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Bollettino ADAPT 8 marzo 2021, n. 9
Il tema degli ammortizzatori sociali è da sempre oggetto di attenzione continua da parte del legislatore ed è al centro di ogni agenda di riforma del mercato del lavoro. Durante il precedente Governo, il Ministro del Lavoro incaricato, nel luglio 2020, decise di costituire una Commissione ad hoc composta dalle professoresse Simonetta Renga e Mariella Magnani e dai professori Marco Barbieri, Vito Pinto e Dario Guarascio per definire delle linee guida e proposte di riforma sul tema. Gli esiti del gruppo di lavoro non sono stati resi noti pubblicamente (seppur è possibile intravedere i principi cui si sarebbe dovuta ispirare la riforma al seguente link) e, nel corso dell’avvicendamento ministeriale dovuto al cambio di Governo, è probabile che restino tali […].
Sin dall’inizio dell’emergenza pandemica con il blocco per decreto delle attività produttive, la scelta dei diversi attori è stata improntata alla massima protezione del posto di lavoro tramite interventi pressoché generalizzati ad ogni tipologia di rapporto di lavoro. La pandemia ha messo in luce le manchevolezze e i nodi scoperti del sistema di protezione sociale nonostante il riordino, operato dal d.lgs. 148 del 14 settembre 2015, abbia cercato, tramite ampia delega alle parti sociali con la costituzione dei fondi di solidarietà bilaterali, di razionalizzare ed universalizzare il sistema. Ruolo fondamentale per la protezione dei lavoratori durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa dovuta alle diverse chiusure, è stato svolto dalle diverse misure speciali di integrazione salariale via via introdotte tramite decretazione a partire dal decreto-legge n. 18/2020. L’obiettivo di tutta la legislazione emergenziale è stato quello di superare di fatto l’approccio categoriale vigente, estendendo gli ammortizzatori indipendentemente da requisiti dimensionali d’impresa, differenti modalità di accesso, tipologia contrattuale; tant’è che sono state introdotte forme di tutela indennitaria o una tantum anche alla vasta platea dei lavoratori autonomi.
Tutte le parti sociali e le rappresentanze, cogliendo l’occasione del confronto con il Governo sul Piano Nazionale di ripresa e Resilienza, hanno mostrato la volontà di voler mettere mano alla riforma degli ammortizzatori sociali. Gli obiettivi comuni, pur nella diversità delle impostazioni di fondo dei diversi soggetti, sembrerebbero dispiegarsi nella direzione di approntare sistemi di sostegno del reddito in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa estesi a tutti i settori e indipendentemente dalla grandezza d’impresa, nonché semplificare il più possibile le procedure di accesso agli ammortizzatori sociali e potenziare politiche di riqualificazione delle competenze dei lavoratori e strumenti di ricambio generazionale.
Sul fronte sindacale CGIL, CISL, UIL hanno posto al centro del confronto con il Governo e il Parlamento un rafforzamento degli strumenti e degli ammortizzatori sociali a regime in modo da avere un sistema di copertura universale e inclusivo a garanzia di tutti i lavoratori. Il finanziamento, a parere delle organizzazioni sindacali, deve tener conto delle diverse specificità produttive e deve essere basato su un meccanismo di tipo contributivo-assicurativo e non unicamente sorretto dalla fiscalità generale. Altri punti cardine delle proposte sindacali sono la semplificazione dei meccanismi di richiesta ed erogazione delle prestazioni e l’affiancamento di meccanismi di formazione e riqualificazione professionale per garantire una maggiore occupabilità. Le tre confederazioni sindacali concordano anche sul fatto che il Fondo nuove competenze, pur non essendo un vero e proprio ammortizzatore sociale, ha rappresentato un utile strumento per fronteggiare i nuovi fabbisogni formativi delle aziende e dei lavoratori tramite contrattazione collettiva per lo sviluppo e progettazione dei percorsi formativi.
