La questione della corruzione è, ciclicamente, uno dei temi principali offerti dalle cronache politiche e giudiziarie del Paese, persino il Papa con la bolla di indizione del Giubileo straordinario Misericordiae Vultus, invita alla conversione le «persone fautrici o complici di corruzione”», subito dopo al passaggio dedicato a coloro che fanno parte di gruppi criminali di ogni tipo. Definita dal sommo Pontefice come una «piaga putrefatta della società» la corruzione «mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale» e impedisce «di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri», e continua affermando: «per debellarla […] sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la si combatte apertamente, presto o tardi rende complici e distrugge l’esistenza».
Un legame tra criminalità organizzata e corruzione posto in evidenza anche dai rapporti delle organizzazioni internazionali e con particolare riferimento al Nord Italia dall’ultimo rapporto di marzo 2015 dell’Osservatorio, istituito presso l’Università degli Studi di Milano (www.cross.unimi.it), relativo al fenomeno della Criminalità organizzata redatto per la Commissione parlamentare Antimafia e presentato lo scorso 17 aprile 2015, dove viene posto in evidenza come anche il fenomeno della corruzione sia mutato verso un’area grigia dove viene innanzitutto lesa l’integrità delle pubbliche amministrazioni con funzionari e dirigenti che al di là della corresponsione di una somma economica illecita elargiscono favori a fronte di promesse di carriere o di profitti in imprese a loro collegate. Un’area grigia che cresce e riduce il livello etico, in particolare, nelle PA del Nord Italia, un tempo ritenute maggiormente immuni da tali fenomeni, il tutto a spese di una sana ripresa economica del Paese.
Sul fronte delle politiche di contrasto, si assiste ad un intervento prevalentemente di carattere regolatorio su due fronti; è attualmente in discussione nelle aule parlamentari sia il cd. disegno di legge anticorruzione sui tempi della prescrizione per alcuni reati contro la PA, sia la legge di riforma delle pubbliche amministrazioni rubricata “D.L. di Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” con lo scopo (art. 6) di rivedere e semplificare le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza. Da non dimenticare i continui interventi da parte dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) attraverso linee guida e risposte ai quesiti delle singole amministrazioni pubbliche.
Tuttavia, si pone l’interrogativo, in termini di penalties and enforcment, su quali siano gli strumenti in grado di rafforzare l’efficienza, l’efficacia e l’integrità dell’azione amministrativa.
In questa sede si intende condividere, la tesi, empiricamente consolidata, per cui certamente il mancato rispetto degli standard etici all’interno di un’organizzazione è una questione individuale dovuta al proprio trascorso personale ma è anche e soprattutto una issue sociale ed organizzativa che come tale può essere oggetto di monitoraggio e di piani di azioni mirati al fine del suo contrasto, così come può essere agito e monitorato il livello di leadership presente nell’organizzazione al fine di contrastare i vuoti e le decadenze etiche.
La valorizzazione e l’investimento in termini di formazione, leadership e benessere organizzativo possono contribuire concretamente alla diminuzione sia del fenomeno corruttivo sia della percezione di essa all’interno ed all’esterno delle pubbliche amministrazioni; le pubbliche amministrazioni sono anzitutto una comunità di uomini e donne che tutti i giorni sono chiamati ad entrare in relazione tra di loro e sono chiamati ad interfacciarsi con i cittadini e hanno necessità di trovare senso e valore all’agire quotidiano; allo stesso tempo l’organizzazione non è altro che un sistema sociale ed entrambe queste anime devono produrre utilità ed integrarsi.
Delle comunità all’interno delle quali le persone, dovrebbero realizzare se stesse contemperando il raggiungimento degli obiettivi e delle finalità dell’organizzazione in cui lavorano, e poco importa se parliamo di una azienda sanitaria, di un corpo di polizia o di una scuola; tali dinamiche appartengono a tutte le organizzazioni.
All’interno della PA si tende a non tenere conto che gli episodi di corruzione sono anche l’esito di processi organizzativi, culturali ed etici a cui porre rimedio presidiando elementi quali la condivisione degli obiettivi, la gestione delle relazioni tra capi e collaboratori e tra gli stessi colleghi, il monitoraggio dei processi, la responsabilità sociale anche delle organizzazioni pubbliche e l’assenteismo non solo come fenomeno da debellare con minacce a dir poco medievali ma da contrastare con gli ordinari strumenti di gestione delle risorse umane, anche perché il cd. “presenteismo” del nullafacente non può considerarsi di certo la soluzione.
In poche parole significa investire sulla leadership anche nella pubblica amministrazione, intesa come leadership istituzionale condivisa nell’organizzazione (non nel concetto di leader), in grado di tramutare il potere personale in ambito personale di responsabilità ed in grado di generare valore aggiunto, valutando e sviluppando i processi di delega, ponendo attenzione agli obiettivi, riconoscendo il risultato ottenuto e valorizzando le eccellenze all’interno del proprio gruppo di riferimento. La leadership istituzionale è ciò che consente alle organizzazioni di raggiungere i propri scopi, che consente il successo e la costruzione di un team, di una squadra che vuole vincere. In poche parole, significa sviluppare le migliori prassi di gestione delle risorse umane.
Inoltre, se l’indagine empirica dimostra che esiste una correlazione tra cultura organizzativa e mancanza di integrità, esiste già da tempo l’obbligo anche in capo alle organizzazioni pubbliche di monitorare e valutare i cd. rischi di carattere organizzativo e psicosociale, predisponendo i necessari piani correttivi.
Ad esempio, il consolidato modello INAIL per la valutazione dello stress lavoro correlato prevede il monitoraggio di una serie di indicatori che possono costituire già, a livello oggettivo, un primo strumento di attenzione ai temi del benessere e della cultura organizzativa: assenze dal lavoro, procedimenti disciplinari in corso, segnalazioni e lamentele dei dipendenti, procedure di licenziamento in corso, rotazione del personale. La parte dedicata alle funzioni e cultura organizzativa chiede poi di porre l’attenzione su formazione, chiarezza dei ruoli, presenza e applicazione dei codici di condotta e di comportamento, la presenza di un referente per l’ascolto e per trattare il disagio dei dipendenti.
Sempre sulla stessa lunghezza d’onda, seppur con le dovute cautele di facili comparazioni tra pubblico e privato, merita attenzione l’ormai consolidata indagine Great Place to Work avente lo scopo di selezionare le migliori imprese nelle quali lavorare. L’indagine misura con una metodologia piuttosto consolidata anche fenomeni quali l’imparzialità nelle scelte dei leader, l’assenza di favoritismi e vessazioni, il rispetto e la credibilità dell’organizzazione, l’integrità nella realizzazione dei propri obiettivi.
Viene da chiedersi, cosa sia stato fatto in tutti questi anni al fine di supportare i dipendenti pubblici in reali situazioni di disagio organizzativo, anche a fronte di percezioni fondate di fenomeni di corruzione e mala gestione.
In conclusione, opportuno ribadire che accanto a più efficaci azioni repressive di fenomeni criminali presenti all’interno delle pubbliche amministrazioni è quanto mai necessario concentrare forze e attenzione, anche con Piani nazionali, sull’ordinaria gestione delle donne e degli uomini alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, alzando il loro livello etico e rendendoli consapevoli del proprio ruolo pubblico al servizio della Nazione.
Alessio Fionda
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
@AlessioFionda