Michele Faioli (Secondo Tempo, 18 marzo 2022)
Ci si affeziona profondamente ad alcuni professori che non si è avuto la possibilità di conoscere. Tra questi professori, nella mia esperienza, c’è Marco Biagi che, ahimè, ho conosciuto solo tramite i suoi scritti accademici, le sue elaborazioni di politica del diritto del lavoro e il contatto con alcuni suoi allievi.
Biagi parlava di futuro. Sapeva il significato di transizione. Aveva elaborato una serie di teorie sulla transizione verso il futuro. Biagi aveva gli occhi puntati sull’organizzazione del lavoro e aveva compreso che da essa si parte per riformare il diritto del lavoro: cambiando l’organizzazione, debbono cambiare le norme che regolano il lavoro. Biagi aveva intuito che c’è una certa obsolescenza delle norme che non deriva dal fatto temporale, ma dalla velocità con cui le fabbriche cambiano pelle per adeguarsi alla competizione globale. Per ripetere un concetto elaborato da G. Giugni, è il diritto del lavoro che si adatta alla trasformazione tecnologica. Non è vero il contrario…
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