Bollettino ADAPT 28 febbraio 2022, n. 8
Anche la tragedia dell’Ucraina può essere un’occasione per parlare di lavoro. Nei giorni scorsi, in un “fuori onda” ripreso nel corso di una nota rubrica televisiva, a qualcuno dei partecipanti è scappato detto che l’Ucraina è un popolo di camerieri, badanti e amanti. Poco prima avevo letto il IX Rapporto di Itinerari previdenziali (la Fondazione presieduta da Alberto Brambilla) dal titolo Un Bilancio del sistema previdenziale italiano, un contributo che ogni anno fornisce un quadro ampio della spesa sociale in tutti i suoi aspetti. Il principale merito è proprio questo: contenere una rassegna di tutti i comparti del welfare sul versante degli equilibri finanziari, delle prestazioni erogate, delle forme di finanziamento e degli effetti redistributivi.
Il Rapporto affronta, nel contesto delle politiche dell’assistenza, anche il settore della non autosufficienza e LTC (la Cenerentola del welfare nostrano), con l’obiettivo di addentrarsi nella “terra di nessuno” dell’assistenza out of pocket, a carico delle famiglie. Per costo della non autosufficienza si intende la differenza tra la spesa per assistenza domiciliare e residenziale e le componenti di spesa erogate da Stato ed Enti locali nonché le eventuali deduzioni e detrazioni fiscali di cui possono beneficiare i non autosufficienti o i loro cari. Come ricorda Itinerari previdenziali, oltre ai dati sulla non autosufficienza gestita dal settore pubblico, non esiste un valore ufficiale della spesa privata sostenuta da singoli e famiglie sia per i ricoveri nelle RSA sia per le cure a domicilio; ed è altrettanto difficile stimare il numero di assistenti familiari o caregiver professionali (o le badanti) regolari e non regolari e anche il numero di ore dichiarate, spesso molto al di sotto dell’impegno effettivo. Gli unici dati abbastanza consolidati sono:
a) i caregiver beneficiari della legge n. 104/92 nel 2019 sono 529 mila lavoratori, di cui 244 mila operanti nel settore pubblico e 258 mila nel privato; i benefici della legge n. 104/92 consistono nella possibilità di assentarsi dal lavoro fino a tre giorni al mese per assistere i propri congiunti con disabilità certificata;
b) gli italiani con più di 65 anni sono oltre 13,8 milioni e quelli con più di 75 anni sono 7.058.755, l’11,7% del totale della popolazione; tra gli ultra 75enni, il 60% sono donne che per il 50% circa vive da solo, il 29% in coppia mentre il 21,7% degli uomini vive solo e il 68% in coppia.
Per stimare i numeri e i costi della non autosufficienza, il IX Rapporto ha adottato i seguenti parametri: dei 2,5 milioni digli ultra 65enni non autosufficienti in Italia quelli ospitati presso strutture residenziali nel 2018 erano circa 312 mila4 per un costo medio stimato di residenzialità per le RSA, di 2mila euro al mese (24mila euro annui) che moltiplicato per 312 mila assistiti dava un totale di 7,488 miliardi di euro.
