Non confondiamo le lucciole con le lanterne (come si diceva una volta prima che l’inquinamento ci privasse di quei miracoli della natura che erano le lucciole). La scorsa settimana, a fronte della predisposizione del decreto riguardante l’attuazione di quanto previsto dall’articolo 19 della legge di stabilità per il 2016 in materia di part time lavoro/pensione, in tanti si sono precipitati a rappresentare la norma di carattere sperimentale (con un modesto finanziamento per tre anni, per di più ad esaurimento) come una sorta di primi passo verso l’agognato traguardo della flessibilità del pensionamento.
In sostanza, come se si trattasse della flessibilità consentita sulla base delle risorse disponibili. In verità, basterebbe prestare attenzione al titolo della norma (che si riferisce all’invecchiamento attivo) per rendersi conto di avere a che fare con scelte e prospettive diverse. Dove sta scritto che quanti decideranno di avvalersi del part-time – uomo o donna che siano – lo faranno in una logica di male minore rispetto alla (in)possibilità di varcare la soglia della pensione? Quali considerazioni stanno a dimostrare che questa forma di invecchiamento attivo sia in realtà un’uscita di sicurezza rispetto alla quiescenza?
Questa soluzione, quindi, non è pensata come se fosse la flessibilità “che passa il convento”, ma come una scelta di vita diversa compiuta da chi intende uscire gradualmente dal mondo del lavoro senza rimetterci troppo sullo stipendio e sulla pensione. In sostanza, il soggetto che va in pensione anticipatamente, anche a costo di subire un piccolo taglio nell’importo dell’assegno, è una persona che vuole smettere di lavorare (almeno come ha fatto fino al giorno prima). Colui che si ingegna per ottenere il part time lavoro/pensione è una persona che vuole distaccarsi gradualmente dal lavoro. La sfida che l’Italia, al pari degli altri Paesi sviluppati e ‘’in sonno’’ sul piano demografico, dovrà affrontare non è quella di aprire le porte del pensionamento a persone ancora in grado di lavorare per anni, bensì quella di creare le condizioni – in termini di organizzazione del lavoro, di politiche attive, di strumenti di welfare, di soluzioni contrattuali – affinché i c.d. anziani (che tali non sono più) siano in grado di prolungare la propria vita attiva. Il decreto Poletti, pertanto, è un primo passo, benché – come vedremo – ancora modesto. Vanno salutate con favore, certamente, le “buone pratiche” che si pongono questo obiettivo. Tra queste (e sono veramente poche) merita una segnalazione il draft curato da Link Campus University (Autori vari) dal titolo: Active ageing ed Unione europea: il quadro e le misure di riferimento.
«Le ragioni della centralità delle politiche e delle misure per l’invecchiamento attivo nel sistema italiano − riassumono gli autori − sono davvero molteplici e riguardano:
- l’aspetto occupazionale e dell’aumento della popolazione attiva, nella necessità di favorire la permanenza al lavoro, sostenere un più alto tasso di occupazione, sostenere il rientro al lavoro dei disoccupati adulti, favorire il passaggio generazionale ed il trasferimento dei saperi, soprattutto nell’ambito delle attività legate alla dimensione artigiana del made in Italy.
- L’aspetto finanziario e previdenziale, per sostenere un miglior equilibrio tra persone attive ed inattive, occupati e ritirati dal lavoro e favorire un’uscita morbida e progressiva dall’attività lavorativa.
- L’aspetto sociale e culturale, per mantenere attiva la popolazione il più a lungo possibile, sostenere la formazione continua e l’apprendimento permanente per i lavoratori, promuovere il welfare aziendale e sostenere l’attivazione e l’impegno per la comunità e la società dei pensionati».
Il draft, come riportiamo di seguito, passa sinteticamente in rassegna la legislazione e le iniziative vigenti, in tema di invecchiamento attivo, in alcuni dei principali Paesi europei.
FRANCIA
Ci sono due schemi, il primo prende il nome di Retraite progressive. In Francia dopo il pagamento delle 150 rette trimestrali necessarie ad accedere alla pensione e al raggiungimento dei 60-62 anni di età, qualora il lavoratore decidesse di rimanere nel mondo del lavoro – anche part-time, può accedere a parte della pensione, continuando a maturare interessi per quando deciderà di ritirarsi completamente dal mondo del lavoro. Il secondo invece e il Cumul emploi-retraite, ovvero un altro schema che combina lavoro e pensione, permettendo cosi al lavoratore di ricevere lo stipendio dal lavoro e allo stesso tempo la pensione (es. se un neo-pensionato decide di ritornare al lavoro, può farlo e comunque continuerà a ricevere la pensione mensilmente).
