A partire dal 2012, la Commissione europea segnala che, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, la forza lavoro dell’area euro tenderà lentamente a diminuire, ostacolando la crescita dell’economia. Solo un aumento della produttività del lavoro potrà innescare un’inversione di tendenza. Una simile interpretazione è condivisa dal rapporto McKinsey Global growth: Can productivity save the day in an aging world?. Pubblicato a gennaio 2015, il rapporto sostiene che, senza un adeguato incremento della produttività, non sarà più possibile, nei prossimi 50 anni, mantenere i ritmi di crescita dei decenni passati.
Le variazioni demografiche
Negli ultimi 50 anni, si è assistito a una grande espansione dell’economia mondiale, che è stata favorita anche da un rapido incremento della popolazione. A fronte di un continuo miglioramento delle prospettive di vita, McKinsey ha registrato un innalzamento dell’età media e un conseguente incremento del numero di persone in età lavorativa. Questa tendenza si è riscontrata soprattutto nei paesi emergenti, dove la forza lavoro è cresciuta di quasi il 20 per cento dal 1964 al 1990, per poi subire un rallentamento nell’ultimo periodo, nelle economie sviluppate, invece, un declino della popolazione in età lavorativa è stato registrato a partire dagli anni Sessanta.
Gli effetti sull’occupazione
Motore della crescita economica dei decenni passati, l’espansione demografica ha recentemente subito una sostanziale decelerazione. Di conseguenza, McKinsey stima che nei 20 paesi oggetto di studio, ovvero quelli appartenenti al G19 con l’aggiunta della Nigeria, il tasso di crescita annuo dell’occupazione scenderà dall’1,7 per cento allo 0,3 per cento nei prossimi 50 anni. Paesi come la Germania, l’Italia, il Giappone e la Russia, hanno già registrato un declino della forza lavoro, che potrebbe scendere di quasi un terzo entro il 2064. Negli altri paesi, il picco massimo dell’occupazione verrà raggiunto nei prossimi 50 anni (in Cina e Corea del Sud il picco è atteso per il 2024). Altre nazioni, tra cui l’Indonesia, il Sud Africa, e gli Stati Uniti, potrebbero continuare a sperimentare un aumento dell’occupazione, anche se a ritmi più lenti rispetto al passato.
Il rimedio? La produttività
Alla luce dei dati attesi sul declino dell’occupazione mondiale, resterà, quindi, alla produttività l’onere di trainare la crescita economica. Tuttavia, se nei prossimi 50 anni, l’incremento della produttività si attestasse sui livelli registrati tra il 1964 e il 2014, il tasso di crescita del PIL diminuirebbe del 40 per cento, passando dal 3,6 per cento al solo 2,1 per cento annuo.
Ma per compensare il declino demografico dei prossimi 50 anni, il tasso di crescita della produttività dovrebbe superare dell’80 per cento quello registrato negli ultimi decenni. Al contrario, un aumento della produttività inferiore al suo valore storico rallenterebbe ulteriormente la crescita del PIL. In media, nei paesi del G19 e in Nigeria, la produttività del lavoro, misurata dalla quantità di output prodotta per salariato è cresciuta a un ritmo dell’1,8 per cento l’anno nel corso dell’ultimo mezzo secolo, e quindi più velocemente che nel precedente periodo storico. Analizzando questo dato alla luce di una generale diminuzione delle ore lavorative si evince che la produzione oraria è salita. Infatti, il periodo di tempo dedicato al lavoro nei paesi presi in esame è diminuito di 7 ore dal 1964 al 2012, passando da 41 a 34 ore lavorative medie settimanali in Germania e in Francia, il totale delle ore medie lavorative per dipendente è sceso di oltre il 30 per cento in meno di 50 anni. Data questa tendenza alla riduzione delle ore lavorative, le stime di crescita della produttività, che si basano sulla quantità prodotta per addetto, sottovalutano la crescita della produttività reale per ogni ora lavorativa.
Come precedentemente menzionato, nelle economie sviluppate, la crescita della produttività è rimasta stabile al ritmo dell’1,8 per cento annuo, con incrementi maggiori tra il 1964 e il 1974. Tuttavia, poiché nel 1964 la produttività delle economie sviluppate era già notevolmente superiore a quella delle economie emergenti, il divario assoluto tra i due gruppi di economie è più che raddoppiato, passando da circa 32 mila dollari nel 1964 a 73 mila dollari nel 2014.
Mentre in media il ritmo di crescita della produttività è stato vivace, si sono registrati valori diversi fra le diverse economie. Nei Paesi dell’Europa occidentale e negli Stati Uniti, la produttività del lavoro è cresciuta tra l’1,5 e l’1,9 per cento annuo negli ultimi 50 anni. Durante lo stesso periodo, Corea del Sud e Giappone hanno spinto l’acceleratore sulla produttività e sono stati in grado di ridurre il divario con le economie più avanzate. La Corea del Sud ha raggiunto questo risultato, investendo nell’istruzione e attraverso il sostegno agli investimenti in settori chiave come quello manifatturiero, caratterizzato da un’elevata domanda globale.
Oggi, tuttavia, è difficile prevedere come la produttività si evolverà nei prossimi 50 anni. Negli anni Quaranta, infatti, nessuno avrebbe immaginato che le nuove tecnologie avrebbero avuto un tale impatto sul nostro modo di lavorare e vivere. Si stima che circa tre quarti della potenziale crescita della produttività scaturirà dalla più ampia adozione di buone pratiche già esistenti. Il restante quarto potrebbe, invece, derivare dalle tecnologie e dalle innovazioni ancora da scoprire. Per questo motivo, è fondamentale continuare ad investire sullo sviluppo.
Gli strumenti per favorire la crescita
L’incremento della produttività richiede notevoli sforzi da parte di imprenditori, dirigenti e lavoratori. McKinsey elenca gli strumenti, che possono favorire la produttività e contribuire a portare la crescita dell’economia mondiale al tasso più vicino al suo potenziale. Tra questi, si annoverano:
- Rimuovere gli ostacoli alla concorrenza nel settore dei servizi;
- Investire in infrastrutture e tecnologia, in particolare nei mercati emergenti:
- Creare un contesto normativo che incentivi la produttività e sostenga l’innovazione
- Favorire gli investimenti in R&S;
- Mettere in atto misure per incrementare la partecipazione delle donne e dei giovani al mercato del lavoro;
- Migliorare le competenze e rendere più flessibile il mercato del lavoro.
Andrea Cefis
ADAPT Junior Research Fellow
@AndreaCefis