La Commissione interpelli del Ministero del lavoro in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, con una recente risposta ad interpello, si è occupata di alcune questioni interpretative sorte in materia di applicazione del d.lgs. n. 81/2008 negli ambienti penitenziari. La questione è stata sollecitata dall’UGL Polizia penitenziaria che ha rivolto alcune istanze di interpello alla Commissione citata, ai sensi dell’art. 12, d.lgs. n. 81/2008.
Ne è derivata una articolata risposta (interpello 24 ottobre 2013, n. 12) che raccoglie tre doglianze dell’O.S. interrogante e divulgata da stampa (Italia Oggi 9 novembre 2013, pag. 32) e siti specializzati (vedi Bollettino ADAPT, 11 novembre 2013, n. 39).
In particolare, l’interpello fornisce risposta a tre diversi quesiti.
Il primo concerne l’obbligatorietà, ex art. 17, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 81/2008, del Documento per la valutazione dei rischi (c.d. D.V.R.), completo di relazioni fonometriche e rischio vibrazioni. Infatti, l’azione sindacale a tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro svolta da alcune segreterie regionali ha consentito di evidenziare che presso alcune strutture e servizi penitenziari la redazione del DVR avveniva a “macchia di leopardo” (V. nota UGL-Polizia penitenziaria Calabria 5. febbraio 2013, prot. n. 07/SRC e risposta del Provveditorato della Calabria – nota 18 aprile 2013, prot. n. 14082), suscitando dubbi sulla correttezza dell’azione amministrativa posta in essere dal datore di lavoro, che sembrava sconfessare l’obbligatorietà del DVR anche per le strutture carcerarie, ragion per cui è stato chiesto al Ministero apposito parere sul punto (V. nota UGL-Polizia penitenziaria 159/13/SN del 18 febbraio 2013).
Il secondo quesito attiene ai requisiti di sicurezza delle superfici in vetro (c.d. porte a vetro) presenti nei servizi e nelle strutture penitenziarie (talvolta anche nei padiglioni detentivi), decisamente pericolose per la sicurezza dei lavoratori e di coloro i quali possano trovarsi a contatto con esse. Sul punto il d.lgs. n. 81/2008 prevede precise caratteristiche, contenute nell’all. IV, pt. 1.3.6, del citato provvedimento d.lgs. n. 81/2008, affinché le superfici in vetro non rappresentino un rischio per lavoratori e utenti, divenendo fonte potenziale di infortunio dovuto ad urti accidentali. Indubbiamente, l’adozione di vetri di sicurezza caratterizzati da “modalità di rottura sicura”, come richiesto dall’UGL, consentirebbe all’Amministrazione Penitenziaria di ottemperare alle previsione del d.lgs. n. 81/2008 (V. nota UGL-Polizia Penitenziaria 161/13/SN del 18.2.2013).
Il terzo ed ultimo quesito afferisce all’applicabilità anche per la Polizia Penitenziaria delle previsioni di cui all’allegato IV, d.lgs. n. 81/2008, in materia di «Spogliatoi e armadi per il vestiario» (pt. 1.12) (V. nota UGL-Polizia penitenziaria 270/13/SN del 8 aprile 2013).
La normativa di settore obbliga il personale di Polizia penitenziaria ad indossare speciali «indumenti da lavoro» (uniforme di servizio ordinaria negli uffici; tuta di servizio per gli impieghi operativi; abiti borghesi per servizi dedicati) ponendosi il problema relativo al correlato obbligo dell’Amministrazione Penitenziaria di riservare agli appartenenti al Corpo appositi luoghi (si pensi, ad esempio, alle stanze delle caserme presenti negli istituti penitenziari) ove cambiarsi, prima di prendere servizio. A sua volta tale aspetto si interseca in modo problematico con la delicata questione del pagamento dei canoni di utilizzo degli alloggi collettivi di servizio (quindi anche delle stanze site nelle predette caserme) e delle unità abitative ad uso temporaneo (i c.d. alloggi di servizio quando concessi a titolo oneroso), derivante da un chiacchierato provvedimento dell’Amministrazione Penitenziaria (V. P.D.G. n. 3828/2013 recante «Criteri di determinazione dei canoni di utilizzo delle unità abitative ad uso temporaneo e degli alloggi collettivi di servizio ai sensi dell’art. 12, commi 2 e 4, del DPR 15 novembre 2006, n. 314»), successivamente sospeso a causa delle numerose proteste sindacali (V. nota Vice Capo DAP 21 agosto 2013, GDAP 0287510-2013).
