Dopo il Sindacato Professionale (‘900/‘920), il Sindacato Bracciantile (anni 40 e 50), il Sindacato Industriale (anni 60/90), e il Sindacato Terziario (90/crisi), un nuovo Sindacato Sociale?
1- Al netto delle influenze soggettive dei suoi gruppi dirigenti -che tendono a compendiarsi fra loro, poiché i sindacati italiani non sono organizzazioni leaderiste ma a direzione policentrica- il futuro del sindacato, del suo ruolo e della sua forma, è funzione essenzialmente di due fattori esterni, oggettivi e non congiunturali: il primo, come cambiano il lavoro e l’economia, il secondo, come è cambiata la politica, in Italia e in Europa.
2- Entrambi sono fattori compositi, a più facce: lavoro/lavori, società (declinati per grandi e piccole imprese, settori, aree rurali, aree metropolitane, nord/sud), politica/partiti, movimenti e istituzioni (nazionali, territoriali).
3- Entrambi i fattori subiscono influenze molteplici di ordine interno ed esterno: dagli andamenti economici, demografici, migratori, fino al rafforzarsi o meno della globalizzazione, alle dinamiche dell’UE, e all’evolvere dei grandi conflitti: commerciali, finanziari, religiosi.
4- Per non improvvisare modelli astratti, conviene, tenendo conto della complessità detta, verificare se sono già visibili, o meno, dinamiche evolutive dei due fattori, lavoro e politica, che possano indicare una o più direzioni di innovazione del sindacato.
5-Partiamo dal lavoro. Anzi dal “non lavoro”. Purtroppo qui c’è in atto una tendenza che temo di lungo periodo: l’incapacità del sistema economico (europeo? occidentale?) di garantire la piena occupazione. Almeno con l’attuale modello di sviluppo a dominanza industriale. Su questo primo bivio si gioca molto del futuro delle organizzazioni sindacali, ovviamente. E io sono pessimista: se l’attuale modello di crescita non è in grado di impiegare pienamente la risorsa lavoro, il sindacato che può fare? Si rassegna a rappresentare i soli inclusi o anche gli esclusi? Come? Dove? Ci torneremo.
6- In ogni caso, dinamiche degli investimenti, occupazione, tipologie del lavoro, suoi tempi e retribuzioni dovrebbero divenire materia centrale della contrattazione nazionale e diffusa. Se l’obiettivo è massimizzare l’occupazione in una fase di riduzione del lavoro necessario, è condizione indispensabile che le forme della contrattazione si improntino maggiormente alla partecipazione e alla codeterminazione delle condizioni di lavoro e del rapporto tra lavoro e investimenti…
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