Fortuna e stupore sono gli argini entro i quali si dipana la storia di Jack Woodward, un giovane inglese diventato apprendista quasi per caso, ma che ha raggiunto presto il successo. Jack stava navigando in cerca di qualche offerta che facesse al caso suo tra anonimi annunci per sviluppatori web, fino a che si è imbattuto, nell’Apprenticeship National Service, il sito istituzionale inglese dedicato all’apprendistato (una piattaforma online che, purtroppo, l’Italia ancora non ha). Ed è qui che ha letto un annuncio pubblicato nientemeno che da Google. Jack, che oggi è un’analista di Google+, grazie a questa esperienza è cresciuto professionalmente, fino a risultare il vincitore del premio Advanced Apprentice Award 2014.
Un’idea vincente
La proposta che ha ricevuto Jack è ben retribuita e dimostra grandi possibilità di crescita fin da subito. Si tratta di diventare apprendista in Google nell’area marketing digitale. L’entusiasmo iniziale di Jack è subito confermato dalle responsabilità sul lavoro: Woodward, infatti, si ritrova ben presto a svolgere diverse attività e a realizzare il suo primo progetto professionale ovvero, script meteorologici che permettono agli inserzionisti di pubblicare gli annunci in base alle previsioni del tempo. Jack si accorge subito di essere stato un ragazzo fortunato. Un’esperienza di lavoro in Google, infatti, non capita certo a tutti. E lui è perfettamente consapevole che ci sono opportunità uniche dove occorre essere motivati, lavorare duro e dedicare determinazione e anche passione. Essere apprendista per lui significa essere orientati e guidati da un maestro. A tal proposito, Jack riconosce la preziosa figura del tutor che lo ha indirizzato, seguito e incoraggiato valorizzando davvero il suo potenziale.
L’università, da sola, non basta
La storia di questo giovane apprendista inglese, dunque, ci insegna che non sempre l’università è la scelta migliore; e al tempo stesso ci dimostra anche che l’apprendistato, se applicato bene, può rappresentare un trampolino nel processo di placement verso il mercato del lavoro di cui un Paese come il nostro ha disperato bisogno. Perché un mestiere si impara soprattutto sviluppando competenze professionali direttamente nel contesto aziendale e non studiandole sui libri. Se in università si insegna la teoria, infatti, in azienda si impara a lavorare. Un maggiore dialogo tra i due mondi sarebbe opportuno ed utile anche per il futuro lavorativo dei giovani italiani.
A che punto siamo in Italia
Ciò che testimonia il successo lavorativo di Jack è che gli obiettivi si raggiungono nel tempo, cercando di migliorarsi continuamente, crescere e mettendosi sempre in gioco. In questo senso, l’apprendistato può essere una soluzione privilegiata al problema della disoccupazione giovanile. Anche se, purtroppo, in Italia l’apprendistato è troppo spesso, ritenuto uno strumento vecchio, burocratico e lontano dalle esigenze del mercato del lavoro. Ma non è affatto così. Il Testo Unico in materia di apprendistato, infatti, non ha nulla da invidiare agli altri stati europei. Il problema è piuttosto la sua ineffettività, dovuta alle resistenze culturali e alla tanto temuta formazione legata al lavoro. Eppure l’apprendistato è una risorsa strategica, per i giovani e per le imprese, che permette di risparmiare sul costo del lavoro e al tempo stesso di formare profili professionali secondo le esigenze più attuali del mercato. Aprire la porta della propria bottega e dare il benvenuto a un giovane apprendista, infine, non significa soltanto insegnargli un mestiere di qualità, trasmettergli l’umiltà di imparare e il valore del lavoro, ma è anche un’opportunità unica per formare persone capaci di mettere il proprio patrimonio di conoscenze al servizio degli altri. A beneficio di tutti.
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@MonicaZan8
* Pubblicato anche in Tempi.it, 27 ottobre 2014.