Una ipotetica e discutibile soluzione alla questione dell’approntamento di idonei spogliatoi per il personale di Polizia penitenziaria è stata fornita dall’Amministrazione Penitenziaria per la Puglia, secondo la quale all’assenza di luoghi conformi alle prescrizioni del d.lgs. n. 81/2008 si può sopperire «per il personale che giunge al provveditorato in abiti borghesi, attraverso la possibilità concreta di poter utilizzare, con piccole accortezze, le stanze degli uffici ove il medesimo presta la propria attività lavorativa», attingendo alla proverbiale arte di arrangiarsi (V. nota PRAP Puglia 1 ottobre 2013, prot. n. 29143, in risposta alla nota UGL-Puglia 29.9.2013, prot. n. 71; nota UGL-Puglia 2 ottobre 2013, prot. n. 71/bis; nota PRAP Puglia 7.10.2013, prot. n. 29914)!
A ben guardare, però, un profilo ben più interessante e problematico attiene alla riconducibilità allo stesso organo che ha suggerito la citata soluzione – il Provveditore – degli obblighi datoriali in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro con riferimento alla sede di servizio ove esercita la funzione di datore – il Provveditorato – unitamente alla posizione di responsabile del servizio di vigilanza in materia di sicurezza per le strutture penitenziarie e giudiziarie (il c.d. VISAG), essendo allo stesso tempo sorvegliante e sorvegliato, con potenziali conflitti di interesse!
Ad ogni modo, su tutte le questioni si è pronunciato il Ministero del lavoro con l’interpello 12/2013, che ha rammentato la specialità delle previsioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro in ambito penitenziario, richiamando l’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 81/2008 e rammentando che sulla materia della sicurezza e sul settore specifico v’è rinvio ad emanandi decreti regolamentari, attesi da quasi sei anni…
In effetti, già il d.lgs. n. 626/1994, rinviava ad un decreto ministeriale l’individuazione delle particolari esigenze delle strutture giudiziarie e penitenziarie in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (d.m. 29.8.1997, n. 338), provvedimento, quest’ultimo, fatto salvo dall’art. 3, comma 3, d.lgs. n. 81/2008, come rammentato dall’interpello 12/2013, con “cedevolezza” del decreto ministeriale attuativo del d.lgs. n. 626/1994, una volta pubblicati quelli in attuazione del d.lgs. n. 81/2008.
Ovviamente, però, il contenuto del d.m. n. 338/1997 va applicato tenendo conto del mutato quadro normativo, per cui, ex art. 304, comma 3, d.lgs. n. 81/2008, i riferimenti alla vecchia normativa del 1994 vanno aggiornati tenendo conto di quella del 2008.
La risposta del Ministero del lavoro ha confermato la necessità che ogni struttura o servizio penitenziario sia dotato di apposito DVR, tenendo conto delle peculiarità dell’ambiente penitenziario. Conseguentemente, i datori di lavoro delle strutture o dei servizi penitenziari sprovviste del DVR corrono il rischio di incorrere nelle pesanti sanzioni (economiche e penali) previste dal d.lgs. n. 81/2008.
Il d.m. n. 338/1997 non regolamenta in modo pedissequo tutti gli aspetti connessi alla sicurezza sui luoghi di lavoro penitenziari, e tra questi v’è l’an, il quid e il quomodo relativi alle “porte a vetro” e agli spogliatoi del personale, ragion per cui il Ministero del lavoro ha correttamente previsto che a tali problematiche sia data risposta attingendo in via eccezionale al dato normativo sub d.lgs. n. 81/2008, attuando tali previsioni nel relativo DVR.
Di conseguenza, l’interpello 12/2013 assume una evidente circolarità, poiché la risposta inizia con l’esame della normativa in materia di DVR e termina con riferimenti al medesimo documento.
Sarà interessante attendere gli atti di conformazione dell’Amministrazione Penitenziaria rispetto alle indicazioni provenienti dal Ministero del lavoro.
Vincenzo Lamonaca
Dottore di ricerca in Diritto del lavoro, Università degli Studi “Aldo Moro” Bari