GERMANIA
La pensione può essere raccolta completamente (Full pension, Vollrente), parzialmente (partial pension, Teilrente) nella forma di un terzo o di due terzi della pensione.
Nel caso in cui il pensionato (che percepisce la Vollrente) continui a lavorare e percepisca più di 450 € al mese, la pensione verrà ridotta a seconda delle entrate finanziare dell’impiego svolto.
SVEZIA
La pensione può essere ritirata al 25, 50, 75 e 100%. Non vi sono regole definite in materia di lavoro dopo la pensione. Il 64.2% dei lavoratori di età tra i 60 e 64 sono impiegati, questo dato scende ai 19.2% tra i 65-69. Il lavoratore può scegliere di andare in pensione tra i 61 e i 67 anni (qualora il datore di lavoro sia d’accordo il lavoratore potrà continuare a lavorare anche dopo i 67 anni). La pensione sarà più alta se il lavoratore decide di ritirarsi dal lavoro più tardi. Se il pensionato lo desidera, è possibile ricevere tutto il fondo pensionistico immediatamente oppure mensilmente.
L’Italia e quindi chiamata a recuperare i propri ritardi e a introdurre la logica dell’invecchiamento attivo nelle proprie scelte, riformando la normativa e le misure, nonché le competenze e le responsabilità istituzionali, alla stregua di quei paesi come la Germania o l’Olanda (dove nel 2050 il 52% della popolazione avrà più di 65 anni) che sono stati in grado di affrontare questa fase di crisi sostenendo l’invecchiamento attivo come asse strategico e componente fondamentale di una più ampia azione, per la promozione dello sviluppo umano.
In verità, però, anche nel BelPaese sono presenti talune esperienze “dedicate”, messe in evidenza nella ricerca soprattutto per quanto riguarda le esperienze aziendali. Il draft indica di seguito un elenco di aziende che attuano politiche di age management, sia operanti in Italia che in Europa (per la maggior parte):
BOSCH
Dal 1999 è attivo il programma Bosch Management Support (BMS) nelle sedi europee della Germania, Austria e GB, e in quelle extraeuropee degli USA, Brasile, Giappone e India.
Partendo da un’ottica di “peer to peer”, il programma si pone il duplice obiettivo di preservare il know-how aziendale di cui sono portatori le risorse over (che in Bosch sono considerate quelle over 65) e motivare il personale senior, agevolando un cambiamento di mansioni che agevoli la transizione, attraverso la creazione di mixed-age teams per la creazione e il successivo lancio di nuove linee di produzione, e la formazione di gruppi di lavoro nei quali i senior, anche in pensione, dietro compenso (a partire dal 2008, Bosch ha stilato una lista di circa 1500 ex dipendenti altamente qualificati, richiamati all’occorrenza come consulenti per brevi periodi di tempo e per specifici progetti), collaborano alla formazione dei nuovi assunti, alla riorganizzazione dei dipartimenti e alla supervisione dei reparti produttivi, soprattutto durante i lanci delle nuove produzioni.
A loro volta, se ancora attivi in azienda, gli over 65 ricevono una formazione concreta sui nuovi software e l’utilizzo delle nuove tecnologie (peer to peer).
Il successo del programma e dimostrato dall’attivazione, nel 2013, di oltre 1000 progetti con oltre 1600 lavoratori coinvolti, che lavorando nei mixed age teams hanno lavorato a nuove linee di prodotto altamente tecnologiche.
BULGARI
Qui e attivo, sempre in sedi extraeuropee, il progetto del Mentoring, che prevede la creazione la creazione di progetti ad hoc da svolgere in tandem, con la figura senior che fa
da formatore per la figura under 30.
IKEA
La multinazionale dell’arredamento low-cost attua forti politiche di Active Ageing e Age Management in tutte le fasi del rapporto lavorativo, dal recruitment fino al consolidamento.
