La presenza di persone affette da malattie croniche nel mercato del lavoro europeo è problematica poiché a queste si associa un alto rischio di disoccupazione e inattività e poche opportunità di ottenere un lavoro.
Secondo i dati dell’Eurostat del 2012 (Report Eurostat, People having a long-standing illness or health problem, by sex, age and labour status), il 20,1% dei lavoratori nei 28 paesi dell’Unione Europea afferma di avere una malattia di lunga durata o un problema di salute; questa percentuale aumenta al 26,4% per coloro che sono disoccupati, al 58,2% per i pensionati e al 31,5% per coloro che si trovano in altre situazioni di inattività.
Questa situazione è riscontrabile in tutti gli stati membri dell’Unione europea, anche se appare molto più accentuata in alcuni paesi (Finlandia 34,1%, Estonia 31%, Svezia 28,2%, Francia 26,2% e Germania 25,7%) piuttosto che in altri (Romania 5,1%, Bulgaria 7,3% e Grecia 8,8%).
Tabella 1: Percentuale di popolazione con malattia di lunga durata o problema di salute
Occupati | Disoccupati | Pensionati | In altre situazioni di inattività | |
Media UE | 20,1 | 26,4 | 58,2 | 31,5 |
Austria | 23,1 | 46,2 | 55,1 | 27,7 |
Belgio | 14,2 | 26,2 | 40,0 | 31,0 |
Bulgaria | 7,3 | 7,9 | 43,5 | 16,5 |
Cipro | 22,7 | 21,5 | 79,0 | 25,0 |
Croazia | 10,6 | 15,1 | 61,6 | 21,5 |
Danimarca | 19,8 | 36,7 | 40,8 | 38,8 |
Estonia | 31,0 | 32,4 | 81,8 | 38,4 |
Finlandia | 34,1 | 50,4 | 74,1 | 44,2 |
Francia | 26,2 | 32,2 | 60,0 | 30,5 |
Germania | 25,7 | 52,6 | 63,7 | 29,2 |
Grecia | 8,8 | 12,0 | 54,2 | 24,3 |
Irlanda | 14,6 | 21,4 | 52,5 | 37,2 |
Italia | 13,7 | 14,0 | 49,3 | 26,2 |
Lettonia | 20,5 | 29,1 | 72,4 | 27,6 |
Lituania | 11,9 | 20,8 | 66,8 | 29,8 |
Lussemburgo | 13,7 | 30,1 | 34,9 | 23,8 |
Malta | 13,9 | 19,0 | 62,4 | 35,9 |
Paesi Bassi | 24,0 | 61,5 | 52,0 | 39,7 |
Polonia | 19,7 | 23,3 | 66,6 | 40,5 |
Portogallo | 21,9 | 30,5 | 66,1 | 42,0 |
Regno Unito | 22,4 | 29,1 | 60,0 | 39,1 |
Repubblica Ceca | 15,7 | 31,9 | 54,1 | 30,5 |
Romania | 5,1 | 7,9 | 54,8 | 12,0 |
Slovacchia | 17,4 | 23,1 | 63,7 | 25,0 |
Slovenia | 22,1 | 40,8 | 62,7 | 22,0 |
Spagna | 14,3 | 18,9 | 53,5 | 35,7 |
Svezia | 28,2 | 36,2 | 49,5 | 31,1 |
Ungheria | 19,6 | 26,9 | 69,5 | 34,6 |
Fonte: Eurostat in Eurofound, Employment opportunities for people with chronic diseases.
