Reti territoriali per l’apprendimento permanente: emanate le Linee strategiche di intervento

Il 10 luglio scorso è stata firmato in Conferenza Stato Regioni l’Accordo tra Governo, Regioni ed Enti locali volto ad approvare “Linee strategiche di intervento in ordine ai servizi per l’apprendimento permanente e all’organizzazione delle reti territoriali” di cui alla Legge n. 92 del 18 giugno 2012.
L’Accordo, che fa seguito alla Intesa Governo, Regioni ed Enti Locali sulle reti territoriali per l’apprendimento permanente, fornisce appunto linee di indirizzo per la creazione di reti territoriali costituite dall’insieme dei soggetti pubblici e privati di istruzione, formazione e lavoro, al fine di promuovere il sostegno alla creazione, da parte delle persone, dei percorsi di apprendimento.
 
In particolare l’Accordo:
– definisce il ruolo dei diversi soggetti chiamati a comporre le reti (tutti i servizi pubblici e privati di istruzione, formazione e lavoro e in particolare: CPIA, Poli Tecnico Professionali, Università, AFAM e tutti gli organismi, inclusi quelli del Terzo settore, che hanno scopi educativi e formativi; servizi di orientamento e consulenza professionale, camere di industria, commercio, artigianato e agricoltura, imprese per il tramite delle organizzazioni di rappresentanza datoriali e sindacali, osservatorio sulle migrazioni);
– indica la modalità organizzativa (le reti territoriali) attraverso cui tali servizi dovranno essere messi in rete tra di loro e coordinarsi con i servizi per il lavoro e il sistema produttivo.
I centri per l’impiego e servizi per il lavoro accreditati dalle Regioni, le Parti Sociali, i centri titolati per lo svolgimento dei servizi di certificazione delle competenze, gli Enti locali e il sistema camerale sono definiti quali leve strategiche per il funzionamento delle reti, in quanto in grado in offrire quei servizi trasversali di orientamento, rilevazione dei fabbisogni, messa in trasparenza delle competenze indispensabili per rendere il sistema realmente integrato.
 
L’Accordo demanda a un successivo atto l’individuazione di standard minimi di servizio per la realizzazione delle reti e demanda ancora alle Regioni l’individuazione delle modalità operative attraverso cui realizzarle, nel rispetto di indicazioni generali che riguardano la necessità di definire: dimensione territoriale di applicazione, vocazioni produttive, indicazione dei soggetti che compongono le reti, processi di governance democratica e partecipativa, modalità di raccordo con il sistema produttivo, tappe e misure da intraprendere, strategie comunicative e modalità di raccordo con la dorsale informativa unica.
Si istituisce, inoltre, un Tavolo tecnico inter-istituzionale con il compito di coordinare e monitorare gli interventi, organizzato in diversi gruppi tecnici di lavoro specifici per ciascun ambito compreso nella vasta area dell’apprendimento permanente.
 
Le Linee strategiche di indirizzo fanno proprio l’assunto che elemento imprescindibile per il funzionamento dei sistemi formativi è ancorare e costruire dal basso (nei territori) processi e culture condivise su tali strumenti, incoraggiando dinamiche cooperative e riportando alla realtà dei mercati del lavoro e delle pratiche formative istituti e procedure che appaiono da essi sempre più slegati.
Non si trascura di ribadire il collegamento con altri processi in corso, come la definizione di un Repertorio nazionale dei titoli e delle qualifiche (ancora in cantiere, in attesa dell’attuazione del Testo Unico dell’apprendistato prima, ora del decreto n.13 del 16 gennaio 2013), l’implementazione del Libretto formativo del cittadino (in cantiere da ormai 11 anni), la realizzazione di una dorsale informativa unica (prevista dalla Legge Fornero, insistentemente richiamata nei provvedimenti attuativi, ma ancora inesistente).
Sono presenti inoltre richiami insistiti all’integrazione tra tale sistema e quello in corso di attuazione legato alla certificazione delle competenze.
 