– Recruitment: le inserzioni di lavoro specificano espressamente che gli annunci sono rivolti a tutti , dagli studenti/neolaureati, ai pensionati /lavoratori senior, che intendono rientrare nel mondo del lavoro o semplicemente cercano entrate extra.
– Jobcentre Plus: nella sede di Cardiff (UK) Ikea collabora al programma inglese “Jobcentre Plus” che favorisce lo sviluppo di opportunità lavorative, nell’ottica del work balance, convinta che l’esperienza dei senior si di sostegno e funga da ponte per
le nuove generazioni di dipendenti.
SPI@LEARN
Sviluppo dei servizi per l’impiego, programma anch’esso attivo a Cardiff, che valorizza le competenze interprofessionali dei senior, concepite non come formazione per i neoassunti, ma come sistema fondamentale per fidelizzare la clientela e migliorare i rapporti in forza delle competenze acquisite dai lavoratori più maturi.
VOLKSWAGEN
A partire dal 2008, in Germania, si e cominciato a richiamare gli ex dipendenti, altamente qualificati, in pensione, per reinserirli in azienda nel ruolo speciale di formatori per i nuovi assunti, al posto di nuovo personale, che seppur qualificato anch’esso, ha il deficit di non conoscere l’azienda e non aver mai vissuto la sua realtà.
Punti di forza di queste politiche attive rivolte al personale senior sono:
– facilita di adattamento e re-inserimento, in quanto conoscono l’ambiente e la sua cultura;
– conoscenza delle procedure e del know-how aziendale;
– disciplina derivane dall’esperienza e lealtà nei confronti dell’azienda;
– forte apprezzamento da parte dei colleghi più giovani.
Volkswagen ha ispirato numerose altre aziende, che hanno seguito dopo di lei queste politiche; in primis Bosch (vedi sopra), Gruppo Otto, leader nell’e-commerce, che richiama come formatori esterni gli ex dipendenti, e BMW, che utilizza la formazione e la conoscenza dell’azienda da parte dei senior come migliori tecniche di formazione.
SKODA
(gruppo Volkswagen dal 1991), con un numero di lavoratori senior (fino agli over 60 ) pari a
circa 6000 unita.
– Programma 50+ , ideato con l’obiettivo di non disperdere il potenziale derivante dall’esperienza, dalle competenze e dalla maturità del personale senior:
– dopo 30 di attività, il lavoratore acquista il “senior worker status” che comporta l’automatico spostamento in una posizione diversa più adatta alle capacita del dipendente e un adeguato aggiustamento di stipendio;
– i lavoratori senior, come ricompensa del lavoro in età avanzata, maturano il diritto a un giorno di ferie retribuito più giorni extra (per anno solare ) pi 14 giorni destinati alla fruizione di un soggiorno in Spa;
– creazione di appositi luoghi di lavoro protetti, all’interno degli stabilimenti automobilistici ideati per offrire ambienti di lavoro adeguati ai lavoratori con specifici problemi di salute (non solo dovuti all’età).
– Skoda Check -up: programma ideato e pensato essenzialmente per la sicurezza e la salute dei dipendenti, che prevede programmi di particolare assistenza sanitaria e sociale.
– Formazione continua per i dipendenti e previsione di apposite opzioni di flessibilità lavorativa, modulate sulle esigenze dei dipendenti.
In Italia, le aziende che hanno recepito più nello specifico questo tema sono Vodafone, Loccioni, Philips, ABB e STMICROELETRONICS, Telecom, Luxottica e Unicredit.
VODAFONE
Dal 2012 e stato attivato il progetto TWO+, che ha coinvolto 128 coppie, formate da un senior e un neoassunto. Ogni progetto ha la durata di un anno ed e suddiviso in 2 fasi della durata di sei mesi ciascuna: nella prima, il lavoratore senior, detto IL BUDDY, forma e trasferisce le competenze ai neoassunti (la c.d. Vodafone Way) che a loro volta nella seconda fase, formeranno il Buddy su nuove tecnologie e nuove tecniche lavorative.
