Politically (in)correct – Di Covid-19 si muore anche sul lavoro

Bollettino ADAPT 18 ottobre 2021, n. 36

 

Dal dibattito (usare questa parola ormai è un eufemismo) sulla vaccinazione da covid-19 e sulla relativa certificazione che consente l’accesso negli ambienti “di socialità” compresi, dal 15 ottobre scorso, i posti di lavoro continua a non avere, a mio avviso, la necessaria considerazione la norma (articolo 42, comma 2, del Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18) che equipara all’infortunio il contagio da covid-19 in occasione di lavoro.  Ciò significa che la contrazione del contagio entra direttamente nell’ambito del rapporto di lavoro e di conseguenza dei diritti e dei doveri che gravano sul datore e il prestatore d’opera.

 

Sappiamo che il legislatore si è preoccupato di questo delicato aspetto e ha stabilito (in sede di conversione del decreto n. 23/2020)  che il datore di lavoro adempie gli obblighi di cui all’articolo 2087 del codice civile (“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza  e  la tecnica,  sono  necessarie  a  tutelare  l’integrità  fisica  e  la personalità morale dei prestatori di lavoro”) se applica correttamente le disposizioni di prevenzione previsti nel Protocollo, concordati tra le parti sociali a partire dall’aprile 2020 e come tali recepiti in sede normativa. Sappiamo anche che, prima del decreto che ha introdotto l’obbligo della certificazione verde attestante l’avvenuta vaccinazione o la sottoposizione ad un tampone negativo, la giurisprudenza si stava orientando a respingere i ricorsi dei lavoratori non vaccinati e perciò sospesi senza retribuzione dai datori, in quanto ai sensi dell’articolo 2087 citato e del TU sulla sicurezza dei lavoratori (dlgs n. 81 del 2008 e successive modifiche)  il datore di lavoro è comunque responsabile verso i propri dipendenti e i terzi.  Considero i conflitti in corso nel Paese alla stregua di contagio di follia di massa che non trova non dico giustificazioni, ma neppure spiegazioni. Ma non è questa la sede per avventurarsi in valutazioni di carattere sociologico (che finirebbero comunque “in politica”) difficili persino da interpretare. Sorprende però un dato di fatto: non sembra esservi consapevolezza che il problema del contagio da Covid-19 non è un rischio remoto per il mondo del lavoro, nonostante le misure importanti che sono state assunte, nel corso dell’annus horribilis e che hanno consentito l’apertura dei principali settori di attività (sia pure a scapito di altri) dopo la conclusione dei 100 giorni di lockdown.

 

Le statistiche degli infortuni da covid-19 in occasione di lavoro (e quindi anche in itinere) sono pubblicati con periodicità mensile dall’Inail e denunciano una situazione che merita maggiore attenzione (alzi la mano chi ha sentito dire in tv che l’aumento degli infortuni è derivato dalla diffusione del virus). Peraltro, la questione degli infortuni sul lavoro è al centro del confronto tra governo e parti sociali ed è in corso l’esame di un provvedimento che dovrebbe contrastare con maggiore efficacia la violazione di un complesso (il Testo Unico)  di norme di tutela tra le più organiche di quelle sancite in un Paese ad alta intensità manifatturiera; purtroppo si continua a dare priorità ai controlli dall’esterno (più ispettori), piuttosto che alle iniziative dall’interno (con i rappresentanti alla sicurezza) che sarebbero le sole veramente efficaci. Dal gennaio 2020 all’agosto del 2021 vi sono state poco meno di 180mila denunce di infortunio da covid-19, di cui 747 casi con esito mortale.

 

Denunce di infortunio da COVID-19 pervenute all’Inail

(periodo accadimento gennaio 2020 – 31 agosto 2021)

 

 

 

Denunce di infortunio con esito mortale da COVID-19 pervenute all’Inail

(periodo accadimento gennaio 2020 – 31 agosto 2021)

 

L’anno 2020, con 548 decessi da Covid-19, raccoglie il 73,4% di tutti i casi mortali da contagio pervenuti fino al 31 agosto di quest’anno, con aprile (194 deceduti) il mese col maggior numero di eventi, seguito da marzo con 139 casi;

– il 2021, con 199 decessi da Covid-19 nei primi otto mesi, pesa al momento per il 26,6% sul totale dei casi mortali da contagio pervenuti da inizio pandemia;