Le confederazioni datoriali dell’industria (tra le quali, Confindustria, Confapi, Confimi) ritengono necessario un complessivo ed organico ridisegno della materia all’insegna della “unicità” delle forme di ammortizzatore. Nel luglio 2020, nel corso della prima fase di riaperture, Confindustria ha presentato un documento contenente i primi spunti in materia per cercare di articolare proposte che superassero la forte disomogeneità tra settori. Il punto centrale da cui muove la proposta è il problema delle differenti ed inique forme di finanziamento che incidono fortemente sul costo del lavoro e sulla competitività delle imprese. Nel documento vengono proposte due tipologie di contribuzione: una base uguale per tutti ed un’altra addizionale differenziata con la logica assicurativa del bonus-malus; viene auspicata, inoltre, una differenziazione delle causali distinguendo le crisi occupazionali dalle crisi più propriamente industriali.
Confcommercio si è dichiarata propensa ad una rivisitazione del sistema di ammortizzatori sociali all’insegna dell’universalità e della semplificazione purché questo non sfoci nella unicità delle tutele e nello smantellamento di strumenti quali il FIS che, a parere dell’associazione, hanno dato una buona prova di sé. Allo stesso tempo, dato il forte impatto della crisi pandemica sul settore terziario che è destinato a durare nel tempo, vengono richiesti nell’immediato proroghe degli ammortizzatori esistenti finché non vi saranno segnali di attenuazione della pandemia. Nell’allargamento della platea, oltre alle piccole e medie imprese, la confederazione propone rafforzamenti degli ammortizzatori sociali per il nuovo bacino di rappresentanza dei lavoratori autonomi professionali tramite un ampliamento della soglia massima di reddito prevista per l’ISCRO (introdotta con la legge 30 dicembre 2020, n. 178) e una contestuale riduzione della percentuale di contribuzione aggiuntiva.
Le confederazioni datoriali del settore artigiano Confartigianato, CNA, Casartigiani, nel corso delle diverse audizioni, hanno illustrato come l’assetto attuale degli ammortizzatori sociali disciplinato dal d.lgs. 148 del 2015 sia basato su un’intesa costruttiva tra istituzioni e organizzazioni di rappresentanza delle imprese e dei lavoratori. Seppur l’obiettivo dell’universalizzazione non sia stato centrato, il settore artigiano, attraverso il suo fondo di solidarietà bilaterale alternativo FSBA, disciplinato dall’art. 27 e ss. del d.lgs. 148 del 2015, ha esteso la sua copertura universalmente a tutti i lavoratori del settore a prescindere dal limite dimensionale dell’impresa artigiana. L’artigianato, forte di questa sua peculiarità ha in più occasioni ribadito il generale obiettivo dell’universalità delle tutele purché questo non sfoci in un unico ammortizzatore sociale identico per tutti i settori. Per le rappresentanze del mondo artigiano, infatti, un ammortizzatore sociale unico che metta sullo stesso piano aziende medio-grandi (che fanno un ricorso elevato alla cassa integrazione) e imprese di piccola dimensione (che hanno esigenze profondamente diverse e fanno ricorso a sospensioni dal lavoro di durata differente) potrebbe comportare una eccessiva onerosità celando un tentativo di far pagare alle imprese meno strutturate le ore di cassa integrazione richieste dalla grande impresa. La differenziazione alla base dei settori produttivi giustifica la diversità di contribuzione e costituisce un esempio di efficienza del sistema di relazioni industriali poiché consente alle aziende di accedere alle diverse tipologie di strumenti di sostegno. Lo stato di emergenza vissuto durante i mesi del lockdown a parere del mondo artigiano è un fatto contingente e non può essere pertanto posto alla base di una riforma ordinaria a regime.
