Lo scorso 3 dicembre 2014 il Senato – in terza lettura – ha approvato definitivamente il disegno di legge governativo per la riforma del mercato del lavoro (c.d. Jobs Act), il quale prevede cinque diverse deleghe al Governo, da esercitare entro sei mesi dall’approvazione della legge, riguardanti nello specifico le seguenti materie:
- ammortizzatori sociali;
- servizi per il lavoro e politiche attive;
- semplificazione delle procedure e degli adempimenti;
- riordino delle forme contrattuali e dell’attività ispettiva;
- tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro.
Nell’ambito della riforma prevista per l’organizzazione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, sono presenti rilevanti novità relativamente all’utilizzo degli strumenti tecnologici per la gestione dei servizi e per la condivisione delle informazioni attualmente in capo ai differenti soggetti operanti nel mercato del lavoro. La legge delega prevede interventi finalizzati alla «valorizzazione del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro e il monitoraggio delle prestazioni erogate, anche attraverso l’istituzione del fascicolo elettronico unico contenente le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche ed ai versamenti contributivi», e nello specifico indica i seguenti obiettivi:
– «l’integrazione del sistema informativo con la raccolta sistematica dei dati disponibili nel collocamento mirato nonché di dati relativi alle buone pratiche di inclusione lavorativa delle persone con disabilità e agli ausili ed adattamenti utilizzati sui luoghi di lavoro»: attualmente le informazioni relative al collocamento “mirato” – ossia all’insieme degli strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative al fine del loro inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro – non sono pienamente integrate nei sistemi informativi utilizzati dai servizi per l’impiego. La gestione attraverso il SIL, non solo delle pratiche amministrative riguardanti il collocamento mirato, ma anche delle buone pratiche di inclusione lavorativa – ossia degli inserimenti di lavoratori disabili coerentemente alle loro attitudini e competenze, e di tutte le azioni che sono propedeutiche a tali risultati (analisi dei posti di lavoro, forme di sostegno, soluzione dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro) consentirebbe da un lato ai lavoratori disabili, dall’altro ai soggetti passivi del collocamento obbligatorio – i datori di lavoro obbligati al rispetto delle quote di riserva di assunzione di lavoratori disabili – di avere servizi di migliore qualità, e permetterebbe ai centri per l’impiego una gestione più coerente dei servizi;
– «la semplificazione amministrativa in materia di lavoro e politiche attive, con l’impiego delle tecnologie informatiche, secondo le regole tecniche in materia di interoperabilità e scambio dei dati definite dal codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, allo scopo di rafforzare l’azione dei servizi pubblici nella gestione delle politiche attive e favorire la cooperazione con i servizi privati, anche mediante la previsione di strumenti atti a favorire il conferimento al sistema nazionale per l’impiego delle informazioni relative ai posti di lavoro vacanti»: l’articolo 12 del d.lgs. sopracitato (“Codice dell’amministrazione digitale) prevede che «le pubbliche amministrazioni utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, garantendo, nel rispetto delle vigenti normative, l’accesso alla consultazione, la circolazione e lo scambio di dati e informazioni, nonché l’interoperabilità dei sistemi e l’integrazione dei processi di servizio fra le diverse amministrazioni». Tali principi sono ampiamente disattesi nell’ambito della PA, e nello stesso ambito del mercato del lavoro la piena circolazione delle informazioni tra i principali soggetti (Ministero del Lavoro, INPS, INAIL, Regioni) è lungi da essere conseguita, anche se un notevole caso di successo in tale contesto riguarda la realizzazione del Sistema delle comunicazioni obbligatorie, il quale – oltre a consentire l’invio on-line delle comunicazioni e la loro pluriefficacia – si è rivelato uno strumento particolarmente utile al fine del monitoraggio del mercato del lavoro nazionale, rendendo possibile la disponibilità “in tempo reale” di una serie di informazioni dettagliate.