LOCCIONI
Negli stabilimenti di Ancona e attiva la SilverZone, un progetto che punta sul valore delle competenze e delle esperienze, considerando l’età un fattore di scarsa importanza se confrontato le competenze costruite operando concretamente nel corso degli anni. Il SilverZone Network e basato sull’idea del “mentorship program” nel quale il professionista, in pensione, affianca i nuovi impiegati nella gestione di nuovi e innovativi progetti, combinando nuove tecnologie ed esperienza. Nella SilverZone sono impiegati professionisti altamente qualificati, non necessariamente provenienti solo da Loccioni, valorizzando in questo modo la figura del lavoratore senior al 100%, prescindendo dall’azienda di provenienza.
STMICROELETTRONICS
Qui troviamo l’attivazione delle “quote argento” e “technical staff” che prevedono rispettivamente, una riserva di posti per gli over 50 in fase di selezione e reclutamento, considerati risorse da non perdere, in virtù della esperienza acquisita e dell’alta professionalità nel settore di competenza, e la creazione di gruppi di lavoro di 140 unita con età, competenze e talenti diversi, al fine di condividere esperienza e formazione da un lato e innovazione dall’altro.
PHILIPS
Nel 2014 e stata annunciata la partenza del programma “You@Philips” incentrato sui lavoratori senior, con l’obiettivo del “peer to peer coaching”, nel quale la formazione dei senior (in Philips gli over 50) da parte degli under 30 e accompagnata dalla diffusione e dalla trasmissione del know-how derivante dall’esperienza. Fondamentale anche il ruolo delle Philips University che si occupano della formazione e del training dei lavoratori senior, nel settore delle nuove tecnologie digitali.
ABB
Attivazione di un programma di “Reverse Mentoring”, in un’ottica di formazione reciproca tra senior e neoassunti.
TELECOM
Il problema dell’active ageing e molto “sentito” essendo oltre il 50 % dei dipendenti over 50
(fonte Telecom.it).
– Laboratorio Working Age, in collaborazione con al fondazione Solidas per analizzare ed approfondire i rapporti intergenerazionali nelle aziende.
– analisi dei punti di fora degli over: forte senso di appartenenza, produttività, versatilità, know-how aziendale ed esperienza
– analisi dei punti di debolezza: mancanza di competenze linguistiche e informatiche, elevati costi di gestione e mantenimento.
– Programma “Io imparo, l’azienda è con te”, attivo dal biennio 2012/13 dedicato alla formazione dei dipendenti, tramite la possibilità di iscriversi e frequentare, a spese dell’azienda, corsi di laurea c/o Università Telematica Uninettuno, che ha coinvolto oltre 1500 dipendenti (dato 2012)
– Progetto “Navigare Insieme” , in collaborazione con il MIUR, che consente ai senior di apprendere dai più giovani le principali nozioni informatiche di base, tramite l’attivazione delle “palestre informatiche”, dove volontariamente i dipendenti junior hanno formato gli over 50, anche in un’ottica di scambio di competenze e conoscenze.
– Maestri di Mestiere, formato da dipendenti Telecom altamente qualificati che divulgano le proprie competenze in collaborazione con professori di licei selezionati sul territorio, con l’obiettivo di creare “ una sinergia tra aziende, scuole, Maestri di Mestiere, professori e studenti, valorizzando i migliori studenti, allineando i programmi scolastici alle esigenze delle aziende.
– Virtual Work Space, intranet aziendale rivolta agli scambi generazionali interni – Strategie di Welfare, volte a migliorare la qualità della vita lavorativa dei dipendenti anziani:
– Aree benessere, presenti nelle sedi di Roma, Palermo e Padova
– disbrigo pratiche burocratiche, 38 sportelli presenti in varie sedi (Torino, Milano, Venezia, ecc…) che consentono il disbrigo delle principali pratiche amministrative direttamente in azienda;
– People Caring, servizio di counseling offerto da professionisti esterni per sanare eventuali situazioni di disagio.
LUXOTTICA GROUP
– Maestri del Lavoro, titolo riservato attualmente a 30 over 55, con almeno 25 anni di servizio all’interno dell’azienda, decorati con la Stella al Merito dal Presidente della Repubblica, che si sono distinti per preparazione e competenza tecnica e attaccamento all’azienda.
– Con il nuovo contratto integrativo, Luxottica ha previsto iniziative a sostegno dell’Ageing:
– rimodulazione delle mansioni dei dipendenti over 55 sulla base di specifiche esigenze personali e di salute;
– ampie forme di flessibilità nella gestione delle presenze;
– riconoscimento di forme di collaborazione part-time;
– prevenzione sanitaria e assistenza in caso di gravi patologie.