I dati rilevati da Eurostat nell’indagine specifica e riportati in tabella 1, sono confermati da indagini nazionali. In molti paesi europei, infatti, si rileva che le malattie croniche prevalgono tra le persone in prepensionamento o in pensione, mentre inferiore è l’indecenza tra gli occupati e i disoccupati. Così in Belgio, un report della Flemish Agency for Disabled Persons (VAPH) – Sito ufficiale VAPH: www.vaph.be/vlafo/view/nl) individua che solo il 7,3% dei lavoratori è affetto da malattie croniche rispetto ad un 15% dei disoccupati e ad un 31% delle persone non attive; due terzi degli individui, invece, che non lavorano afferma che la propria malattia cronica o disabilità li affligge talmente tanto da non poter avere un lavoro. Dati simili sono stati rilevati in Danimarca (National Health Profile, 2010), Portogallo (Estatísticas do Emprego, 2012), Croazia (studio condotto nel 2013 dal Servizio per l’impiego croato, HZZ – Sito ufficiale HZZ: www.hzz.hr/default.aspx), Francia (B. Saliba, A. Paraponarisa, B. Ventelou, Situations à l’égard du travail des personnes atteintes de maladies chroniques, 2007) e Romania (report rilasciato nel 2011 dal Istituto nazionale di statistica INS – Sito ufficiale INS: www.insse.ro/cms/).
In Italia, invece, l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) rileva che oltre il 50% delle persone che soffrono di un problema di salute deriva dal proprio lavoro.
La condizione di inattività delle persone affette da malattie croniche si riflette anche sull’indicatore del tasso di occupazione. La tabella 2 (riguardante i paesi dell’UE ad eccezione di Lettonia e Germania) mette a confronto il tasso di occupazione delle persone con problemi di salute rispetto a quello dell’intera popolazione.
Al contrario, le situazioni di disoccupazione e, specialmente di inattività, sono particolarmente acute tra le persone affette da problemi di salute cronici e duraturi. Focalizzandosi sui disoccupati, dati provenienti da fonti nazionali, come alcune statistiche rilevate in Estonia nel 2011 dall’Istituto Nazionale di Statistica (Statistics Estonia, Population by Occurrence of long-term illness or health problem, sex, age group and place of residence, 31 dicembre 2011 e un report del 2012 dall’Istituto per la ricerca sul lavoro e la famiglia slovacco (SŠPR – Inštitút pre výskum práce a rodiny, Chránená práca pre občanov so zdravotným postihnutím v Európskej únii a odporúčania pre Slovenskú republiku, 2012, mostrano che i tassi di disoccupazione dei lavoratori affetti da malattie croniche sono generalmente il doppio rispetto a quelli della popolazione totale.
La maggior parte delle persone con malattie croniche si trova, quindi, al di fuori del mercato del lavoro in situazioni di inattività.
Con riferimento ai giovani, una ricerca condotta nel Regno Unito (Papworth Trust, Disability in the United Kingdom 2014, Facts and figures, 2014), indica che è più probabile che i giovani disabili si trovino nella cosiddetta situazione “NEET” (ovvero che non sono impegnati né i un percorso formativo, né in un impiego, né lo cercano) e che quindi non abbiano un lavoro rispetto ai giovani della stessa fascia di età non affetti da alcuna patologia (22% contro un 15%). Questo limitato accesso al mercato del lavoro ha un impatto diretto sul benessere delle persone con problemi di salute, infatti circa un quarto di queste persone con malattie croniche vive al di sotto della soglia di povertà (OECD, Sickness, Disability and Work: Breaking the Barriers, 2010,).
Le difficoltà dei malati cronici nel mercato del lavoro
La grave situazione del mercato del lavoro delle persone affette da problemi di salute cronici e duraturi è collegata soprattutto alla repentina transizione da situazioni di occupazione a quelle di disoccupazione/inattività. Diversi studi dimostrano che solo la metà dei lavoratori, a cui è stato diagnosticata una malattia grave o di lunga durata, è ancora occupata dopo nove mesi (NFA, Det store TTA – projekt. Proces-, effekt- og økonomisk evaluering – Il progetto di ritorno al lavoro. Processo, effetto e valutazione economica, 2012. Risultati simili sono forniti anche da VDAB, Arbeidsgehandicapten op de Vlaamse arbeidsmarkt, 2010, o un anno dopo (TNO, CBS, Netherlands Working Conditions Survey 2013, TNO, 2014).
Secondo altri studi, l’80% di chi è diventato disabile lavora nel momento in cui ha acquisito la disabilità, il 60% lavora ancora l’anno dopo e solo il 36% dopo due anni (Office for National Statistics, Life Opportunities Survey, Interim Report 2009-2010, 2010.
