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Bollettino ADAPT 20 giugno 2022, n. 24
Nell’ambito del PNRR, la componente “Politiche per il lavoro” è finalizzata ad accompagnare la trasformazione del mercato del lavoro con strumenti che facilitino le transizioni occupazionali, il miglioramento dell’occupabilità dei lavoratori e l’innalzamento del livello delle tutele attraverso la formazione.
Nello specifico, a tale componente sono assegnati i seguenti obiettivi strategici:
– aumentare il tasso di occupazione, facilitando le transizioni lavorative e dotando le persone di formazione adeguata;
– ridurre il mismatch di competenze;
– aumentare quantità e qualità dei programmi di formazione dei disoccupati e dei giovani, in un contesto di investimento anche sulla formazione continua degli occupati.
Il principale strumento previsto per raggiungere tali finalità è il programma nazionale “Garanzia di occupabilità dei lavoratori – GOL”, che prevede la ridefinizione del sistema di presa in carico dei disoccupati e delle persone in transizione occupazionale, a partire dalla profilazione della persona, al fine di costruire percorsi personalizzati di riqualificazione delle competenze e di accompagnamento al lavoro.
Nello specifico, il programma GOL prevede ingenti investimenti – gestiti dalle Regioni, in base a criteri definiti a livello nazionale – finalizzati al rafforzamento delle politiche attive del lavoro, rivolte precipuamente alle categorie di lavoratori maggiormente svantaggiate (disabili, under 30, over 55, donne, disoccupati di lunga durata): lo schema di intervento si articola attraverso una targetizzazione dei lavoratori, in base alla quale avviene l’assegnazione ai percorsi di orientamento, aggiornamento e riqualificazione professionale; soggetti “erogatori” dei servizi sono principalmente i centri per l’impiego e le agenzie del lavoro.
Il PNRR prevede inoltre – quale elemento di rilevanza strategica – una forte interconnessione tra politiche attive del lavoro, investimento per l’accrescimento delle competenze dei lavoratori, orientamento e formazione. Attraverso il Piano Nazionale Nuove Competenze, il legislatore intende raggiungere l’obiettivo di riorganizzare la formazione dei lavoratori in transizione e dei disoccupati, mediante il rafforzamento del sistema della formazione professionale e la definizione di livelli essenziali di qualità per le attività di upskilling e reskilling in favore dei beneficiari di strumenti di sostegno, dei beneficiari del reddito di cittadinanza e dei lavoratori che godono di strumenti straordinari o in deroga di integrazione salariale. Il Piano integrerà anche altre iniziative, riguardanti le misure in favore dei giovani – quale il rafforzamento del sistema duale – e dei NEET, oltre che le azioni per le competenze degli adulti.
Per i lavoratori occupati, infine, è stato rafforzato il Fondo Nuove Competenze, istituito sperimentalmente nel 2020 per consentire alle aziende di rimodulare l’orario di lavoro, al fine di favorire attività di formazione sulla base di specifici accordi collettivi con le organizzazioni sindacali. Tali interventi sopra descritti, e la sinergia tra gli stessi, dovrebbero essere realizzati anche in virtù del consolidamento dell’infrastruttura organizzativa e tecnologica, nello specifico:
– rafforzamento dei centri per l’impiego – al fine di favorire processi di miglioramento dell’offerta di servizi di qualità, analisi dei fabbisogni di competenze, definizione di piani formativi individuali, servizi efficaci di accoglienza, orientamento e presa in carico;
– sviluppo di Osservatori regionali del mercato del lavoro per facilitare incontro tra domanda e offerta;
– miglioramento dell’integrazione dei sistemi informativi regionali con il sistema nazionale;
– incremento della prossimità ai cittadini, anche sfruttando le nuove tecnologie;
– promozione dell’integrazione, in una logica di rete, del sistema di istruzione, formazione e lavoro territoriali, anche attraverso partenariati pubblico-privati;
– promozione dei servizi di identificazione, validazione e certificazione delle competenze (IVC) nell’ambito del Sistema Nazionale di Certificazione delle Competenze;
– progettazione e realizzazione (anche mediante formazione a distanza – FAD) di interventi formativi per l’aggiornamento delle competenze dei lavoratori.