Per quanto riguarda la cooperazione con i servizi privati, il percorso appare complesso, in particolare se non si individuano metodi e strumenti che da un lato garantiscano la tutela dei dati strategici per il business delle agenzie per il lavoro, dall’altro rendano a queste ultime utile l’accettazione di simile percorso di integrazione. A tale proposito il problema principale riguarda la natura del rapporto tra servizi pubblici e servizi privati (i centri per l’impiego dovranno porsi in futuro su un piano di competizione con le agenzie del lavoro oppure dovranno avere una funzione di coordinamento e indirizzo nei territori di competenza? Su questo aspetto il Jobs Act non ha esplicato le intenzioni del governo), ma di rilevante importanza è anche la capacità degli strumenti pubblici di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro di essere una “opportunità” per le agenzie private, e non soltanto fonti di obblighi di natura burocratica.
La realizzazione di un sistema informativo del lavoro nazionale, integrato in tutte le sue componenti – dalla gestione amministrativa dei centri per l’impiego, alla gestione dell’incontro domanda/offerta di lavoro sul web, fino alla gestione del collocamento dei disabili e all’integrazione con i servizi privati – rappresenta un aspetto strategico fondamentale se si vuole dare al nostro mercato del lavoro un carattere di modernità e di fluidità nelle relazioni di lavoro e nella circolazione delle informazioni.
Attualmente la situazione appare frammentata, anche a causa della presenza di differenti sistemi informativi del lavoro regionali non integrati fra di loro, frutto di un percorso normativo complesso.
Una prima regolazione del Sistema informativo del lavoro fu introdotta attraverso il Decreto legislativo n. 469/1997, nel quale furono definiti l’ambito di azione del SIL e l’articolazione organizzativa dello stesso, la quale prevedeva una funzione direttiva del Ministero del Lavoro, supportata – al fine di preservare l’omogeneità logica e tecnologica del SIL ed al contempo consentire l’autonomia organizzativa e gestionale dei sistemi informativi regionali e locali ad esso collegati – da un organo tecnico con compiti di raccordo tra il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le regioni e le amministrazioni locali.
I successivi interventi legislativi, e in particolare la riforma del Titolo V della Costituzione – la quale attribuisce alla legislazione concorrente la disciplina del mercato del lavoro – ha mutato lo scenario e la governance del SIL, conferendo alle regioni i poteri di disciplinare nel dettaglio gli aspetti applicativi (si connotano in tal senso il d.lgs. n. 181/2000 e successive integrazioni ed il d.lgs. 276/2003). Il modello di SIL ipotizzato inizialmente – un sistema unico nazionale – ha dovuto cedere il passo a un “sistema federato”, ossia composto da una rete di sistemi regionali, tra di loro connessi ed interoperabili. Al Ministero del lavoro è rimasta una funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale.
Nello specifico, la funzione di coordinamento assegnata al Ministero del lavoro si esplica nella potestà di definire gli standard tecnologici in materia di anagrafe del lavoro, comunicazioni obbligatorie, borsa continua nazionale del lavoro; gli standard tecnologici e le regole d’uso devono essere stabilite con DM adottato d’intesa con la Conferenza Unificata. Il raccordo tra il Ministero del Lavoro e le Regioni viene realizzato attraverso il Tavolo Tecnico SIL (il quale, in base all’Accordo dell’11 luglio 2002 dovrebbe sovraintendere all’attuazione del SIL e al suo corretto funzionamento) e la Commissione Tecnica per il raccordo e il coordinamento della Borsa Continua Nazionale del Lavoro.
Le Regioni svolgono invece una funzione di integrazione tra i servizi per l’impiego, le politiche attive del lavoro e le politiche formative, nonché di monitoraggio delle politiche attive del lavoro. I compiti riguardanti la gestione del collocamento sono invece attribuite alle province, mentre la gestione delle politiche attive del lavoro, dell’orientamento e della formazione professionale sono in capo alle province qualora le normative regionali ne prevedano il conferimento, in caso contrario permangono in capo alle regioni stesse.