Al contrario, il passaggio da inattività/disoccupazione a occupazione sembra essere particolarmente complicato per le persone affette da malattie croniche e di lunga durata. Nel Regno Unito, per esempio, il tasso dei lavoratori disabili che da inattivi diventano occupati è solo del 4%, mentre per i lavoratori non disabili la percentuale è sei volte superiore. Una delle principali criticità che viene, infatti, denunciata dai lavoratori disabili è proprio la mancanza di opportunità di lavoro (Office for National Statistics, Life Opportunities Survey, Interim Report 2009-2010, 2010).
È evidente allora come questa categoria di lavoratori registra elevate percentuali di disoccupazione di lunga durata, molto più elevate rispetto ai lavoratori che non hanno problemi di salute.
Le ragioni delle difficoltà dei malati cronici nel mercato del lavoro
La difficoltà della permanenza o al reinserimento nel mercato del lavoro per i malati cronici dipende da numerose difficoltà specifiche, fronteggiate sia dalle aziende che assumono persone con malattie croniche, sia da questi lavoratori quando cercano di ottenere un lavoro.
Dal punto di vista delle aziende, risultano un certo numero di ragioni che spiegano la loro riluttanza nell’assumere persone con problemi di salute duraturi e con malattie croniche.
I datori di lavoro, infatti, credono che queste persone siano meno produttive e impongano costi addizionali all’azienda (Department for Work and Pensions, Economic and social costs and benefits to employers of retaining, recruiting and employing disabled people and/or people with health conditions or an injury: A review of the evidence, 2006; ma anche E. Pavlíková, A. Kondášová, Analýza doterajších skúseností subjektov vstupujúcich do procesu zamestnávania osôb so zdravotným postihnutím [Analysis of the experience of organisations entering the process of employing persons with disabilities], Institute for Labour and Family Research, Bratislava, 2002), sia con riferimento alle retribuzioni erogate durante il primo periodo di malattia sia ai costi determinati dal supporto al ritorno al lavoro e all’adattamento del posto di lavoro (Statistics Sweden, Conditions in the labour market, 124, 2013).
Tuttavia, una ricerca irlandese (B. Hernandez, K. McDonald, Exploring the costs and benefits of workers with disabilities, Journal of Rehabilitation, Vol. 76, No. 3, pp. 15–23,2010) condotta nei settori della sanità, del commercio e in quello alberghiero, ha evidenziato piccole differenze nella performance lavorativa tra dipendenti con e senza disabilità. Ciò fa capire che spesso i datori di lavoro hanno una scarsa conoscenza delle malattie e delle possibilità di chi è affetto nel continuare a lavorare, preferendo perciò sciogliere i contratti oppure non assumere persone con malattie croniche o problemi di salute.
Esistono, tuttavia, anche evidenze di segno contrario. Il 14% delle aziende, oggetto di un’indagine olandese (TNO, CBS, Netherlands Working Conditions Survey 2013, TNO, 2014), affermano di avere “consapevolmente” assunto “lavoratori fragili” (inclusi quelli con malattie croniche) e che il 3,8% di queste, afferma che si tratta di una loro strategia. I lavoratori appartenenti a queste aziende assumono un atteggiamento positivo nei confronti di tali strategie, volte a favorire l’ingresso nel mercato del lavoro delle persone con problemi di salute (Cfr. L.S. Ellerbæk, V. Jakobsen, S. Jensen, H. Holt, Virksomheders sociale engagement, 2012).
Dal punto di vista dei lavoratori, la ridotta capacità con cui si confrontano influenza negativamente il loro pieno accesso a “normali” lavori a tempo pieno. Queste persone, infatti, non solo hanno una doppia probabilità di interrompere la loro attività lavorativa a causa del loro problema di salute, ma hanno anche una maggiore propensione ad avere lunghi periodi di inabilità rispetto alle persone senza problemi di salute. In Grecia, un’indagine (Hellenic Statistical Authority, Survey on Employment of Disabled People, 2011), condotta dall’Hellenic Statistical Authority sull’occupazione delle persone disabili, ha riportato che il 40,9% di coloro che sono affetti da problemi di salute di lungo termine dichiara che potrebbe lavorare solo per un numero limitato di ore, il 41,4% afferma che ci sono limitazioni nella tipologia di lavoro che può svolgere e il 20,1% dichiara che ci sono limitazioni legate al tragitto verso e dal posto di lavoro. A causa di queste barriere, i lavoratori affetti da problemi di salute di lunga durata e da malattie croniche richiedono soluzioni personalizzate, che vanno da ritmi di lavoro creati appositamente per loro ad accordi di lavoro “ad hoc”.
