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Bollettino ADAPT 28 settembre 2020, n. 35
Con l’incontro di giovedì 24 settembre si è aperto ufficialmente il confronto sullo smart working tra il Ministero del lavoro e le parti sociali, in vista di una riforma della l. n. 81/2017, in materia di lavoro agile, dopo che la situazione di emergenza ha portato, in quasi tutti i settori, a un utilizzo estremamente ampio di tale modalità di lavoro. In attesa di osservare gli sviluppi del dibattito nazionale e di scoprire quali saranno i punti qualificanti di un eventuale intervento del legislatore, può essere utile volgere lo sguardo verso altri Paesi, per confrontare le situazioni di partenza e osservare il ruolo delle parti sociali nella progettazione del futuro del lavoro a distanza.
In riferimento al contesto francese, nel corso della fase più acuta dell’emergenza Covid-19, il governo, non ha dovuto procedere a specifici interventi normativi volti a facilitare l’implementazione del télétravail (definito dall’articolo L. 1222- 11 del Code du Travail), dato che lo stesso art. L. 1222-11 considerava già imperativa, di fronte a circostanze eccezionali (quali, appunto, la minaccia di un’epidemia) l’imposizione da parte del datore di lavoro del télétravail senza il consenso del lavoratore, al fine di adempiere all’obbligo di tutela della salute e della sicurezza, ogni qualvolta la postazione di lavoro lo consenta (per approfondire si veda G. Pigni, Il lavoro da remoto come misura necessaria per affrontare l’emergenza Covid-19 Le scelte dei governi in Europa e negli Usa, WP ADAPT n. 14/2020). Tuttavia, l’utilizzo senza precedenti di tale modalità di lavoro, ha posto anche in questo caso la necessità di trarre un bilancio condiviso dell’esperienza e progettare eventuali prossimi passi a livello di regolamentazione del fenomeno. In questi termini, il dibattito tra le parti sociali, ben riassunto da un articolo apparso il 22 settembre sul sito di Libération, aiuta a comprendere come la questione vada ben oltre un semplice resoconto di questi mesi di lavoro a distanza ma implichi una più ampia discussione su quale possa essere il “futuro” del télétravail.
Le posizioni delle associazioni datoriali e dei sindacati appaiono estremamente lontane. Da un lato, infatti, MEDEF e CPME (tra le principali organizzazioni datoriali francesi) ritengono sufficiente mettere in atto un bilancio condiviso tra le parti, in maniera da individuare le principali questioni sollevate dall’utilizzo massiccio del télétravail in questa fase, rimandando poi a una seconda fase l’adozione di misure concrete, da parte della contrattazione collettiva a livello di categoria e a livello decentrato. Dall’altro lato, ben diversa è la posizione delle 5 organizzazioni sindacali storicamente ritenute rappresentative in Francia (CFDT, CGT, CFTC, CFE-CGC e Force Ouvrière) che ritengono invece necessario e urgente un intervento più incisivo attraverso un ANI (accord national interprofessionnel, paragonabile, con le dovute cautele, ai nostri accordi interconfederali), per garantire maggiori tutele sia in situazioni ordinarie, che straordinarie.
In altre parole, viene presentato un approccio più “minimalista” delle associazioni datoriali, che si limiterebbero a un’analisi e a delle linee guida in vista di futuri interventi delle parti, ritenendo sufficiente il quadro normativo attuale e quanto previsto dall’importante ANI del 2005, che regola determinati aspetti della materia, tra cui l’assunzione dei costi relativi al telelavoro da parte dell’azienda e l’obbligo per il datore di lavoro di fornire per iscritto le informazioni relative alle condizioni di esecuzione del lavoro. A questa linea di indirizzo, si contrappone la forte richiesta da parte sindacale di andare oltre, con un deciso intervento a livello interconfederale che faccia chiarezza, tra i vari aspetti, sulle attività che necessitino di presenza sul luogo di lavoro, sulla conciliazione vita-lavoro, sui costi e sui tempi di lavoro. Un intervento ritenuto necessario anche per fornire un quadro regolamentare di riferimento per quei luoghi di lavoro dove non vi è la presenza del sindacato e dove manca una contrattazione di secondo livello.
Quello che emerge, quindi, è un forte scontro tra le parti, in cui il sindacato si è spinto a richiedere un intervento del legislatore per sbloccare la situazione. Non si tratterebbe, in questi termini, di una prima volta, dato che spesso in Francia è proprio il legislatore a promuovere o addirittura imporre alle parti la negoziazione su determinati temi. La situazione, però, pare essersi sbloccata il 22 settembre, con l’accordo raggiunto tra le parti sociali per iniziare un percorso che possa condurre alla sottoscrizione di un accord national interprofessionnel. Una prima vittoria sul “metodo” del fronte dei sindacati (come sottolineato anche nei comunicati entusiasti di CFDT e CGT), anche se occorrerà poi osservare lo sviluppo delle negoziazioni per avere alcuni primi segnali sull’effettiva portata di un eventuale intervento quadro della parti sociali. Il primo appuntamento tra sindacati e associazioni datoriali è fissato per il 3 novembre: un’occasione importante anche per gli osservatori per trarre le prime indicazioni sul futuro del télétravail in Francia.
ADAPT Junior Fellow
@Michele_ds95