La frammentazione nella gestione del mercato del lavoro si riflette in una speculare condizione del Sistema informativo del lavoro: ogni regione ha progettato un proprio sistema, sebbene nell’ambito di standard nazionali condivisi, che non dialoga con gli altri sistemi regionali; spesso, nell’ambito della stessa regione, le province hanno adottato sistemi informativi differenti (da qui l’esigenza di una ulteriore integrazione attraverso un sistema che svolga il compito di “coordinatore regionale”). Anche con riferimento alla gestione di categorie specifiche di lavoratori – a iniziare dai disabili – o di segmenti di servizio – bilancio delle competenze, servizi alle aziende – ogni realtà regionale o provinciale ha seguito un proprio percorso, determinando un quadro nazionale estremamente diversificato, nel quale accanto ad assolute eccellenze – innanzitutto il Veneto, ma anche la Toscana e il Piemonte – sono presenti situazioni molto critiche.
Il problema non risiede soltanto nella mancata integrazione tra i diversi sistemi regionali, ma anche nel mancato completamento del percorso che consentirebbe al SIL dialogare pienamente con i sistemi web di incontro tra domanda e offerta di lavoro pubblici: nella situazione attuale vi è una netta separazione tra i sistemi informatici deputati alla gestione amministrativa delle attività dei servizi per l’impiego e i portali di intermediazione tra lavoratori e aziende, e lo stesso portale Cliclavoro – sebbene preveda nel suo funzionamento il conferimento allo stesso delle richieste di lavoro dei centri per l’impiego – costituisce un’entità separata, “altra” rispetto alla rete territoriale dei servizi per il lavoro pubblici.
Il vero salto di qualità sarebbe costituito dalla capacità di portare i servizi pubblici per il lavoro nel web, consentendo l’accesso ai differenti percorsi di servizio senza recarsi fisicamente presso il centro per l’impiego – se non quando necessario – e modulando i portali pubblici di incontro domanda/offerta sulla base di standard qualitativi superiori a quelli attualmente esistenti: tali modalità permetterebbero alle aziende di reperire le professionalità necessarie – anche attraverso percorsi digitali di validazione o riconoscimento delle competenze professionali – e ai lavoratori di accedere non solo alle opportunità di lavoro esistenti, ma anche ai percorsi formativi utili al reinserimento nel mercato del lavoro.
Un ulteriore elemento di innovazione tecnologica contenuto nella legge delega riguarda «l’istituzione del fascicolo elettronico unico contenente le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche ed ai versamenti contributivi».
Si tratta di un progetto ambizioso, che dovrebbe realizzare un percorso già in parte previsto dal “libretto formativo del cittadino”, il quale era stato pensato per raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendimento dei cittadini lavoratori, nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana, ciò al fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone.
A tale proposito, il testo della Legge delega approvato dal Senato lo scorso 3 dicembre contiene anche un riferimento alla «revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, in un’ottica di integrazione nell’ambito della dorsale informativa», e prevede l’esigenza di coordinamento il libretto formativo stesso e il fascicolo elettronico.
Il fascicolo elettronico riprende gli obiettivi previsti dal libretto formativo del cittadino – strumento mai realizzato – e prevede di integrare le informazioni di carattere previdenziale, per il quale sarebbe necessario l’interscambio dei dati con l’INPS e gli altri istituti previdenziali: si tratta di un progetto la cui utilità sarebbe indubbia, ma la cui complessa realizzazione è indiscutibile, come dimostrano le difficoltà – precedentemente descritte – di integrazione informativa tra i differenti soggetti che operano nel mercato del lavoro.
Gianluca Meloni
Consulente per il mercato del lavoro – Reggio Emilia
@gianluca_meloni