L’impatto dell’entità e della tipologia della malattia
Sono in particolare l’entità e la tipologia della malattia cronica e l’età dell’individuo affetto da malattia cronica gli aspetti principali che incidono maggiormente sulle transizioni tra occupazione, disoccupazione e inattività e sullo stato occupazionale.
È logico attendersi che le persone con una capacità lavorativa ridotta abbiano un tasso di occupazione inferiore alle persone con una maggiore capacità lavorativa residua. Ugualmente la gravità della malattia incide sulla possibilità di occupazione. In diversi paesi (Belgio, Lussemburgo, Irlanda, Malta, Regno Unito) sono registrati tassi di occupazione più elevati per lavoratori affetti da attacchi di emicrania, problemi digestivi o renali, problemi al collo o alla schiena, rispetto a lavoratori affetti da depressione o cancro (Eurofound, Employment Opportunities for People with Chronic Diseases, 2014).
Osservando i dati Eurostat (tabella 4) relativi alle persone con malattie croniche per classi di età e stato occupazionale, è evidente che la percentuale di persone inattive con problemi di salute duraturi aumenta con l’età e che questa percentuale è sempre più alta rispetto a quelle delle persone disoccupate e occupate della medesima fascia d’età.
Tabella 4: Percentuale di persone con malattie di lunga durata o problemi di salute in Europa,
per età e stato occupazionale
Stato occupazionale | 16-24 anni | 25-34 anni | 35-44 anni | 45-54 anni | 55-64 anni |
Occupati | 10,2 | 12,0 | 16,0 | 24,2 | 33,3 |
Disoccupati | 10,5 | 14,8 | 23,3 | 37,4 | 47,0 |
Pensionati | ———- | 92,6 | 70,5 | 57,0 | 47,1 |
Altre persone inattive | 10,4 | 18,7 | 34,2 | 50,3 | 60,2 |
Fonte: Eurostat, 2013
L’impatto della crisi economica
Diverse indagini nazionali dimostrano che la crisi economica iniziata nel 2008, ha un efficace impatto negativo sulla situazione occupazionale delle persone affette da malattie croniche. Tutto ciò si riflette in un aumento dei relativi tassi di disoccupazione e inattività.
Una prova di quanto appena affermato, si evince da una ricerca svolta dal servizio pubblico per l’impiego della comunità fiamminga del Belgio (Vlaamse Dienst voor Arbeidsbemiddeling en Beroepsopleiding) e dai dati dell’Ufficio statistico polacco (GUS – Central Statistical Office), che dimostrano un aumento del numero dei disoccupati con una malattia cronica o disabilità proprio tra il 2008 e il 2011. Analogamente, in Svezia, si osserva che la crisi, dal 2008 al 2013, ha raddoppiato il numero dei disoccupati con limitata capacità lavorativa a causa di problemi di salute.
Trend simili si sono osservati anche in Bulgaria, Croazia e Lituania. Non in tutti i Paesi si è sviluppato, tuttavia, questo fenomeno negativo. In tal senso si può citare il caso della Slovacchia, dove il tasso di occupazione delle persone affette da malattia cronica è cresciuto dal 9% (2008) al 13% (2013) pur rimanendo ancora su soglie molto basse. Anche in Irlanda, la crisi economica sembra non aver avuto un impatto negativo: i dati del censimento mostrano un aumento del tasso di partecipazione al mercato del lavoro delle persone affette da malattie croniche tra il 2006 e il 2011.
Per un approfondimento in materia si rimanda a C. Balascau, La distribuzione delle malattie croniche per categorie professionali e settori, in Bollettino Speciale ADAPT, n. 2/2015).
Francesca Mazzocchi
Studentessa Economia aziendale
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
@FMazzocchi_
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