Investimenti e strumenti
Le risorse complessive (4,4 miliardi di euro) sono senza dubbio consistenti, tuttavia la natura del programma GOL e gli strumenti attuativi non sembrano adeguati a garantire un rilevante incremento dell’occupabilità della popolazione lavorativa non attiva, né nell’immediato, né – e soprattutto – nei prossimi anni. Quali sono gli elementi di criticità? Innanzitutto, il ruolo preponderante riservato ai centri per l’impiego, i quali al momento – con condizioni differenti nelle diverse regioni – non hanno le professionalità e l’approccio innovativo che occorrerebbe in questa fase. In secondo luogo, gli strumenti previsti sembrano più orientati a una mappatura delle skills e delle condizioni di occupabilità dei lavoratori che all’effettivo rafforzamento delle competenze degli stessi.
La logica in base alla quale saranno individuati i percorsi formativi sembra orientata a una visione vetusta, quando invece appare urgente creare un circuito stabile e virtuoso di collaborazione con scuola e università: a tale proposito, saranno fondamentali le tempistiche e le modalità con le quali sarà implementata la riforma dell’orientamento prevista nel PNRR, che prevede la realizzazione di misure finalizzate a mettere in sinergia il sistema di istruzione, quello universitario e il mondo del lavoro.
In materia di riforma del sistema di orientamento, l’intervento normativo previsto sarà finalizzato all’introduzione di moduli di orientamento formativo rivolti alle classi quarte e quinte della scuola secondaria di II grado, al fine di accompagnare gli studenti nella scelta consapevole di prosecuzione del percorso di studi o di ulteriore formazione professionalizzante (ITS), propedeutica all’inserimento nel mondo del lavoro. È inoltre prevista l’introduzione dell’Orientamento attivo nella transizione scuola-università, il quale consiste in un programma di investimenti a favore degli studenti a partire dal terzo anno della scuola superiore attraverso corsi brevi erogati da docenti universitari e insegnanti scolastici che consentano agli studenti di comprendere meglio l’offerta dei percorsi didattici universitari e di colmare i gap presenti nelle competenze di base che sono richieste.
L’obiettivo del rafforzamento del sistema duale è una delle tematiche che ritornano ciclicamente, a ogni riforma del mercato del lavoro, per poi non giungere mai a una completa implementazione, la quale richiede non soltanto formulazioni di principio, ma anche strumenti efficaci.
La funzione dell’apprendistato dovrebbe essere quella di garantire il raccordo sistematico tra il mondo dell’istruzione e quello produttivo, al fine quello di fronteggiare l’emergenza occupazionale dei giovani; a tale fine uno strumento fondamentale doveva essere costituito dal libretto formativo di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, il quale è stato successivamente abrogato a favore del fascicolo elettronico del lavoratore, il quale avrebbe dovuto avere la funzione di contenere le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche e ai versamenti contributivi ai fini della fruizione degli ammortizzatori sociali.
L’introduzione del fascicolo elettronico del lavoratore – previsto dal D.Lgs. 14 settembre 2015 n. 150 – sarebbe stata di indubbia utilità, ma la sua realizzazione – cosi come precedentemente quella del libretto formativo del cittadino – è rimasta nelle intenzioni del legislatore. Il fascicolo elettronico riprendeva gli obiettivi previsti dal libretto formativo del cittadino – il quale era stato pensato per raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendimento dei cittadini lavoratori, nonché le competenze da essi comunque acquisite – e prevedeva di integrare le informazioni di carattere previdenziale, per il quale sarebbe necessario l’interscambio dei dati con l’INPS e gli altri istituti previdenziali. La principale complessità di tale progetto riguardava e riguardala difficoltà di integrazione informativa tra i differenti soggetti che operano nel mercato del lavoro.
Un’ulteriore criticità riguarda il raccordo tra standard professionali e standard formativi e il raccordo con il sistema di validazione degli apprendimenti non formali e informali e certificazione delle competenze, quest’ultimo istituito con il Decreto Legislativo n. 13 del gennaio 2013 ma non ancora operativo.
L’obiettivo del raccordo tra formazione e lavoro costituisce uno degli elementi strategici del PNRR in materia di politiche attive del lavoro: a tale fine è necessario armonizzare le qualifiche e le qualificazioni professionali conseguibili in apprendistato e correlare standard formativi e standard professionali. Tale obiettivo non è stato finora raggiunto, e presenta una specifica difficoltà sia dal punto di vista tecnico (correlare le qualifiche professionali e standard formativi è particolarmente complesso) sia da quello organizzativo/relazionale, perché tale attività richiederebbe la partecipazione delle parti sociali e di tutti i principali soggetti del mercato del lavoro.