– in generale, se nell’anno 2020 l’incidenza media dei decessi da Covid-19 sul totale di tutti i casi mortali denunciati è stata di circa una denuncia ogni tre, nei primi otto mesi del 2021 si è scesi a circa una su cinque;

– l’83,1% dei decessi ha interessato gli uomini, il 16,9% le donne (al contrario di quanto osservato sul complesso delle denunce in cui si rileva una percentuale superiore per le donne);

– l’età media dei deceduti è 58,5 anni (57 per le donne, 59 per gli uomini), l’età mediana è di 60 anni (quella che ripartisce la platea – ordinata secondo l’età – in due gruppi ugualmente numerosi), 58 anni per le donne e 60 per gli uomini (82 anni quella calcolata dall’ISS per i deceduti nazionali). L’età media dei deceduti è superiore di una decina di anni di quella degli infortunati;

– il dettaglio per classe di età mostra come il 71,5% del totale delle denunce riguardi la classe 50-64 anni. Seguono le fasce over 64 anni (18,9%), 35-49 anni (8,9%) e under 35 anni (0,7%) nella quale non si rilevano decessi femminili;

– gli italiani sono il 90,6% (otto su dieci sono uomini); gli stranieri sono il 9,4% (sette su dieci sono uomini);

– l’analisi territoriale, per luogo evento dei decessi, evidenzia una distribuzione del 37,2% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 25,6%), del 25,5% al Sud (Campania 12,3%), del 17,9% nel Centro (Lazio 10,8%), del 12,7% nel Nord- Est (Emilia Romagna 6,3%) e del 6,7% nelle Isole (Sicilia 5,6%). Le province che contano più decessi da inizio pandemia sono Roma (7,9%), Napoli (con il 7,4%), Milano (6,8%), Bergamo (6,7%), Brescia (4,1%), Torino (4,0%), Cremona (2,5%), Genova (2,4%), Bari e Caserta (2,3% ciascuna), Palermo e Parma (2,1% ciascuna). Nel confronto con le denunce professionali da Covid-19 per ripartizione geografica, per i mortali si osserva una quota più elevata al Sud (25,5% contro il 12,7% riscontrato nelle denunce totali) e un’incidenza inferiore nel Nord-Est (12,7% rispetto al 24,6% delle denunce totali);

– dei 747 decessi da Covid-19, la stragrande maggioranza riguarda la gestione assicurativa dell’Industria e servizi (88,0%), mentre il numero dei casi registrati nelle restanti gestioni assicurative, per Conto dello Stato (Amministrazioni centrali dello Stato, Scuole e Università statali), Navigazione e Agricoltura è di 90 unità;

– rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili…) registra il 22,8% dei decessi codificati; seguito dal trasporto e magazzinaggio (13,0%) e dalle attività del manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici, farmaceutici, stampa, industria alimentare) con l’11,9%; dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali) con il 10,2%; dal commercio all’ingrosso e al dettaglio con il 10,0%; dalle costruzioni con il 7,0%; dalle attività inerenti il noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (servizi di vigilanza, attività di pulizia, fornitura di personale, call center…) con il 4,2%, dai servizi di alloggio e ristorazione e dalle attività professionali, scientifiche e tecniche (dei consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale) con il 3,8% ciascuna; dalle altre attività dei servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…) con il 3,4%; dalle attività finanziarie e assicurative con il 2,6%.

 

 

In conclusione – evitando di saccheggiare ulteriormente le statistiche dell’Inail – risulta evidente che l’avvio delle vaccinazioni ha ridotto sia il numero degli infortuni da covid-19, sia il trend dei decessi, nonostante le riaperture di attività autorizzate dal 1° luglio da cui è derivato un maggior accesso nei luoghi di lavoro. Il dato trova conferma anche per quanto riguarda il numero degli infortuni da covid-19 sul totale degli infortuni sul lavoro. In generale, se nell’anno 2020 l’incidenza media delle denunce da Covid-19 sul totale di tutti gli infortuni denunciati è stata di una denuncia ogni quattro, nei primi otto mesi del 2021 si è scesi a una su dieci. Mentre il 68,5% dei contagi ha interessato le donne, il 31,5% gli uomini. Nei casi di esito mortale il rapporto si inverte: l’83,1% dei decessi ha interessato gli uomini, il 16,9% le donne.

 

Giuliano Cazzola

Membro del Comitato scientifico ADAPT

 

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