Si continua a discutere di come ridurre i contratti a termine. Ma eventuali nuove norme restrittive non riuscirebbero comunque a eliminarli del tutto. Perché la parte maggioritaria del fenomeno si spiega con posti di lavoro effettivamente temporanei.
I disincentivi possibili
Nel periodo novembre 2016-ottobre 2017 (ultimi dati disponibili) il numero medio mensile di occupati a termine (inclusi apprendisti) si aggira attorno a 2,6 milioni sia secondo Istat-Rfl che secondo gli Osservatori Inps. Il numero di lavoratori che nel corso di un anno sperimenta almeno un rapporto di lavoro a termine è chiaramente maggiore: secondo Inps-Osservatorio dipendenti nel 2016 si è trattato di 3,1 milioni.
La domanda d’obbligo è: se, come universalmente affermato, il rapporto di lavoro “normale” deve essere a tempo indeterminato, è possibile ridurre la dimensione assoluta e quindi l’incidenza del lavoro a termine? E come, se diamo per scontato che le soluzioni più semplici (abolire il contratto a tempo determinato) non sono di fatto praticabili?…
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