Approccio tecnologico: l’apporto dell’intelligenza artificiale
Nel programma di attuazione delle politiche attive per il lavoro che scaturisce dal PNRR è ancora assente un approccio tecnologico adeguato al ventunesimo secolo, in grado di superare la ventennale riproposizione dei classici sistemi informativi per il lavoro. L’obiettivo principale delle politiche per il lavoro, degli strumenti di orientamento e formazione previsti nel PNRR è quello di accrescere l’occupabilità. Cosa significa occupabilità per un lavoratore? È sufficiente la segmentazione classica, ribadita anche nel programma GOL? L’orientamento dei giovani che terminano le scuole medie superiori può essere affidato agli insegnanti? Oppure è necessario arrivare a un’analisi personalizzata della storia professionale e formativa del lavoratore, dello studente, del suo “retroterra” sociale, degli elementi attitudinali profondi? Oggi esistono le tecnologie che consentono di rendere più semplici, efficaci e rapide le analisi per gli operatori dei servizi del lavoro, orientatori, selezionatori aziendali. La capacità di analisi delle persone è limitata, in particolare a causa della quantità di dati limitata che si possono prendere in considerazione quando si prendono decisioni: una macchina, grazie a sistemi di natural language processing, deep learning e reasoning, può invece formulare analisi e ipotesi tenendo in considerazione una quantità di dati maggiore di un umano (i big data). Così come nel marketing l’analisi di immense quantità di dati, realizzata con sistemi automatici che imparano da soli a perfezionarsi, coniugati con sistemi di analisi semantica e comprensione dei testi, generano profili informativi completi sui clienti, consentendo di fare previsioni molto accurate, in modo analogo tali tecniche potrebbero essere applicate con efficacia nell’ambito del mercato del lavoro.
Già oggi, l’intelligenza artificiale potrebbe essere utilizzata per svolgere in modo efficace e veloce attività altrimenti delegate agli operatori dei CPI e agli orientatori: nelle azioni di analisi delle competenze e di misurazione dell’occupabilità, nel supporto nella scelta del percorso formativo, consentendo altresì di rendere davvero operativi gli strumenti finora rimasti sulla carta, come il libretto formativo e il fascicolo elettronico del lavoratore, e di rafforzare l’efficacia della gestione dell’apprendistato, facendolo divenire finalmente lo strumento principale di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
Veniamo da vent’anni di progetti ambiziosi, investimenti ingenti e risultati deludenti sul piano della digitalizzazione dei servizi per il lavoro. È giunta l’ora di cambiare strategia, lo Stato e le Regioni non devono porsi su un piano competitivo con i servizi privati, né promuovere improbabili sistemi informativi e piattaforme animate da intenti “olistici”, che dovrebbero integrare dati provenienti da tutti gli operatori pubblici e privati, riproponendo come in un loop un approccio che ha dimostrato di essere inefficace. Occorre un mercato del lavoro che funzioni davvero in modo rapido e dinamico, dove aziende, lavoratori, scuole, università, servizi per il lavoro e strutture formative siano collegati in una rete neurale, come parte di un unico “sistema pensante” in grado di far circolare le informazioni e reagire ai cambiamenti in tempo reale: oggi questo, è possibile grazie alla tecnologia dell’intelligenza artificiale (AI). Evidentemente l’incremento dell’occupazione dipende prevalentemente dalla crescita economica, ma non occorre trascurare come la capacità di avere lavoratori che adeguano le proprie competenze, in modo rapido ed efficace, alle esigenze del mercato, consente alle aziende di essere più competitive, dando in tale modo un contributo rilevante allo sviluppo produttivo e, conseguentemente, ai volumi occupazionali.
Lo Stato deve fornire l’infrastruttura, la dorsale digitale per la circolazione delle informazioni (così come avviene sul versante della rete per la fibra ottica): occorre però un passo ulteriore, la disponibilità diffusa degli strumenti dell’intelligenza artificiale. L’AI è una tecnologia “potentemente” inclusiva, lo è in modo esponenziale: questo la rende plasticamente aderente alle esigenze individuali, generando un circuito virtuoso di rafforzamento delle skills e di crescita dell’occupabilità.
Gianluca Meloni
ADAPT Professional Fellow