– integrazione anche fino al 100% della retribuzione per i dipendenti assenti da oltre 180 giorni per gravi malattie
– iniziative di formazione continua, sia rivolte agli over che agli under 50, con la previsione di borse di studio per dipendenti e familiari correlate all’attività dell’azienda.
UNICREDIT
– Progetto Over 55 – Essere Senior in Unicredit, partito a novembre 2013, ha coinvolto gli oltre 14.000 dipendenti over 55 presenti nei vari settori dell’azienda, tramite la compilazione di questionari
– Work life Balance, per contemperare gli interessi e le esigenze dell’intera popolazione aziendale, supportando lo scambio generazionale;
– valorizzazione e riqualificazione delle competenze degli over experienced;
– formazione continua (tutoring) che punti sul rafforzamento delle competenze consolidate e sullo sviluppo di quelle nuove, in conformità anche alle nuove tecniche ed esigenze del mercato;
– mentoring e reverse mentoring
– aggiornamento tecnologico e IT
– laboratori formativi ad hoc
– bilanciamento tra lavoro e vita privata (flessibilità oraria, telelavoro).
Come si può osservare (ancorché si tratti di iniziative poco conosciute) sono coinvolte in queste esperienze grandi imprese, spesso con una dimensione multinazionale. Questa constatazione ci induce a ritenere che il vero limite della norma sia un altro, anche se ignorato nel dibattito: il vincolo dell’accordo con il datore di lavoro il quale probabilmente non avrà interesse ad assecondare i dipendenti che optano per tale soluzione, soprattutto in una piccola impresa. L’argomento è senza dubbio delicato, ma certamente sarebbe stato più opportuno – anche rispetto al carattere sperimentale dell’iniziativa – riconoscere ai lavoratori il diritto ad optare per la soluzione prevista, ad eccezione delle aziende con un limitato numero dei dipendenti, in cui confermare la necessità dell’intesa con il datore di lavoro. Molto meglio, comunque, quanto previsto in un decreto del jobs act con riguardo alla possibilità di inserire il part time dei lavoratori vicini alla pensione nel contesto di un accordo di solidarietà espansiva condizionato alla corrispondente assunzione agevolata di giovani. All’interno della stipula – a livello aziendale da parte delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative – di un “contratto di solidarietà espansiva” sarà possibile anche consentire una forma di pensionamento anticipato per quei lavoratori “che abbiano una età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di 24 mesi e abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia”.
Ma procediamo con ordine. Che cosa deve prevedere il contratto di solidarietà espansiva? Una riduzione stabile dell’orario di lavoro con la conseguente riduzione della retribuzione a fronte della contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale. In questo caso, ai datori di lavoro è concesso, per ogni lavoratore assunto e per ogni mensilità di retribuzione, un contributo (a carico della GIAS-INPS) pari al 15% della retribuzione contrattuale che, per ciascuno dei due anni successivi, si riduce rispettivamente al 10% e al 5%. Per i lavoratori in età compresa tra i 15 e i 29 anni, per i primi tre anni e non oltre il 29°anno di età, la sola quota di contribuzione a carico del datore è dovuta in misura corrispondente a quella degli apprendisti (non potrebbe essere questa un’ulteriore forma di “cannibalizzazione” dell’apprendistato?). Sono previste esclusioni dal beneficio nei casi in cui il datore nei mesi precedenti abbia adottato misure di riduzione del personale o di sospensione del lavoro. Come abbiamo anticipato, è in tale contesto che la contrattazione collettiva, con la medesima finalità di aumentare l’occupazione, può definire forme di “atipiche” di prepensionamento a condizione che gli interessati, a loro domanda, “abbiano accettato di svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà dell’orario praticato prima della retribuzione convenuta nel contratto collettivo”. Dunque, un mix lavoro (a part time)-pensione, legato a nuove assunzioni. Limitatamente al periodo di anticipazione, il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione nel limite massimo della “somma corrispondente al trattamento retributivo perso al momento della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale”.
Se è più conveniente rispetto al calcolo della pensione, è “neutralizzato” il numero delle settimane a part time.
Membro del Comitato scientifico ADAPT
Docente di Diritto del lavoro UniECampus