Tirocini extracurriculari nella normativa della Regione Campania: una misura di politica attiva a basso costo

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Bollettino ADAPT 17 ottobre 2022, n. 35
 
Sono 119.657 i tirocini extracurriculari avviati in Campania tra il 2014 e il 2019. Questo è il dato reso noto dal rapporto stilato da ANPAL e INAPP nel 2021, che testimonia l’assoluta rilevanza del fenomeno, soprattutto se rapportato ai dati regionali sull’occupazione e, in particolare, sull’occupazione giovanile: a fine 2021, infatti, l’ISTAT fotografava una regione in cui il tasso di occupazione era al 41,3% (28% nella fascia 15-34 anni), un tasso di disoccupazione al 19,7% (31,9% nella fascia 15-34 anni) e la popolazione attiva era ferma al 51,5% (41,1% nella fascia 15-34 anni).
 
In un’esercitazione in aula svolta durante una lezione di Diritto del Lavoro del corso di laurea in Economia e management dell’Università di Modena e Reggio Emilia si sono individuate le norme che regolano i tirocini extracurriculari in Campania e si è posto un interrogativo circa la legittimità di un utilizzo così generalizzato dell’istituto. L’esercizio, utile per comprendere il rapporto tra autonomia individuale e fonte legale nell’ambito dell’area delle attività lavorative senza contratto, in cui rientrano i tirocini extracurriculari, ha avuto origine da alcune offerte pubblicate sul portale ClicLavoro regionale, gestito proprio dall’amministrazione della Campania. Gli annunci esaminati possono essere divisi in due gruppi: un primo gruppo di offerte che riguardavano posizioni lavorative per cui non occorre una particolare formazione e un secondo gruppo in cui gli annunci erano rivolti addirittura a professionisti abilitati (nella specie, l’offerta mirava ad assumere per un tirocinio di sei mesi un geometra).
 
Per comprendere se tali annunci possono ritenersi legittimi è, in via preliminare, necessario rintracciare nell’ordinamento le norme che regolano i tirocini extracurriculari. Come chiarito dalla Corte Costituzionale (C. cost., 19 dicembre 2012, n. 287), la competenza in materia spetta alle Regioni in virtù della clausola di attribuzione residuale contenuta nell’art. 117, co. 4, Cost. La Regione Campania, quindi, ha disciplinato l’istituto con il Regolamento regionale n. 9 del 2010, modificato dal Regolamento regionale n. 4 del 2018, alla luce delle linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento approvate in sede di Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 25 maggio 2017.
 
Sebbene già le linee guida adottate in sede di Conferenza Stato-Regioni avessero rimosso la distinzione tra i tirocini formativi e di orientamento e i tirocini di inserimento o reinserimento lavorativo (si veda M. Tiraboschi, Prefazione, in A. Alcaro, E. Paganini, L. M. Pelusi, M. Tiraboschi (a cura di), Tirocini extracurricolari: i primi recepimenti regionali delle linee guida del 25 maggio 2017, Adapt University Press, 2017, pp. IX-XII), è evidente come la Regione Campania abbia deciso di privilegiare in maniera ancora più netta gli aspetti dell’istituto legati all’inserimento nel mercato del lavoro rispetto a quelli legati alla formazione del tirocinante, con la conseguenza di lasciare spazio a tirocini di dubbia natura in cui il progetto formativo è molto vago se non addirittura assente.
 
Appare evidente, infatti, come la Regione Campania abbia scelto di utilizzare lo strumento del tirocinio extracurriculare quasi esclusivamente come una misura di politica attiva, non inserendo nessuna previsione a tutela del carattere formativo del rapporto, se non un vaghi riferimenti al piano formativo e al ruolo del tirocinante nell’organizzazione aziendale (in particolare, si veda l’art. 26-quater del citato Regolamento). La Campania, inoltre, è stata l’unica regione che ha reputato opportuno prevedere tirocini brevi della durata di tre mesi per profili professionali collocati all’ultimo livello del CCNL applicato dal soggetto ospitante, contrariamente a quanto decretato da altre regioni, che vietano l’avvio di stage per professionalità ritenute elementari.
 