La confederazione rappresentativa del mondo delle libere professioni, Confprofessioni, ha posto il tema della semplificazione procedurale degli adempimenti e delle comunicazioni che non pochi problemi hanno causato a consulenti del lavoro e commercialisti nell’ambito delle richieste di ammortizzatori. Anche i rappresentanti di questo settore sembrerebbero sostenere l’impostazione del d.lgs. 148 del 2015 e l’esperienza dei fondi di solidarietà bilaterali (il sistema professionale ha costituito nel marzo 2020 il Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali in ottica universalistica abbassando la soglia dimensionale ordinaria di accesso per le imprese da 5 a 3 dipendenti) o della bilateralità in generale. Ulteriore proposta è quella di realizzare sinergie tra il sistema della formazione continua dei fondi interprofessionali e i sistemi bilaterali. Il comparto professionale, a seguito dell’introduzione dell’ISCRO, prima forma di ammortizzatore sociale per il mondo degli autonomi, costruita e progettata dalle stesse parti sociali in seno alla Consulta del lavoro autonomo del CNEL, sembrerebbe propensa a voler rimodulare la misura allargando il perimetro ai professionisti non iscritti a gestione separata INPS o progettare una qualche forma di welfare alternativa con il coinvolgimento delle Casse private.
I consulenti del lavoro, tramite alcune analisi congiunte tra l’ associazione sindacale ANCL e relativo ordine di appartenenza hanno elaborato una proposta che si basa sull’universalizzazione delle tutele tramite una gestione accentrata da parte dell’INPS di quattro differenti trattamenti di integrazione salariale. La proposta, che supera l’attuale logica sussidiaria-settoriale, prevede quattro trattamenti di integrazione salariale diversificati in funzione della causale che ne determinano l’attivazione: CIGO, quale strumento ordinario per cali temporanei di lavoro con ipotesi di ripresa dell’attività lavorativa; CIGE, quale nuovo strumento straordinario per crisi economiche, calamità naturali, emergenze sanitarie; CIGS, come strumento straordinario di gestione della crisi d’impresa; contratti di solidarietà sia espansivi che difensivi finalizzati al superamento delle crisi aziendali.
Dal Rapporto sul mercato del lavoro e contrattazione collettiva del CNEL del 2020 (cfr. Cap. VI) si deduce come anche le rappresentanze del mondo bancario (ABI) e le rappresentanze del mondo dei trasporti, servizi pubblici locali e delle utilities (Confservizi), promuovano una revisione degli ammortizzatori sociali improntata maggiormente all’universalità delle tutele del reddito che non sfoci però in un unico strumento omogeneo. Entrambe le rappresentanze ritengono necessaria una valorizzazione degli strumenti che hanno dato prova della loro efficacia come i fondi di solidarietà bilaterali costituiti ex. art 26 d.lgs. 148 del 2015.
Tutte le parti sociali sembrerebbero, pertanto, essere d’accordo in una revisione e aggiornamento del sistema di ammortizzatori sociali. D’altro canto è innegabile che le difficoltà di fare sintesi e la ricomposizione del quadro all’insegna dell’universalità delle tutele sia operazione ardua, che tutte le parti sociali hanno ben presente, come confermato di recente in un’intervista dal Vicepresidente per le relazioni industriali di Confindustria Maurizio Stirpe. È probabile che tutte le parti sociali tornino a fare un bagno di realtà prendendo in considerazione la profonda diversità di interessi di parte sottesi alle modalità di lavoro di ogni singolo settore produttivo. Lasciando, infatti, in disparte la dalla situazione pandemica contingente nonostante alcune evidenti manchevolezze del sistema (una tra tutte, la copertura in base alla soglia dimensionale che inevitabilmente porta a sperequazioni tra i lavoratori di diversi settori) è probabile che il riordino operato nel 2015, tramite il canale dei fondi di solidarietà bilaterali per settori non industriali, avesse una sua razionalità e coerenza sistematica e sia pertanto tutt’altro che superato come impianto di base.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena