Politically (in)correct – Il Piano Colao meravigliao

Bollettino ADAPT 15 giugno 2020, n. 24

 

Succede sempre così. Ogni volta che si ricorre a persone competenti e ad esperti riconosciuti nella loro materia, quando viene il momento di prendere in considerazione le conclusioni del loro lavoro, l’establishment politico e sindacale, a partire dal governo che ha provveduto alle nomine, ringrazia ed archivia. Il primo governo Prodi fu molto prodigo di commissioni di eccellenza. La prima era presieduta da Paolo Onofri e annoverava tra i suoi componenti il migliore ‘’brain trust’’ dell’epoca (che è poi lo stesso di oggi) in materia di politiche di welfare. La Commissione Onofri produsse delle relazioni – suddivise per materia – di grande qualità, prefigurando una strategia di riforme della previdenza, dell’assistenza e della sanità che hanno orientato – non sempre in modo adeguato – gli interventi riformatori compiuti negli ultimi venticinque anni. Ancora oggi quei documenti sono fonte di ispirazione, tanto che il lavoro di quella commissione viene preso a riferimento anche dal recentissimo manifesto presentato da Tiziano Treu e da altri giuslavoristi. Questi testi, rimasti insuperati, vennero respinti nel giro di poche ore dai sindacati perché si azzardavano a proporre un aumento – ancorché graduale e flessibile – dell’età pensionabile. Stessa sorte ebbe il documento prodotto nel 1997 dalla Commissione Giugni (composta dal fior fiore dei giuslavoristi, inclusi Massimo D’Antona  e Marco Biagi) i merito alla riforma delle relazioni industriali, ben presto ignorato perché prevedeva l’eventualità di deroghe – le c.d. clausole d’uscita – da quanto previsto dalla contrattazione nazionale: un dibattito che è andato avanti per anni alla ricerca di una contrattazione di prossimità che, al di là degli omaggi rituali, non ha mai riscontrato un adeguato sviluppo. Non parliamo, poi, dei commissari alla spending review, che, quando non si sono dimessi perché avevano capito per tempo che il loro lavoro non sarebbe mai stato preso in considerazione nei disegni di legge di bilancio, hanno redatto illuminate proposte, corredate di slides con risparmi appresso, ospitate per qualche settimana sui media, poi dimenticate da Dio e dagli uomini. Anche se nel caso di Carlo Cottarelli hanno restituito al Paese un intellettuale di grande rigore e serietà che è divenuto un protagonista del dibattito sulle politiche pubbliche.

 

Durante la pandemia, la parola d’ordine è stata una sola, a partire dalla Presidenza del Consiglio, dai ministeri, dai governi regionali e comunali…. fino ai condomini e alle bocciofile (ancorché in quarantena). La madre di tutte le task force è stata quella presieduta da Vittorio Colao (ex ceo di Vodafone) la quale – autodefinitasi Comitato di esperti in materia economica e sociale – lavorando all’oscuro degli input del governo – ha prodotto una copiosa relazione intitolata ‘’Iniziative per il rilancio dell’Italia 2020-2022’’, articolata in sei gruppi di interventi e in numerose schede. Anche in questo caso le critiche sono piovute come pietre durante una frana. Ed è un peccato, perché il Piano contiene proposte che potremmo definire di microeconomia (forse anche di micropolitica), discutili ma concrete ed utili a compiere quei ‘’fatti’’ che vengo chiesti al governo mentre si sollazza con gli Stati generali dell’economia. Vediamo per proposte che riguardano il lavoro. Non aspettatevi di trovare delle linee guida per gestire l’intelligenza artificiale in rapporto all’occupazione, o l’indicazione di un nuovo modello di sviluppo; bisogna accontentarsi di piccoli ritocchi alla normativa vigente, che potrebbero essere molto utili alle imprese in questo momento difficile.

a) In primo luogo si invita il governo a tutelare le imprese dal rischio di responsabilità penale in caso di infortunio da covip-19. Ciò, in quanto l’adozione, e di poi l’osservanza, dei protocolli di sicurezza, predisposti dalle parti sociali (da quello nazionale del 24 aprile 2020, a quelli specificativi settoriali, ed eventualmente integrativi territoriali), costituisce adempimento integrale dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 del codice civile. Pertanto, il datore che adempie all’obbligo di sicurezza, nei termini di cui sopra, non andrebbe incontro nè a responsabilità civile nè a responsabilità penale, pur in presenza di un eventuale riconoscimento da parte dell’INAIL dell’infortunio su lavoro da contagio Covid-19. Peraltro – sottolinea il Piano – si è già previsto che gli infortuni da contagio Covid-19 non vengano contabilizzati per l’azienda ai fini dell’andamento infortunistico, e quindi non abbiano conseguenze sul piano dei premi assicurativi.