Gli unici limiti concretamente posti alla diffusione di tirocini extracurriculari non realmente formativi, dunque, parrebbero essere quelli di carattere numerico, certamente non bastevoli a restituire l’istituto al suo originario ruolo di orientamento e formazione nel mercato del lavoro. A ciò bisogna aggiungere che la Campania ha previsto limiti notevolmente meno restrittivi di quelli stabiliti dalle linee guida del 2017, aumentando il numero di tirocini attivabili nelle imprese con meno di venti dipendenti e raddoppiando la quota massima di tirocinanti (il 20% sul totale dei lavoratori contro il 10% previsto dalle linee guida) nelle imprese con più di venti dipendenti (art. 26).
 
Dal quadro normativo, dunque, emerge, in primo luogo, la necessità di un controllo ispettivo per vigilare sul contenuto formativo del tirocinio e per evitare che venga utilizzato unicamente al fine di ridurre il costo del lavoro. In secondo luogo, però, occorre anche un più penetrante controllo a monte da parte dell’amministrazione regionale, che ha frequentemente pubblicato sui suoi portali istituzionali annunci per tirocini, spesso inseriti nel programma Garanzia Giovani, le cui distorsioni hanno amplificato la diffusione di pratiche abusive, non in linea con le norme che regolano l’istituto del tirocinio extracurriculare. Appare quanto mai singolare, ad esempio, l’offerta di un tirocinio rivolta a professionisti abilitati, possibilità esclusa dalle linee guida del 2017, ma su cui la normativa regionale ha (inopportunamente) taciuto. La ratio dell’esclusione, infatti, era da rintracciare nel divieto di costituire un rapporto di carattere formativo con soggetti che, in virtù dell’ottenuta abilitazione, spesso raggiunta all’esito di percorsi di pratica professionale, si presumono già formati. L’istituto del tirocinio extracurriculare risulterebbe, quindi, pur nel silenzio della normativa regionale, ontologicamente incompatibile con la condizione del professionista abilitato.
 
È da sottolineare, in chiusura, che un ricorso così generalizzato a tirocini extracurriculari dubbi (se non addirittura fraudolenti) ha ricadute nefaste sull’intero tessuto produttivo regionale. Dal lato imprenditoriale, infatti, è evidente come l’utilizzo degli stage per mascherare rapporti di lavoro subordinato possa costituire una pratica di concorrenza sleale a danno delle altre imprese. Dal lato dei lavoratori, invece, la possibilità accordata alle imprese di assumere manodopera a basso costo, lungi dall’essere una misura volta all’inserimento nel mercato del lavoro di giovani e inattivi, permette di creare vere e proprie sacche di lavoro povero e senza diritti, caratterizzate da precarietà e brevità dei rapporti. A nulla giova, da questo punto di vista, la norma sulla durata massima (art. 26-bis), prevista per spronare l’impresa ad assumere il tirocinante con un contratto di lavoro subordinato al termine dello stage, giacché, in un mercato del lavoro caratterizzato da un tasso di occupazione particolarmente basso, l’impresa potrà in ogni momento trovare sul mercato nuovi tirocinanti senza mai assumere lavoratori, con la conseguenza di generare una concorrenza al ribasso tra quanti, bisognosi di lavorare, sono disposti ad accettare anche rapporti di breve durata e senza diritti.
 
In una prospettiva de iure condendo, quindi, non si può non tener conto di quella che appare come una ragionevole proposta: l’abolizione dei tirocini extracurriculari, ad eccezione di quelli rivolti a neodiplomati e neolaureati da non più di un anno, attivati esclusivamente nell’ambito di specifiche convenzioni tra imprese e istituti di formazione. In un contesto come quello campano, infatti, solo una misura del genere, abbinata al rilancio del contratto di apprendistato come strumento principale di inserimento nel mercato del lavoro, potrebbe essere utile a garantire i diritti della persona che lavora ed evitare possibili abusi.
 
Francesco Alifano

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@FrancescoAlifan

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