Nei fogli Excel di Matteo Renzi c’è da ieri la riforma del Terzo settore che il servizio civile e le norme sull’impresa sociale. Il Consiglio dei ministri ha approvato la legge delega che dovrà essere varata dalle Camere e resa operativa dai decreti attuativi per entrare in vigore, spera il governo, nella prima metà del 2015. Renzi l’aveva promossa/promessa per il 27 giugno in un tweet il 12 maggio. E con uno scarto di un paio di settimane, la cornice c’è.
Le resistenze di Economia e Difesa riguardo soprattutto alla copertura finanziaria del servizio civile universale (250 milioni di euro da trovare per il 2015) sono state superate spalmando su tre anni l’obiettivo dei 100mila volontari (40mila il prossimo anno, 60-65mila nel 2016, numero pieno nel 2017) e restando flessibili sulla durata del servizio civile, tra 6 e 12 mesi. I 250 milioni si sono così notevolmente diluiti.
Tra le novità della riforma: nuovi criteri per semplificare il riconoscimento giuridico delle imprese sociali, incentivi fiscali a fronte di una più coerente definizione dell’interesse collettivo, creazione del registro unico degli enti, possibilità di assegnare per fini sociali immobili pubblici inutilizzati o beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata, ripristino di un organismo nazionale indipendente per la promozione e il controllo analogo all’Agenzia per il Terzo settore soppressa nel 2012, stabilizzazione del 5 per mille, valorizzazione dell’impegno sociale nella formazione dei giovani (come avviene nel mondo civile).
Soddisfatto il Sottosegretario al lavoro, Luigi Bobba, che ha messo a punto le nuove regole: «Mai un governo aveva preso così di petto il tema delle attività d’interesse generale di organizzazioni che promuovono opere sociali, facendone un elemento costitutivo del processo di riforma del paese accanto alle riforme istituzionali, del lavoro e della pubblica amministrazione. Il tutto in applicazione dell’articolo 118 ultimo comma della Costituzione». Quello che prescrive a Stato e enti locali di favorire «l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».
L’utilità
La legge delega stabilisce fra l’altro come distinguere il grano dal loglio (i circoli del golf dalle associazioni di sostegno ai disabili). La legislazione dovrà definire concetti come l’utilità sociale, consentire che basti il notaio per certificare la corrispondenza coi requisiti, accorpare in un unico albo i diversi elenchi e collegarlo alla rinascita dell’Agenzia del Terzo Settore.
Le competenze
«Ma che non sia l’ennesima Authority», avverte Bobba. Il servizio civile diventa quasi un dovere di cittadinanza con competenze validate. Infine, la riforma ridefinisce l’impresa sociale governata oggi «da una legislazione bella e impossibile, nel senso che è stata fatta nel 2006 ma ha generato solo 6-700 imprese sociali mentre c’è in tutta Europa un impulso forte in questa direzione e proprio noi che siamo stati antesignani nel ’91 con le cooperative sociali non potevamo restare indietro».
Commercio equo
Previsti strumenti come l’allargamento dei campi d’attività (commercio equo, microcredito, all’agricoltura sociale…), la parziale possibilità di remunerazione del capitale investito per attrarre investitori interessati anche al low profit, i bond sociali o titoli di solidarietà per premiare gli investimenti. «In pratica – chiosa Bobba – sarà riconosciuto per esempio il fatto che se inserisco nel mondo del lavoro un carcerato, scarico la comunità di un costo». «Siamo convinti che questa riforma – dice Pietro Barbieri, portavoce del Forum del Terzo Settore – debba essere portata avanti perché sono almeno due decenni che attendiamo riconoscimenti».