Per quanto riguarda invece la spesa per l’assistenza domiciliare, nel 2020 i lavoratori domestici sono stati 920.722 contro gli 848.987 dell’anno precedente. In generale, secondo INPS (Statistiche in breve, giugno 2021), l’aumento dei lavoratori domestici (pari a un + 7,5% rispetto al 2019) è principalmente dovuto a due fattori: 1) la necessità di instaurare rapporti di lavoro regolari per consentire lo spostamento del lavoratore nel periodo di lockdown; 2) la spinta verso l’emersione dell’irregolare in forza del DL 34/2020. Del numero totale di lavoratori domestici, di cui il 47,53% (47,99% nel 2019) costituito da 437.663 badanti, 30 mila in più circa rispetto al 2019. La crescita del numero di “badanti” regolari nel 2020 registrava dunque un + 6,5%. Il numero di badanti irregolari, secondo le più aggiornate stime del 2020 si aggirava intorno alle 600mila unità, 100mila in meno rispetto al 2019 per i motivi suddetti. Pertanto, i calcoli vengono realizzati considerando le seguenti fonti di spesa:
– la prima è relativa al costo sostenuto dalle famiglie italiane per le “badanti” assunte regolarmente. Stimando un costo medio per singola badante regolare di 19mila euro (compresi TFR, contributi e ferie), a cui si aggiunge un costo di circa 10mila euro annui per le assistenti familiari irregolari che sostituiscono le regolari nei giorni di riposo e periodi di ferie, si ottiene una spesa per assistenza domiciliare “regolare” stimata in 12,69 miliardi di euro;
– la seconda è relativa all’esborso corrisposto per le “badanti irregolari”, impiegate a tempo pieno: supponendo una retribuzione annua di 22mila euro (tutto compreso, senza calcolare vitto e alloggio che solitamente, per comodità, sono offerti dalle famiglie) per 600mila badanti, si ottiene un importo della spesa di 13,2 miliardi di euro. Sommando i costi delle RSA e delle “badanti” sia regolari sia irregolari si ottiene un totale di spesa lorda di singoli e famiglie per assistenza domiciliare e residenziale di 33,380 miliardi di euro. Per ottenere il valore della spesa netta, secondo il Rapporto, a tali voci si devono sottrarre:
a) gli assegni di accompagnamento pari, per il 2020 a 520,29 euro al mese per un totale annuo di 6.243,48 euro, percepiti da 1.082.229 anziani non autosufficienti per un importo complessivo di 6,75 miliardi; a questi si devono aggiungere gli importi delle pensioni di invalidità civile 3.982.678 il 50% delle quali si stima siano a beneficio dei non autosufficienti per un importo di 1.991 miliardi;
b) il sostegno regionale voucher a integrazione del canone mensile delle rette per RSA pari in media a circa 10mila euro annui (per circa la metà dei 312 mila anziani in RSA, come stimati sopra) per un importo di 1,56 miliardi. Ci sono poi altre deduzioni e detrazioni fiscali legate, ad esempio, a spese di ristrutturazione delle abitazioni per adeguarle alle esigenze delle persone con disabilità, apparecchiature per la salute e per la mobilità.
In totale, la spesa netta, depurata dei benefici di legge (pari, secondo la stima, a 10,3 miliardi) è di 23,07 miliardi di euro; da questo importo sono esclusi i costi per l’assistenza sanitaria, la farmaceutica e tutto il necessario per il vivere quotidiano degli anziani. Che cosa c’entra l’Ucraina con tutto questo? Gli ucraini residenti in Italia sono 236mila circa. Se è vero che molti di loro sono “badanti”, i dati del Rapporto di Itinerari previdenziali non lasciano dubbi: il lavoro che svolgono è una componente essenziale del welfare all’italiana per quanto riguarda le persone non autosufficienti o comunque bisognose di assistenza nella vita quotidiana. Certo, i c.d. badanti non sono tutti ucraini, ma la larghissima prevalenza sono stranieri comunitari ed extracomunitari. Quanto ai camerieri ci basti ricordare il caso dell’Ascom-Confcommercio di Bologna che ha lamentato almeno un migliaio di posti vacanti nei servizi che le aziende dell’area metropolitana non sono in grado di trovare. L’associazione è giunta al punto di promuovere una iniziativa Sos Lavoro per dare la possibilità a chi lo desidera di candidarsi. Non è richiesta una competenza specifica, visto che l’ente della formazione dell’Ascom ha stipulato un accordo, a questo scopo, con l’Agenzia Randstad e con un progetto promosso dalla Curia. Siano dunque benvenuti i camerieri e le badanti (risulta però che in questi frangenti qualcuno provi di rientrare in patria per fare ciò che crede essere il proprio dovere). Quanto alle amanti, rispettiamo la privacy. Ma siano benvenute anch’esse.
Membro del Comitato scientifico ADAPT