, tenendo presente che, sebbene l’orizzonte in cui si inserisce l’analisi sia quello del Regno Unito, la riflessione ha una validità generale, poiché riguarda il ruolo della dottrina in qualsiasi sistema giuridico, anche se le conclusioni specifiche possono variare da un Paese all’altro in ragione delle diverse culture giuridiche.
Ripercorrendo la storia della dottrina giuslavorista inglese, l’Autore osserva che, nel campo del diritto del lavoro, questa ha dovuto mutuare concetti da altre branche del diritto, come il diritto civile e il diritto amministrativo o addirittura da altre discipline, come la sociologia industriale, la politica macroeconomica e le teorie della giustizia sociale. A favorire un “approccio sociologico al diritto del lavoro”, basato sullo studio della contrattazione collettiva e caratterizzato da riferimenti alla politica, alla sociologia e all’economia, fu in particolare Otto Kahn-Freund. Bogg, però, considera un grave errore ritenere che l’analisi giuridica fosse marginale nella ricerca di Kahn-Freund, poiché questi, oltre ad essere un maestro della sociologia del diritto, era anche un brillante civilista e comparatista il cui approccio sociologico al diritto del lavoro «non non solo completava, ma arricchiva l’analisi tecnico-giuridica sistematica del diritto positivo» (p. 5). Nel metodo di Kahn-Freund, infatti, il contributo distintivo dello studioso del diritto era esemplificato in tre attività intellettuali principali: la formulazione di principi giuridici generali, volti a preservare l’unità del sistema giuridico e che prescindono dalla conoscenza dettagliata e specialistica di aree ristrette del diritto; lo sviluppo sistematico di comparti del sapere giuridico; l’elaborazione, a partire dalla casistica giurisprudenziale, di concetti giuridici che possono contribuire anche al processo di riforma del diritto attraverso la codificazione.
Osservando il metodo adottato dal grande giurista di Francoforte, dunque, Bogg considera l’opera di Kahn-Freund come il tentativo di attuazione, nel campo del diritto del lavoro, di una “ricostruzione razionale”, formula coniata da Neil MacCormick per indicare il ruolo della dogmatica giuridica nella ricostruzione di norme e pronunce giurisprudenziali come un insieme razionale, coerente e sistematico, piuttosto che come una massa di disposizioni scollegate. Per Bogg, in particolare, si può osservare come Kahn-Freund abbia fondato la sua ricostruzione del sistema britannico di diritto del lavoro sul principio del laissez-faire collettivo, attraverso cui descriveva la tendenza a sostenere i processi autonomi di contrattazione collettiva. Per avvalorare tale ricostruzione, Kahn-Freund aveva condotto un sofisticato ragionamento giuridico, analizzando le diverse disposizioni legali e pronunce giurisprudenziali in modo da fornire un’interpretazione coerente e sistematica alla luce del principio giuridico del laissez-faire collettivo. Per Kahn-Freund, quindi, le classificazioni giuridiche avrebbero dovuto interagire con i fenomeni sociali ed economici, spesso complessi, dinamici e in evoluzione, per offrire empiricamente soluzioni ai problemi del lavoro. Questo approccio, inoltre, è stato utile anche per implementare la codificazione del diritto britannico, che ha favorito la conoscibilità e la chiarezza dei precetti normativi.
L’esempio di Kahn-Freund è, dunque, utile a Bogg per mostrare come il ragionamento giuridico debba contaminarsi con elementi di altre discipline. Richiamando Joseph Raz, infatti, l’Autore considera che il ragionamento giuridico non differisce da quelli propri di altre discipline sotto il profilo del metodo logico, ma soltanto per via del peculiare oggetto dell’indagine, circostanza che, però, non può condurre a sostenere una completa autonomia del ragionamento giuridico, il quale, in ogni caso, «necessita di un ragionamento morale» (p. 14). Similmente anche John Gardner ritiene che la norma giuridica debba essere integrata da argomenti morali – anche se è necessario ricercare sempre un raccordo con il dato normativo – per risolvere casi pratici. In quest’ottica, dunque, il metodo dottrinale non è di per sé antitetico all’indagine interdisciplinare. Bogg, quindi, analizza alcuni casi in cui la giurisprudenza ha trovato supporto e sviluppato soluzioni grazie ad argomentazioni di carattere interdisciplinare della dottrina, dimostrando un’interazione tra la giurisprudenza e lo studio dottrinale. In particolare, l’Autore richiama lo studio compiuto da Hugo Sinzheimer sul contratto di lavoro, che ha permesso di superare una concezione basata sulla parità contrattuale tra datore di lavoro e lavoratore, riconoscendo il fondamento gerarchico del rapporto di lavoro subordinato. In questo caso, dunque, la dottrina ha orientato la costruzione giuridica del contratto di lavoro da parte della giurisprudenza, permettendo che un’osservazione di carattere sociologico fosse tradotta in norma giuridica.
