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Bollettino ADAPT 28 febbraio 2022, n. 8
Ha destato incredulità e disordini in Spagna la decisione – per fatti concludenti – di rimandare a data da destinarsi l’emanazione del decreto che già a partire dal primo giorno di quest’anno avrebbe dovuto disciplinare il telelavoro per i funzionari pubblici .
Era stata infatti la stessa ministra delle finanze e della pubblica amministrazione, María Jesús Montero, a dichiarare, nel novembre dello scorso anno, che era in fase di ultimazione una disciplina che avrebbe consentito ai lavoratori pubblici una maggiore flessibilità in termini di giorni telelavorabili, sempre compatibilmente con la tipologia di attività svolta.
La linea da seguire, infatti, secondo quanto trapelato nei mesi scorsi da fonti ministeriali, avrebbe dovuto essere quella di confermare i contenuti dell’accordo raggiunto nell’aprile 2021 tra Governo e sindacati, il quale lasciava ai funzionari pubblici la possibilità di scegliere di lavorare a distanza fino a 3 giorni alla settimana, disposizione di non poco conto se si considera una platea di oltre 230.000 lavoratori interessati, e con un impatto su altrettante famiglie.
Tra gli obiettivi dichiarati di tale decreto v’erano, oltre a quello di rendere compatibile la garanzia dei servizi alla cittadinanza con una maggiore flessibilità per i lavoratori della pubblica amministrazione, anche quello di incentivare la presenza di funzionari pubblici nelle zone residenziali più remote e spopolate della Spagna, affinché anche in quei territori fosse garantita la prestazione del servizio pubblico, e con la medesima qualità.
Tale esigenza è emersa, in particolare, dopo l’esperienza pandemica, durante la quale tutte le amministrazioni pubbliche, o quasi, si sono viste obbligate a ricorrere a quella peculiare modalità di organizzazione del lavoro da remoto che nel periodo emergenziale era consentita sino a 4 giorni alla settimana, dando priorità ai lavoratori con figli di età fino a 14 anni o con familiari a carico, e a coloro che fossero affetti da patologie caratterizzate da importanti fattori di rischio.
L’accordo manteneva inalterati i diritti dei telelavoratori in rapporto a quelli dei colleghi in presenza, sia per quanto riguarda la retribuzione, sia con riferimento a orario lavoro, formazione o carriera professionale, oltre che in punto di diritto alla riservatezza e alla disconnessione digitale. Veniva prevista inoltre la fornitura degli strumenti di lavoro a carico della pubblica amministrazione.
Tuttavia, non solo questo accordo non è mai giunto a plasmarsi in un decreto, ma nell’ottobre dello scorso anno il Ministero delle finanze e della pubblica amministrazione ha fatto marcia indietro rispetto alla linea che era stata intrapresa, proprio grazie a quell’accordo, tra i sindacati e il Governo nella persona del precedente ministro Miquel Iceta, richiamando i funzionari a lavorare in presenza con un solo giorno telelavorabile alla settimana.
E nonostante la nuova ministra abbia a più riprese assicurato che il decreto legge per la disciplina del lavoro a distanza nella pubblica amministrazione continui ad essere un tema presente sul tavolo della negoziazione, tuttavia si assiste ad un continuo rimandare la data in cui lo stesso sarà pronto ad essere emanato, posto che in un primo momento si era parlato del 1° gennaio 2022, poi di fine febbraio, e a pochi giorni da questa scadenza è stato reso noto che “non vi è alcuna novità al riguardo” secondo quanto riportato dai sindacati, che in più occasioni, sul punto, hanno incalzato il Governo nelle ultime settimane.
Va segnalato, tuttavia, che, sebbene questo ultimo rinvio risulti “a data da destinarsi” senza altra indicazione, il progetto di decreto legge in questione rientra nel Piano Annuale Normativo 2022 destinato all’aggiornamento legislativo nella pubblica amministrazione, il che significa che il Governo si è impegnato ad elaborarlo e approvarlo al più tardi entro la fine dell’anno.
Il disappunto dei sindacati si basa, in particolare, sull’insensatezza di mettere ancora una volta da parte una disposizione il cui avanzamento è tale da richiedere il minimo sforzo per la conversione normativa, a fronte invece della priorità, che viene garantita nell’agenda governativa, a questioni ritenute più urgenti dal punto di vista economico perché tese ad ottenere dall’Europa i fondi necessari per sostenere la ripresa.
Segnalano inoltre i sindacati come il Governo non ritenga urgente l’approvazione del decreto sul lavoro a distanza per i funzionari pubblici in quanto sarebbe sufficiente continuare ad applicare le disposizioni emergenziali adottate in ragione della pandemia, le quali consentono di poter usufruire del telelavoro per un maggiore numero di giorni rispetto a quelli normalmente concessi, ove ricorrano determinate condizioni, come ad esempio il caso di contagio da Covid-19.
Non viene considerato, tuttavia, che le disposizioni emergenziali non risolvono i problemi con cui i telelavoratori pubblici ogni giorno hanno a che fare, come ad esempio il necessario utilizzo di strumenti di lavoro personali a fronte della mancata fornitura di quelli professionali, o l’assenza di competenze per l’utilizzo delle strumentazioni digitali indispensabili per il lavoro a distanza, o la mancanza di informazioni di base sulla sicurezza informatica, la protezione dei dati o le molestie sul lavoro, tutti aspetti che invece sì sarebbero stati oggetto di disciplina specifica nel decreto.
Ad ogni modo, la ministra Montero ha assicurato che manterrà l’impegno di dare concretezza, mediante decreto legge, alle disposizioni in materia di lavoro a distanza nella pubblica amministrazione, identificando come attività telelavorabili quelle che possono essere svolte senza che sia necessariamente richiesta la presenza sul luogo abituale di lavoro e senza che ciò comprometta in alcun modo la qualità della prestazione. Rimarrebbero escluse le Forze Armate, la polizia, il personale sanitario, i docenti, i giudici, i pubblici ministeri e altro personale giudiziario. Per queste categorie sarà prevista una disciplina ad hoc in materia di telelavoro.
Non rimane dunque che attendere il prosieguo della vicenda, per constatare se questa modalità organizzativa del lavoro riuscirà davvero a passare da espediente utilizzato per far fronte all’emergenza pandemica a opzione nelle mani del funzionario anche una volta che il virus sia stato superato.
Lavinia Serrani
Ricercatrice ADAPT
Responsabile Area Ispanofona