Se i protagonisti della storia erano in realtà già noti, meno chiare risultano, ancora, le concrete modalità di coordinamento tra questi, poiché le reti dovranno funzionare mantenendo inalterati gli attuali assetti istituzionali e con le risorse finanziare e umane attualmente disponibili. Non cambieranno le regole del gioco in ognuno dei micro-sistemi che compongono il macro-sistema dell’apprendimento permanente, ad esempio le modalità di valutazione dell’efficienza dei servizi, o le (diverse) procedure di accreditamento ai servizi per il lavoro e la formazione nelle varie Regioni. A tal proposito, anzi, con riferimento a quelle organizzazioni che si occupano di apprendimento non formale e informale (che si vuole di pari dignità rispetto ai percorsi formali) si propone di creare nuovi albi regionali al fine dell’inclusione di tali organizzazioni nelle reti per l’apprendimento permanente.
Si richiede ancora una volta alle Regioni un grande sforzo per evitare che anche questa innovazione di trasformi, usando le stesse parole del documento in commento, in una operazione sterile di ingegneria istituzionale: per questo si sottolinea l’importanza di una forte concertazione delle iniziative e di un coinvolgimento il più ampio possibile degli attori interessati.
 
Si sottolinea, poi, come la Garanzia Giovani rappresenti un perfetto banco di prova per questa strategia, essendo un programma che ha proprio l’obiettivo di mettere in rete tutti gli operatori del mercato del lavoro in modo da offrire ai giovani in cerca di occupazione una filiera di servizi integrati, differenziati ed efficienti, dall’accoglienza all’inserimento lavorativo. Se questo è vero (come è vero che il programma Youth Guarantee rappresenta la nuova frontiera delle politiche attive, ispirandosi ai migliori modelli europei) bisogna però ammettere che i risultati della prova non sono molto incoraggianti: frammentarietà, disomogeneità, disparità di accesso, basso coinvolgimento di attori cruciali e investimenti concentrati su linee di intervento poco innovative, ritardi, bassa cooperazione inter-istituzionale, impreparazione degli apparati istituzionali e degli operatori, hanno evidentemente segnato il passo zoppicante dell’avvio del programma, a cui ancora una volta siamo arrivati impreparati.
 
Ciò è successo perché sebbene gli obiettivi individuati siano perfettamente condivisibili e anche gli strumenti indicati siano quelli giusti (orientamento, rilevazione dei fabbisogni, certificazione delle competenze, diffusione delle competenze di base, ecc…), si continua ad eludere il problema della creazione di condizioni indispensabili che nel nostro Paese non sono date e richiedono tempi lunghi per la loro costruzione.
Avviare, nei diversi settori produttivi e nei territori, un confronto serrato e costante con le parti sociali per la costruzione di strutture, programmi e procedure idonei a far sì che giochino efficacemente il ruolo di interpreti delle necessità del mercato del lavoro.
Costruire, partendo da un ripensamento generale dei sistemi di inquadramento dei contratti collettivi, profili professionali aderenti alla realtà che possano fungere da standard di riferimento per percorsi formativi efficaci.
Implementare definitivamente un unico supporto per la registrazione delle competenze sviluppate in tutti i contesti e individuare modalità semplici e accessibili attraverso cui queste possano essere validate e poi  riconosciute nei diversi percorsi formativi e professionali.
Rendere omogenee e semplificare le regole per l’accesso degli operatori ai servizi per la formazione e il lavoro e fare in modo che siano regole all’altezza delle riforme in atto, incentrate su professionalità, esperienza, innovazione, professionalità.
Innovare i servizi pubblici investendo in formazione e promuovendo ampliamento e diversificazione delle funzioni, coerentemente con le sfide a cui sono chiamati a rispondere (basti pensare alle Università ed all’invito reiterato a giocare un ruolo da protagoniste nel campo dell’apprendimento permanente, quando le risorse sono assegnate sulla base di criteri che non tengono in conto gli sforzi compiuti su questo fronte; o ancora ai CPIA, appena riformati e in affanno per le nuove funzioni loro assegnate e già indicati come centro nevralgico del nuovo sistema di apprendimento permanente).
Avvicinare le imprese alla formazione e i giovani alle imprese, non con finte alleanze che non lasciano traccia e durano il tempo di un incentivo, ma facendo in modo che la formazione sia davvero al centro delle strategie di sviluppo delle imprese.
 
Non c’è dubbio che si stia provando a indicare la direzione verso cui muoversi e che la direzione sia quella giusta (a patto che si mantenga la rotta), ma è lecito chiedersi, dopo anni di incessanti riforme e a fronte di un affastellarsi ormai convulso di iniziative, coordinate solo sulla carta, se non sia più opportuno investire un po’ sulla produzione di mattoni invece di continuare ad alzare muri di cartongesso.
 
Lilli Casano
ADAPT Research Fellow
@lillicasano
 
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