Affermata la necessità dell’interdisciplinarietà nello studio del diritto, Bogg passa ad esaminare le diverse forme di lavori dottrinali nel diritto del lavoro moderno, ossia le note analitiche, le monografie e la manualistica. La differenza tra i diversi lavori risiede nella scala dell’analisi, che varia dall’esame di un piccolo insieme di pronunce all’intero diritto del lavoro. Per Bogg, però, non esiste una gerarchia tra le forme di analisi dottrinale, ma solo una diversità di tecnica. Per l’Autore, infatti, anche le note possono arrivare ad influenzare fortemente la giurisprudenza su un singolo tema, come ad esempio una nota di Anne Davies (A.C.L. Davies, Sensible Thinking about Sham Transactions, in Industrial Law Journal, 2009, 318) che ha ispirato la nota sentenza Autoclenz della Suprema Corte del Regno Unito (Supreme Court of the United Kingdom, 27 luglio 2011, Autoclenz Ltd. v. Belcher, UKSC n. 41), che ha inaugurato la dottrina dei contratti falsi (sham contracts). Le monografie, invece, mirano alla razionalizzazione di parti del diritto del lavoro, fornendo, sulla base di principi astratti individuati dallo studioso, una ricostruzione del quadro giuridico, formato da regole legali e pronunce giurisprudenziali, su un determinato tema. Per Bogg le ricostruzioni effettuate mediante le monografie si dovrebbero porre in una posizione di critica interna nei confronti dell’ordinamento, ossia devono basare le proposte di riforma su valori e politiche «che sono in misura maggiore o minore latenti o influenti nell’attuale diritto del contratto di lavoro» (p. 23, dove l’autore riporta le parole di Mark Freedland). La manualistica, infine, opera una razionalizzazione dell’intero diritto del lavoro basata sulla ricerca dell’unità e della coerenza del sistema. Un tradizionale esempio è rappresentato da The Worker and the Law di Lord Wedderburn, che sistematizza l’intero diritto del lavoro a partire dalla riflessione sullo squilibrio di potere nel contratto individuale di lavoro.
Tuttavia è da segnalare che, per Bogg, la ricerca della coerenza può rivelarsi riduttiva, anche alla luce di un pluralismo dei valori presenti nell’ordinamento, soprattutto nel campo del diritto del lavoro, che coinvolge una vasta gamma di interessi e valori, anche in contrasto tra loro, come giustizia, uguaglianza, dignità, libertà, efficienza, competitività aziendale, autorità privata, coordinamento economico, creazione di posti di lavoro e controllo dell’inflazione. Per Bogg non è possibile negare che l’equilibrio tra questi valori sia determinato dalle circostanze politiche ed economiche e, dunque, imporre una coerenza potrebbe risultare un tentativo di idealizzazione del diritto che non considera e, anzi, minimizza l’effetto della politica, che «disordina la legge» (p. 27). Da questo punto di vista, infatti, l’Autore osserva che «il diritto del lavoro può essere la più politica delle discipline giuridiche in quanto luogo chiave del conflitto sociale ed economico nelle società moderne» (p. 27). In proposito, la dottrina, negli anni, ha tentato di operare il difficile bilanciamento tra i diversi valori, elaborando soluzioni poi recepite dalle pronunce dei tribunali, evidenziando il dialogo continuo tra la dottrina e la giurisprudenza. L’Autore, anzi, osserva che «l’arte di uno scritto dottrinale consiste nell’anticipare, sulla base dei materiali normativi esistenti, i successivi passi dei tribunali e nel rafforzare i giudici nel compiere tali passi» (p. 29). Nonostante questo rapporto tra dottrina e giurisprudenza, però, Bogg sottolinea che la buona dottrina non deve temere di esporre le debolezze della giurisprudenza, poiché una giusta critica al ragionamento dei tribunali può contribuire a miglioramenti significativi della legge. Lo stimolo della dottrina, anzi, può essere inteso come una fonte di responsabilizzazione per i giudici, il cui ragionamento è esposto a un’analisi critica rigorosa.
Per Bogg, in definitiva, il futuro della dottrina nel diritto del lavoro è davvero molto luminoso poiché le mutevoli geografie del lavoro, il lavoro delle piattaforme, la salute pubblica e occupazionale, le intelligenze artificiali e la crisi ambientale stanno generando nuove domande per gli studiosi. Da questo punto di vista, data la portata delle future sfide sociali ed economiche per i legislatori, appare evidente che «la necessità di collaborazione accademica, di integrità intellettuale e di impavida dedizione alla verità non è mai stata più urgente» (p. 33).
Francesco Alifano
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena