Si è conclusa con la tavola rotonda «Verso Expo 2015. Ripensare i beni comuni» la sesta edizione della Summer School (incentrata sullo stesso tema) che si è svolta a Milano dal 18 al 21 giugno presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. La Summer School, aperta a una quarantina di giovani dirigenti del Movimento Cristiano Lavoratori (Mcl), è frutto della collaborazione tra il Movimento, la Cattolica e il centro di ateneo per la dottrina sociale della Chiesa e il laboratorio ExpoLABdella stessa università.
Alla tavola rotonda, introdotta da Evandro Botto, hanno partecipato Carlo Costalli, presidente nazionale dell’Mcl; Lorenzo Ornaghi, presidente dell’Aseri e già rettore della Cattolica e ministro per i Beni e le attività Culturali; Michele Tiraboschi, docente di diritto del lavoro e coordinatore del dottorato internazionale in Relazioni di lavoro dell’università degli studi di Modena e Reggio Emilia; Paolo Voltini, presidente della Coldiretti di Cremona; Pier Sandro Cocconcelli, docente di Microbiologia degli alimenti e direttore del Laboratorio ExpoLAB.
Per Lorenzo Ornaghi il tema dei beni comuni non può essere considerato solo da un punto di vista tecnico, ma deve esserne colta la prospettiva politica anche se la questione dei beni comuni è innanzitutto una questione culturale che della politica è fondamento. Expo 2015 non può prescindere da una forte radice culturale, ma deve partire dalla visione dell’uomo, un’antropologia che in Europa e in Occidente stiamo smarrendo. Se la prima dimensione è quella della persona, allora è necessario riscoprire e vivere con più intensità i legami associativi e comunitari.
Carlo Costalli ha affermato che il tema dei beni comuni è reso particolarmente attuale in un momento di crisi economica e morale come quello che stiamo vivendo. Una riflessioni sui beni comuni dovrebbe portare non solo a un modo diverso di utilizzare le risorse, ma soprattutto a riscoprire il valore ispiratore di una società più giusta e democratica. Una prima categoria dei beni comuni è quella dei beni di sussistenza da cui dipende la vita, l’altra categoria comprende i beni comuni globali, la terza contempla quella dei servizi pubblici forniti dai governi in risposta ai bisogni dei cittadini. Tutto però si riassume nella sfida contro la fame e contro la sete, una sfida verso cui non possiamo tirarci indietro e che pone molte riflessioni. Per questo occorre ripensare i beni comuni attraverso il nostro quotidiano e direttamente impegno. L’Mcl ha lanciato con il Cefa la campagna «Dal seme al cibo» affinché le persone povere possano procurarsi in modo dignitoso e sostenibile il proprio sostentamento: l’obiettivo della campagna è quello di sostenere diecimila famiglie nel sud del mondo nel rispetto della cultura locale e rendendo protagonisti questi popoli. Si tratta di un impegno costante a riscoprire il vero valore e il vero utilizzo dei beni comuni.
Tiraboschi ha sostenuto che anche il lavoro rappresenta un bene comune, un bene che oggi è scarso e precario soprattutto per i giovani. Un altro bene comune è la rappresentanza che è il primo luogo per leggere le trasformazioni del lavoro. Senza rappresentanza non è possibile fare riforme capaci di incidere positivamente, senza rappresentanza si cade nella trappola dell’astrazione e molto spesso dell’ideologia. Un luogo di rappresentanza, ad esempio, è l’iniziativa «Prontolavoro Mcl», un servizio di giovani rivolto ai giovani per aiutarli nell’affrontare il mondo del lavoro. Il lavoro, d’altra parte, non è un contratto, ma è un mestiere, è una persona all’opera, una realtà in cui si comprende, nella libertà e attraverso il rapporto con un altro, chi si è.
Per Paolo Voltini quella di Expo è un’opportunità che non può essere perduta, ma che deve essere sfruttata fino in fondo per promuovere il nostro territorio e i nostri prodotti. La ricaduta di Expo non riguarda i sei mesi della manifestazione ma ha una portata decennale, in cui valorizzare i rapporti con l’estero, che rimane fondamentale. Deve essere anche sottolineata l’importanza della legalità, per contrastare il fenomeno sempre più preoccupante dei cibi avariati e della contraffazione.
Pier Sandro Cocconcelli ha evidenziato come il tema di Expo 2015 sia lungimirante poiché tratta di questioni importanti e gravi che riguardano il mondo globalizzato, come l’accesso alla terra, le scorte alimentari, lo scarto dei prodotti. La speranza è che Expo 2015 superi il rischio di ridursi a una grossa fiera agroalimentare e non quell’incontro globale di riflessione che si prefiggeva. C’è un altro bene comune: la scienza e la conoscenza. Al cibo corrisponde un’importante sfida educativa, perché i numeri impressionanti delle morti nei Paesi sottosviluppati sono dovuti non solo alla mancanza di cibo, ma soprattutto all’utilizzo di cibo avariato. In questo caso l’educazione è un punto centrale. Allo stesso tempo è centrale il ruolo della scienza e della tecnologia che non possono essere demonizzate nel campo agroalimentare: dobbiamo infatti chiudere la frattura tra scienza e applicazione attraverso le buone pratiche.
Ai lavori della Summer School, aperti da Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, hanno partecipato: il vescovo Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale della Cattolica nonché presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali; Simona Beretta; Luciano Gualzetti, referente Caritas Internationalis per Expo 2015; Erminio Trevisi; Stefano Pasquali della S.S. Società Agricola; Matteo Gatto, direttore di Thematic Spaces, Expo 2015 Spa; Stefano Boccaletti; Marco Benassi, Responsabile progetti del Cefa; Pierluigi Malavasi; Marco Lucchini, direttore generale della Fondazione Banco Alimentare; Fabio Fraticelli.
Il tema trattato nella tre giorni milanese, «Verso Expo 2015. Ripensare i beni comuni», ha messo in evidenza due aspetti: la centralità della persona nel creato e la “bontà” stessa del creato. Sono due aspetti culturali fondativi che sono stati declinati sia negli approfondimenti accademici che nelle testimonianze che sono state proposte per una riflessione comune. Si tratta di una visione, oggi, minoritaria ma che è capace di salvare il giusto rapporto tra l’uomo e il creato. Affrontando le grandi sfide dello sviluppo, della povertà, della fame e della sete è emerso come il problema non sia ultimamente un problema di risorse. La natura non è segnata da una scarsità, da una mancanza, ma da una abbondanza.
Difatti è evidente che laddove l’uomo si impegni in favore del bene comune, è possibile iniziare a superare i drammi della povertà e del sottosviluppo. Vi è quindi una positività che rilancia la centralità della persona nel creato del quale l’uomo non è padrone, ma del quale deve essere custode in un legame solidale tra le generazioni. È questo il grande contributo che una manifestazione come l’esposizione universale meneghina può portare e lasciare come retaggio. Un retaggio che le giovani generazioni, come quelle impegnate nei lavori della Summer School, avranno la possibilità di raccogliere e di sviluppare attraverso un cammino educativo in un movimento come Mcl, secondo il bellissimo invito di Benedetto XVI: «Non c’è l’intelligenza e poi l’amore: ci sono l’amore ricco di intelligenza e l’intelligenza piena di amore».
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Ripensare i beni comuni