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Bollettino ADAPT 2 maggio 2022, n. 17
Il primo maggio è sempre un’occasione speciale per riflettere sulle sfide per il lavoro, in attesa di una normalizzazione che potrebbe essere molto diversa dal passato, a causa delle trasformazioni che rendono il mondo del lavoro sempre più complesso e imprevedibile. Ma quest’anno è anche l’occasione per fare il punto, fra uno stato di emergenza e l’altro: con un bilancio consuntivo sull’impatto del Covid-19, all’indomani della prima tappa di fine emergenza sanitaria; con un bilancio preventivo sulle ricadute della guerra in corso in Ucraina, cioè dentro l’Europa.
Nel primo caso, con la sperimentata accelerazione della trasformazione digitale, rappresentata simbolicamente dal lavoro a distanza o dall’idea di smart working. Nel secondo caso, con la prevista accelerazione della svolta green, cioè della trasformazione ecologica e ambientale. In entrambi i casi, nel contesto italiano di un inverno demografico, cioè di un aumento dell’età media della popolazione (e della forza lavoro), e, a livello globale, di un riposizionamento delle catene del valore. In entrambi i casi, con l’incognita dei saldi delle transizioni occupazionali fra chi resta fuori e chi ha opportunità di entrare nel mondo del lavoro dignitoso.
A conti fatti, entrambe le tragedie amplificano le criticità, tradizionali e strutturali, della nostra economia che rendono fragile il lavoro. A partire dall’insufficiente occupazione femminile e giovanile; per proseguire con la crescente precarizzazione dell’occupazione meridionale e degli stranieri, per finire – a ridosso della giornata mondiale per la salute nei luoghi di lavoro e della visita friulana di Mattarella – alla crescente insicurezza sul lavoro.
Non c’è dubbio, a seguito della pandemia, gli interventi a sostegno dell’occupazione sono stati numerosi e ingenti. Ma, come d’abitudine, con una netta prevalenza delle politiche passive aventi un orizzonte di breve respiro (e di alto costo), rispetto a quelle attive di stimolo, rilancio e riqualificazione occupazionale. Non sorprende, quindi, l’attuale crescita delle diseguaglianze, con il ristagno o il peggioramento delle condizioni lavorative dei segmenti più svantaggiati sul mercato del lavoro, al punto da alimentare la preoccupazione di una nuova questione sociale che potrebbe frenare le prospettive di una crescita sostenibile e inclusiva.
Anche l’invasione dell’Ucraina lascerà un segno pesante, non solo sul piano umanitario, specie in Friuli Venezia Giulia, come risulta dalle prime anticipazioni della sede triestina della Banca d’Italia. Dopo una fase calda, di grande recupero economico, l’estremo territorio di nord-est risulta ora (più delle altre regioni) esposto al forte raffreddamento da venti di guerra. La maggior esposizione dipende da un intreccio di fattori: le caratteristiche geo-economiche, con una significativa quota di esportazione/importazione verso/dai Paesi in conflitto; la significativa rilevanza della filiera dell’acciaio; la presenza di settori produttivi molto energivori.
Tali caratteristiche determinano una sorta di circolo vizioso che penalizza l’intero Paese e ci espone a prevedibili rialzi dei prezzi e ai rischi di inflazione, senza più la possibilità di manovre nazionali sul fronte monetario. Il tutto può determinare ricadute in termini di perdita del potere d’acquisto dei salari e il conseguente impoverimento del lavoro, che ricalca una situazione già grave del nostro Paese. Non c’è dubbio, pertanto – come sostenuto in questi giorni dal Ministro Orlando – che la questione salariale in Italia è la numero uno. Invece, sorge qualche dubbio sulle ricette proposte, ma stonano le vivaci polemiche.
La spiacevole sensazione è che la questione stia passando di mano: dalle relazioni industriali alla politica, in vista del prossimo rinnovo non dei contratti collettivi, bensì del Parlamento. Invece, in un clima stralunato – di una guerra sempre più invadente e di un virus che continua a circolare – per governare la crisi sarebbe auspicabile riscoprire il percorso di dialogo fra governo, imprese e sindacati già sperimentato nella fase acuta della pandemia e nella storica stagione della politica dei redditi.
Marina Brollo
Ordinaria di diritto del lavoro
Università degli Studi di Udine
@MarinaBrollo
*Pubblicato anche su Il Messaggero Veneto, 1° maggio 2022, p. 1