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Bollettino speciale ADAPT 25 gennaio 2021, n. 3
Se si tiene conto della sua origine, in una situazione del tutto eccezionale come quella causata dall’insorgenza della pandemia, il blocco dei licenziamenti non può essere sbrigativamente condannato come misura in sé sbagliata. Una cosa tuttavia è ricorrere a una misura così drastica per gestire l’impatto di una emergenza sanitaria, altra cosa è fronteggiare le conseguenze per imprese e lavoratori di una situazione che oggi non può più certo qualificarsi come evento imprevisto visto che il Covid-19 è con noi da più di un anno ed è destinato a condizionare le nostre vite ancora a lungo.
Condannabile e controproducente è in effetti la gestione ancora del tutto emergenziale e con navigazione a vista delle conseguenze della pandemia sul mercato del lavoro e dunque l’assenza di una visione e strategia di sistema per il medio lungo periodo che non può essere la pura difesa di un esistente destinato a non tornare e che certo non può essere fittiziamente tenuto in vita ancora per molto. Il ritardo accumulato dal nostro Paese nella strutturazione di meccanismi di governo dei mercati del lavoro transizionali (ritardo invero ben precedente alla pandemia) farà ora sentire tutto il tuo peso nella competizione internazionale e richiede di affrontare la situazione con realismo e consapevolezza delle conseguenze strutturali sul mercato del lavoro che vanno fronteggiate subito e con determinazione senza aspettare che il problema si aggravi ancora di più.
Che fare quindi ora? Proseguire in direzione di una nuova proroga del blocco? Una proroga si può comprendere sulla base di motivazioni politiche, ma non certo in chiave di ragioni di vera giustizia sociale. E questo perché è sotto gli occhi di tutti che il blocco dei licenziamenti non ha difeso i gruppi sociali più colpiti dalla pandemia. Senza far riferimento alle patologie del nostro mercato del lavoro (in primis il sommerso) pensiamo alla sorte dei lavoratori con contratti a tempo determinato, che non sono stati rinnovati, e altre forme di ingresso nel mercato del lavoro, come i tirocini. Complessivamente poi sappiamo già dai dati Istat quali sono stati i segmenti più colpiti: donne, giovani, lavoratori temporanei e autonomi. Diverso quindi sarebbe, in termini di metodo, se la proroga venisse avanzata all’interno di un patto tra le parti sociali volto ad affrontare tutti i problemi del mercato del lavoro del post pandemia, che sono non solo i problemi dei lavoratori ma anche del sistema delle imprese a condizione ovviamente di comprendere che quest’ultimo non può essere banalmente confuso con l’interesse al profitto del singolo imprenditore.
Ordinario di diritto del lavoro
Università di Modena e Reggio Emilia