La firma di Confindustria e Cgil, Cisl e Uil sul regolamento di attuazione del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 sulla Rappresentanza sindacale (vedi la scheda riepilogativa allegata), lancia un messaggio forte e chiaro: le parti sociali sono in grado di pattuire autonomamente le materie che regolano i loro rapporti di forza.
Peccato, dunque, quelle quattro righe finali contenute nell’Ordine del giorno approvato il 17 gennaio scorso dal comitato direttivo della Cgil, in cui si legge che: «la sottoscrizione delle nuove regole, unitamente alla pronuncia della Corte Costituzionale, può realmente determinare le condizioni per la Legge su democrazia e rappresentanza dando forza e vigore a questi principi ed attuando l’articolo 39 della Costituzione, al fine di determinare l’estensione dell’applicabilità in tutti i luoghi di lavoro e l’erga omnes dei contratti».
Peccato, il richiamo all’intervento del Legislatore per le suddette finalità che da un lato strizza l’occhiolino al neoeletto Segretario del PD (si veda sul punto il Bollettino Speciale ADAPT, n. 2/2014 e, in particolare, E. Massagli, La parte peggiore del Jobs Act è la legge sul sindacato) e, dall’altro, rivela la scarsa fiducia del sindacato maggioritario nella propria capacità di autodeterminazione delle proprie azioni.
Peccato, perché il Testo unico sulla Rappresentanza del 10 gennaio può davvero segnare l’avvio di un percorso caratterizzato da relazioni industriali partecipative, utili – in un periodo in cui anche la politica fatica a trovare soluzioni concrete – a dare un contributo effettivo al rilancio del Paese. Infatti, i rappresentanti delle imprese e dei lavoratori a sette mesi di distanza dalla sottoscrizione dell’intesa del 31 maggio sono state in grado di condividere in un vero e proprio manuale delle “regole del gioco” delle relazioni industriali future. Dietro a questa accelerata si può intravedere la volontà di offrire risposte certe e immediate alla crescente domanda di cambiamento proveniente dalla società e dal tessuto economico e produttivo italiano.
Viaggiano in questa precisa direzione le previsioni relative alle procedure di raffreddamento e alle clausole sulle conseguenze in caso di inadempimento contrattuale, per mettere a disposizione delle imprese e dei lavoratori un quadro certo all’interno del quale poter favorire la ripresa economica del Paese. Su questo tema si innesta il ragionamento relativo alla necessità di rendere l’Italia nuovamente attrattiva per gli investitori italiani ed esteri. In questo senso è emblematica la concomitanza della firma del Testo in commento – in riferimento al tema della esigibilità e dell’efficacia dei contratti collettivi – con l’operazione Fiat-Chrysler e la prospettiva di rilancio dell’industria automobilistica in Italia.
Per poter dare una risposta all’esigenza di tempestività e certezza del sistema, quale traiettoria possono tracciare le relazioni industriali? Il Testo unico offre uno spunto significativo confermando quanto già previsto nell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 in tema di contrattazione collettiva aziendale, riconoscendo a questa un ruolo centrale nella capacità di aderire alle esigenze dei differenti contesti produttivi e di definire specifiche intese che possano superare le previsioni della contrattazione collettiva nazionale di lavoro, seppure nei limiti da essa definiti.
Segue questo sentiero la previsione di affidare all’azienda, alle sue rappresentanze e alle relative OO.SS territoriali il governo di momenti di crisi o la gestione di particolari situazioni in caso di investimenti che possano essere significativi per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa. Tale disposizione racchiude la volontà di affidare alle relazioni industriali un ruolo non esclusivamente difensivo, ma anche strategico nella capacità di individuare modelli innovativi di organizzazione del lavoro sempre più adattabili alla mutevolezza del contesto economico.
Peccato, quindi, che la sottoscrizione del Testo unico non abbia “fatto notizia” nei giorni “dell’ubriacatura” mediatica da jobs act, soprattutto in virtù dell’esame più difficile che questo Accordo dovrà sostenere: la sua effettiva attuabilità (anche con le altre organizzazioni datoriali), nonché la sua tenuta futura. Da questo punto di vista è indispensabile che tale Intesa venga sostenuta con forza, ma soprattutto che venga raccontata e spiegata. Il suo successo passa inevitabilmente da una presa di coscienza e da un’effettiva consapevolezza delle parti firmatarie: se non ci credono loro, chi altro ci deve credere?
Scheda riepilogativa
Andrea Chiriatti
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@AChiriatti
Filippo Pignatti Morano
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@filippopignatti
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Testo Unico sulla Rappresentanza: regole condivise come occasione da cogliere