b) Per quanto riguarda l’aumento del costo del lavoro per le misure organizzative, o recupero di produzione, si tratterebbe di introdurre una defiscalizzazione temporanea delle maggiorazioni, previste dai contratti collettivi, per indennità di turni aggiuntivi e lavoro festivo o notturno, introdotte per adottare i protocolli di sicurezza ed attuare il distanziamento. Così come anche per quegli straordinari richiesti per recuperare la produzione persa nei mesi di blocco.

c) Relativamente allo sviluppo dello Smart Working nel mondo delle PA e delle imprese prima di implementare modifiche alla normativa vigente, nel breve periodo, si dovrebbe promuovere, nella PA come nelle aziende private, l’adozione di un codice etico dello Smart Working con specifica considerazione dei tempi extra lavorativi (tra i quali impegni domestici e cura della famiglia) e in ottemperanza alla L. 81/2017 (stesse ore lavorative e giornate come da contratto nazionale), con l’obiettivo di: (i) massimizzare la flessibilità del lavoro individuale, (ii) concordare i momenti di lavoro «collettivo» (da tenersi in orari standard, rispettando la pausa pranzo, i weekend e le regole previste per il lavoro straordinario), (iii) adottare sistemi trasparenti di misurazione degli obiettivi e della produttività al fine di valutare la performance sui risultati e non sul tempo impiegato (meno misurabile e non rilevante nel lavoro agile).

 

Molto importanti sono le modifiche proposte per l’utilizzo dei contratti a termine. Si tratta di allentare, in via temporanea, vincoli riguardanti la causalità dopo i primi 12 mesi, almeno per i contratti a termine in corso la cui scadenza sopraggiungerà entro il 2020, o appena scaduti dopo l’avvio del blocco. Si potrebbe ipotizzare che il periodo dall’inizio del blocco al 31 dicembre 2020 sia neutralizzato rispetto al maturare del limite dei 24 mesi complessivi, consentendo la prosecuzione per un periodo significativo dei contratti a termine in corso o appena cessati. Si potrebbe ipotizzare inoltre, per i contratti in scadenza entro il 31 dicembre 2020, la possibilità di un’ulteriore proroga degli stessi anche se è stato già raggiunto il numero di proroghe massime consentite, e comunque autorizzare la suddetta proroga eccezionale anche al di fuori delle condizioni (causali) previste dall’art. 19, comma 1 del Dlgs 81 del 2015. Tutto quanto qui previsto per i contratti a termine dovrebbe essere esteso anche ai contratti di somministrazione a tempo determinato. Su questo punto è necessario un chiarimento perché già il decreto Rilancio ha provveduto a derogare alle norme del decreto dignità. Ecco la norma:

Art.99 Disposizione in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine

  1. In deroga all’articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica da Covid-19, è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

 

La disposizione è chiara nella sua ratio. Come per tanti altri casi (estensione della cig, sospensione dei licenziamenti, ecc.) si tratta di una disposizione temporanea legata all’emergenza. E’ tuttavia importante che l’establishment governativo e di maggioranza non si sia imbattuto in qualcuno pronto a mettersi di traverso pur di non accantonare, per motivi politici, una norma che avrebbe avuto gravi conseguenze (anticipate rispetto a quelle che verranno) sull’occupazione. C’è il rischio, però, che le indicazioni del Piano Colao lancino l’allarme nel Campo di Agramante dei sindacati.

 

Vi è poi un’articolata proposta per l’emersione del lavoro nero. L’iniziativa si muove su un mix di premialità e sanzioni innovative: a. Sul piano della premialità, favorire la dichiarazione di lavoro nero, prevedendo: da un lato un meccanismo di sanatoria, per il pregresso, sulla scorta di quanto previsto nel decreto rilancio per l’emersione del lavoro irregolare degli immigrati in alcuni settori; dall’altro, un periodo medio di riduzione contribuzione e cuneo fiscale su retribuzione. b. Condizionare concessione benefici economici per sostegno imprese ad autodichiarazione, a valere quale autocertificazione assimilata a quelle di cui all’art. 46 DPR n.445/2000, in ordine alla assenza di lavoro nero, ovvero, con dichiarazione di emersione dei lavoratori irregolari presenti, con impegno ad avviare la procedura di emersione. c. Sul piano sanzionatorio, in caso di falsa dichiarazione, con accertamento della presenza di lavoro nero, ovvero di mancato perfezionamento della procedura di emersione per i lavoratori dichiarati, revoca dei benefici non ancora concessi o pervenuti, obbligo di restituzione di quelli già percepiti, con interessi, oltre alla sanzione penale per falsa autocertificazione nel primo caso. Naturalmente, il tutto in aggiunta alle ordinarie sanzioni previste per l’accertamento del lavoro nero. E’ forse questa la parte del Piano che ha suscitato più dubbi e opposizioni. Il che è singolare per un Paese che ha condiviso il progetto, lanciato dal ministro Giuseppe Provenzano, di erogare un bonus, durante il blackdown, anche per i lavoratori che operano nel sommerso.

 

Giuliano Cazzola

Membro del Comitato scientifico ADAPT

 

Politically (in)correct – Il Piano Colao meravigliao