La Fiat ha lasciato Confindustria. Unipol è uscita dall’Ania, l’associazione delle compagnie di assicurazione. Unicredit pensa ad un proprio contratto aziendale di gruppo, almeno secondo Lando Sileoni, il segretario del sindacato dei bancari Fabi. Ma anche dall’altra parte della barricata le cose stanno cambiando: i sindacati non sembrano avere più la forza di un tempo, e non solo perché il governo Renzi ha fatto di tutto per metterli all’angolo. Ad essere in discussione è il sistema stesso della rappresentanza, quello schema che vede lavoratori e aziende affidare alle loro associazioni nazionali la discussione delle regole e la firma degli accordi.
Forse anche per questo il governo sta pensando ad una legge sulla rappresentanza. Un provvedimento che fissi regole e procedure per le trattative fra le parti: quanti iscritti bisogna avere per avere diritto a sedersi al tavolo del negoziato, quali sono le sigle che entrano in campo quando la legge chiama in causa i sindacati maggiormente rappresentativi per la firma dei contratti collettivi, come vengono divise le ore di assemblea.
Queste regole già ci sono: ma nel settore privato vengono affidate alle parti stesse. L’ultima versione sta nel patto sulla rappresentanza firmato giusto un anno fa da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. Fissarle per legge segnerebbe una differenza fondamentale: sarebbero valide non solo per chi fa parte di quell’associazione e di quei sindacati. Ma per tutti, anche per Fiat che ha lasciato Confindustria, ad esempio, anche per Unipol sai fuori dall’Ania. Un salto non da poco.
Nelle settimane scorse era stato Yoram Gutgeld, il consigliere economico di Matteo Renzi, a dire che il governo stava pensando a un disegno di legge in materia. E un testo c’è già. Non è ufficialmente quello dell’esecutivo perché l’hanno preparato nove professori universitari esperti della materia, tra i quali Raffaele De Luca Tamajo, Riccardo Del Punta e Arturo Maresca. Ma il loro lavoro che sarà presentato il 9 febbraio a Roma ha buone probabilità di ascolto, anche considerando che alcuni componenti del gruppo hanno già collaborato con il governo. Cosa dice il lavoro degli esperti che per nome hanno scelto «Freccia rossa», visti i ripetuti viaggi in treno per incontrarsi?
Il peso dei sindacati viene calcolato facendo la media ponderata tra il numero degli iscritti e i voti presi alle elezioni delle Rsu, le rappresentanze sindacali unitarie. Chi supera la soglia del 5%, avendo come riferimento chi applica lo stesso contratto collettivo, ha diritto a partecipare alla trattativa per il contratto nazionale. Viene poi precisato cosa vuol dire «sindacati maggiormente rappresentativi»: sono le sigle che da sole o insieme superano il 50% nell’ambito di applicazione dello stesso contratto. Con un’aggiunta per evitare i cosiddetti «ambiti pirata», piccoli sindacati che però, forti in un settore specifico, rischiano di avere diritto di veto nonostante la loro scarsa rappresentanza a livello generale: per essere «maggiormente rappresentativi» i sindacati devono aderire a confederazioni che sul piano nazionale, singolarmente o congiuntamente, abbiano una rappresentanza superiore al 33%. In sostanza la rosa si riduce a Cgil, Cisl e Uil.
In ogni azienda, poi, si obbliga a scegliere tra Rsu, con i rappresentanti eletti, ed Rsa, con i rappresentanti designati dai sindacati. Decidono i sindacati stessi che hanno una rappresentatività del 50% più uno o, in mancanza del quorum, un referendum tra i lavoratori. Nuove regole anche per le assemblee sui luoghi di lavoro: le ore vengono divise fra le sigle in base ai voti presi nelle elezioni per le Rsu e non più in base al principio temporale, con tutte le richieste che arrivano a gennaio e la corsa ad arrivare prima degli altri. Vengono rivisti anche i contratti aziendali: per avere efficacia erga omnes, cioè essere validi non solo per chi li ha firmati, basta che abbiano la maggioranza dei consensi nelle Rsu.