Bollettino ADAPT 14 gennaio 2019, n. 2
Tra pochi giorni si aprirà a Bari il XVIII Congresso della Cgil. E per la prima volta, dalla sua fondazione nel 1943, l’esito è incerto. Basti dire che ancora non si conosce chi prenderà il posto di Susanna Camusso (arrivata a fine mandato) alla guida dell’organizzazione. Secondo lo statuto non sarà compito dei delegati eleggere direttamente il segretario generale; ma si limiteranno votare per l’Assemblea nazionale che, a sua volta, sarà convocata per l’elezione dei più importanti organi esecutivi. E’ evidente che la composizione dell’Assemblea sarà determinante nella scelta del leader.
A concorrere per quel prestigioso incarico sono, infatti, in due, entrambi emiliani e membri della segreteria confederale uscente: Maurizio Landini, già al vertice della Fiom e Vincenzo Colla, anche lui ex metalmeccanico, ma forgiato soprattutto in esperienze di direzione confederale (prima di entrare a far parte della segreteria nazionale era a capo della Cgil dell’Emilia Romagna, il “granaio” di tutta la confederazione).
Landini è il candidato ufficiale, proposto da Susanna Camusso e dalla maggioranza della segreteria uscente, presentato come tale al Comitato direttivo confederale. Così, ha svolto interamente l’attività congressuale portandosi appresso questa investitura. Fin dalla prima assemblea di base, però, si sapeva che Vincenzo Colla era un possibile outsider, anche se non si era ancora esposto come concorrente, accontentandosi solo di far ammettere nel documento d’avvio del Congresso e di assunzione della candidatura di Landini, la legittimità della presentazione di altre candidature. Si disse, a suo tempo, che Colla aveva scelto questa linea di attesa vigile allo scopo di seguire l’andamento dei congressi di categoria ed orizzontali e di valutare, su quella base, le sue chance. Si vede che le verifiche lo hanno convinto a scendere in campo, decisione che ha annunciato nel corso della riunione del Comitato direttivo del 21 dicembre scorso.
Ci sono così due candidati ai quali i sondaggi interni accreditano livelli di consenso più o meno simili. Pertanto, sia pure in coerenza con lo stile leale, solidale e corretto del suo gruppo dirigente, la Cgil è spaccata in due. In tale contesto inedito, Ivan Pedretti, segretario del Sindacato pensionati (che vanta più della metà degli iscritti della confederazione) ha rivolto a Susanna Camusso un appello per cercare una soluzione di compromesso. Poiché Pedretti è considerato un sostenitore di Vincenzo Colla non è fuori luogo ritenere che la candidatura di quest’ultimo sia stata posta per bloccare quella di Landini, dal momento che è assai improbabile per chiunque governare un sindacato così grande e complesso disponendo di una maggioranza risicata.
L’aspetto che più sorprende delle cronache del XVIII Congresso è come sia stato possibile gestire una contrapposizione (che si è svolta da subito) tra due dirigenti di sicure capacità all’interno di una mozione congressuale unitaria. E’ nella natura delle cose che gli organi dirigenti e i delegati alle istanze superiori (fino a quelli che andranno a Bari) siano stati individuati e scelti tenendo conto di questo cruciale dualismo. Certo, alcuni leader di categoria e di strutture orizzontali si sono schierati, fin dall’inizio, pro o contro Landini (ora presumibilmente a favore di Colla); ma in Cgil non vige il principio del cuis regio, eius religio. Anche nelle categorie che si considerano schierate o con l’uno o con l’altro dei candidati, sono presenti istanze che non condividono la posizione prevalente.
C’è da pensare, allora, che vi siano cordate che si tengono insieme sulla base di conoscenze personali, di solidarietà di gruppo che, alla fine dei conti, sono note soltanto agli addetti ai lavori. Come viene considerato e classificato, in tale contesto, chi non ha preso posizione? Alla fine del Congresso, poi, l’ultimo adempimento sarà quello dell’elezione della Assemblea. Come sarà compilata la lista da sottoporre ai delegati, in modo che sia rappresentativa della competizione in atto? Certo, vi sono dei dirigenti di strutture importanti che saranno inclusi a prescindere dalle loro propensioni. Ma un equilibrio delle presenze in lista andrà trovato comunque. E sarà negoziato dai plenipotenziari dei due leader. Così all’interno del massimo organo dirigente maturerà una maggioranza sulla base dei rapporti di forza. Ma quello che nessuno capirà è come questi rapporti si siano prodotti fin dai congressi di base. Poco male; in fondo – come diceva il vecchio Hegel – ciò che è reale è anche razionale.
Il Congresso della Cgil e la formazione del suo gruppo dirigente sarà molto importante anche per quanto riguarda le prospettive della sinistra, a partire dal Congresso del Pd. Sarebbe sbagliato ridurre il confronto in corso nel più importante sindacato italiano (che tale resta e come tale agisce) prendendo a riferimento il rapporto con il nuovo quadro politico. Eppure la differenza non è di poco conto. Mentre Landini non esprime un’ostilità pregiudiziale nei confronti del governo giallo-verde, limitandosi a valutarne gli atti, la linea espressa da Vincenzo Colla prende le mosse da un’analisi diversa della natura delle forze della maggioranza: un’analisi che deve indurre il sindacato ad essere un protagonista nella difesa delle istituzioni e della democrazia rappresentativa.
Il concetto è chiaramente espresso nelle interviste rilasciate da Colla dopo e a spiegazione della sua candidatura. A suo parere, il problema di questo Governo – così Il Diario del Lavoro ha riassunto un’intervista a L’Huffington Post – non sono esclusivamente le misure prese nella manovra […], ma la sua cultura politica. Colla non lascia spazio a dubbi: al governo c’è una “destra radicale e sovranista”. In sostanza non distingue tra Lega e M5S. Non nasconde, allo stesso tempo la nostalgia per una sinistra progressista. Secondo il sindacalista, in Italia, manca un partito progressista che sappia guidare il paese. Ed anche la Cgil è mancata all’appuntamento con le sfide del presente. Il medesimo giudizio è stato espresso, in sede congressuale, da Ivan Pedretti a Torino: “È salita al potere una nuova classe politica che ha un comportamento anomalo e, per alcuni versi, pericoloso”. Una nuova classe che “professa una sorta di agnosticismo politico, cancellando ogni forma organizzativa intermedia” e “fa dell’antipolitica la propria politica, denigrando e sminuendo il ruolo delle più alte Istituzioni del Paese”. Pertanto l’attuale Governo “va contrastato non solo nel merito dei provvedimenti che prende ma, soprattutto, a difesa dei principi democratici della nostra Repubblica”. La Cgil sarà disponibile a questa battaglia?
Membro del Comitato scientifico ADAPT