Bollettino ADAPT 29 marzo 2021, n. 12
Nel saggio pubblicato postumo “Futuro prossimo” (Castelvecchi 2019) Pierre Carniti racconta così l’assassinio di Ezio Tarantelli: “La mattina del 27 marzo 1985 si consuma una inimmaginabile straziante tragedia. Alcuni superstiti di quel gruppo di insensati omicidi che sono le Brigate Rosse assassinano Ezio Tarantelli, mentre sta uscendo dall’Università La Sapienza, dove ha tenuto lezione ai suoi studenti. Individui stupidi e criminali uccidono Tarantelli pensando di uccidere – prosegue Carniti – anche le idee che ha sviluppato e sostenuto con straordinario impegno e determinazione per contribuire alla difesa dei lavoratori”. Da quella mattina di marzo sono trascorsi 36 anni: un tempo lontanissimo per gli studenti di oggi che, sia pure con le difficoltà dell’insegnamento a distanza, stanno preparando l’esame o la tesi in diritto del lavoro.
Tarantelli era un mio coetaneo. La sua storia è stata in parte anche la mia e mi viene spontaneo riferirmi a quella vicenda come se fosse un fatto noto, un evento che ha inciso sulla vita delle persone come sulla mia. Poi mi accorgo che non può essere così, per banali ragioni di età e di esperienze. Allora sorge il dovere della testimonianza per provare a trasmettere i sentimenti di “uno che c’era” e che ha portato con è il senso tragico di quella giornata (e non solo di quella). Chi era Ezio Tarantelli? Mi avvalgo del profilo che ha tracciato Nicola Acocella, un suo collega professore emerito di Economia, nell’anniversario dell’assassinio: “Nacque a Roma, nel 1941 in una famiglia che si trovò ad un certo punto in cattive condizioni economiche. Per arrotondare le entrate della famiglia, fece vari lavoretti e poi, ai tempi del liceo, la guida turistica. Si laureò nel 1965 presso la Facoltà di Economia e Commercio della Sapienza, con una tesi in Geografia economica (e Federico Caffè come correlatore). Entrò poi come dipendente in Banca d’Italia, e si aggiudicò una borsa di studio Stringher, che utilizzò soprattutto negli USA, dove al MIT studiò con Robert Solow e Franco Modigliani, con il quale ultimo scrisse vari saggi. Negli USA, conobbe nel gennaio 1967 la futura moglie, Carole Beebe, psicanalista, di un anno più giovane, che sposò nel 1970. Dall’unione nacque Luca nel 1972”. Anche ad Ezio toccò (come al socialista Marco Biagi) il destino di essere straniero in patria. Benchè fosse votasse per il Pci (la sua vedova fu eletta alla Camera nelle liste di quel partito) le sue idee sulla lotta all’inflazione (il flagello di quegli anni) trovarono ascolto nella Cisl e convinsero un grande leader come Pierre Carniti (chi scrive ha avuto l’onore di lavorare con lui nella segreteria nazionale della gloriosa FLM insieme a Bruno Trentin e a Giorgio Benvenuto) ad intraprendere quella battaglia apparentemente impopolare, ma, alla fine rivelatasi giusta e vincente. Per Carniti in quegli anni vi furono due incontri fondamentali: con Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio; con Ezio Tarantelli, l’economista che seppe suggerirgli la chiave di volta per affrontare una dinamica del costo della vita divenuta inarrestabile (e prossima a trascinare nel declino l’economia), individuando nella disponibilità ad un intervento sulla scala mobile la carta che il sindacato – soggetto politico – doveva giocare rapidamente, senza pentimenti né remore.
Per quanto Tarantelli si sbracciasse a spiegare che un decremento dell’inflazione avrebbe di per sé migliorato il potere d’acquisto delle retribuzioni, tanto che i lavoratori non avrebbero avuto nulla da perdere (tranne che le proprie catene), le sue teorie furono accolte come la negazione di un dogma, come un attacco gratuito ad un caposaldo della condizione operaia, ad una verità rivelata. Tanto più che all’economista non passava neppure per la testa di abolire la c.d. scala mobile, ma solo di predeterminarne i punti in una prospettiva antinflazionistica. Per la verità l’istituto della rivalutazione automatica delle retribuzioni sulla base del costo della vita fu abolito nel 1992 e, quando, l’anno dopo fu negoziato il famoso Protocollo Ciampi sulla struttura della contrattazione a nessuno venne in mente di negoziare un altro automatismo. La funzione di recupero del costo della vita fu affidata alla contrattazione nazionale, con grande soddisfazione anche di coloro che avevano difeso la “scala mobile” sino alla fine a livello sindacale, politico e referendario. Tarantelli, però, pagò con la vita la sua apertura al nuovo, il suo coraggio per le scelte difficili ma giuste. Fu il piombo delle Brigate rosse a colpirlo a morte. Ma in quegli anni aveva raccolto l’odio profondo di quanti, anche senza premere il grilletto, non vogliono sentirsi dire che è necessario cambiare e sono sempre pronti ad incolpare gli altri – anche come singole persone – di ciò che non sanno comprendere ed accettare.
Leggendo le pagine che Pierre dedica a Tarantelli nel suo saggio, mi ha particolarmente impressionato ciò che riferisce di una conferenza svolta dall’economista alla Banca Toscana sul tema “Costo del lavoro, mobilità e inflazione”. Verso la conclusione dell’intervento Ezio citò una frase di John M. Keynes: “spesso la politica economica è guidata dalle idee degli economisti defunti”. Come se avesse la sensazione di quello che gli sarebbe capitato poche settimane dopo. Ma volle scacciare subito quel pensiero peregrino aggiungendo: “Per quel che mi riguarda, naturalmente, spero che le mie idee trovino applicazione prima dei miei funerali”. “Purtroppo” – aggiunge Carniti – “la sua speranza si realizzerà solo in parte”. Troviamo in queste parole – dette magari con tono scherzoso – quell’imperativo etico che caratterizzò anni dopo il sacrificio di Marco Biagi. In una lettera resa nota dopo la sua morte il professore bolognese, assassinato il 19 marzo del 2002, intendeva garantire i suoi interlocutori ministeriali che le minacce ricevute non l’avrebbero distolto dal suo impegno. Io non conoscevo Tarantelli. Mi capitò di incontrarlo solo una volta in occasione di un seminario promosso dalla Cgil al Cnel al quale erano stati invitati tutti gli economisti “sulla piazza” per parlare della “scala mobile” e dei suoi effetti sull’inflazione. Ricordo che uno alla volta salivano alla tribuna per spiegare le loro proposte di riforma. La stessa cosa, quando venne il suo turno, fece anche Tarantelli. Ebbi l’impressione che la facesse un po’ troppo facile con la teoria della predeterminazione degli scatti. Mi rimase impressa, tuttavia, la stessa immagine di Ezio che ho ritrovato nell’articolo citato di Acocella quando ne descrive il sorriso, la straordinaria capacità di comunicazione, il fascino che esercitava e il calore che sapeva infondere negli interlocutori illustrando le sue idee.
Membro del Comitato scientifico ADAPT