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Bollettino ADAPT 11 marzo 2019, n. 10
Le sfide dell’apprendimento lungo tutto l’arco di vita sono un argomento che suscita forte interesse, sia nella stampa d’oltre oceano (da ultimo si veda il contributo del Wall Street Journal), sia nelle agenzie specializzate europee (ad esempio, la European Training Foundation).
L’obsolescenza delle competenze pone questioni rilevanti con riferimento alla predisposizione di sistemi di formazione professionale lungo tutto il corso della vita lavorativa, attraverso la definizione di lifelong learning policies. Ciò, a causa non solo dell’impatto dell’introduzione dirompente di nuove tecnologie in ambito lavorativo, ma anche in relazione al cambiamento delle competenze della forza lavoro, indotto dal mutamento demografico in corso e caratterizzato dal progressivo invecchiamento della popolazione.
Infatti, dal momento che l’età media dei dipendenti sembra destinata a crescere, le competenze dei lavoratori che hanno concluso la propria esperienza formativa scolastica molto tempo addietro, potrebbero non essere più adeguate al rapido cambiamento del tessuto socioeconomico. Sfida attuale per le aziende è comprendere come sia possibile garantire ai lavoratori più anziani, soggetti a minor fluidità nelle transizioni occupazionali a causa di un minor tasso di partecipazione alle attività formative, le stesse possibilità di accesso ad opportunità di up-skilling e di re-training.
Tuttavia occorre rilevare che il problema dei “disrupted workers” riguarderebbe anche la fascia dei lavoratori più giovani, specialmente per quanto riguarda la loro prima occupazione: nella maggior parte dei casi, infatti, sarebbero orientati verso lavori di tipo elementare, ovvero richiedenti un basso livello di competenze e caratterizzati da mansioni più facilmente automatizzabili (per un approfondimento circa il rapporto tra classi anagrafiche e rischio di automatability si veda L. Nedelkoska, G. Quintini, Automation, skills use and training, OECD Social, Employment and Migration WP, n. 202/2018).
In coerenza con l’attualità di queste tematiche, è stato il World Economic Forum all’inizio di quest’anno (Gennaio 2019), con il progetto Preparing for the Future of Work, a fornire una nuova proposta sul futuro del lavoro, focalizzata sul concetto di formazione continua, attraverso la predisposizione di una piattaforma progettuale, fruibile da parte dei principali attori, quali le industrie, le pubbliche istituzioni, i sindacati ed il mondo educativo.
La prima fase del progetto era cominciata con uno studio esplorativo nel 2018 (Towards a Reskilling Revolution: A Future of Jobs for All), che aveva lo scopo di evidenziare un metodo per identificare percorsi di carriera lineari e transizioni lavorative fluide per i lavoratori americani, con un particolare riferimento a quei soggetti a maggior rischio di spiazzamento da tecnologia e conseguente automatability (pattern di sostituzione di posti di lavoro ad opera di macchinari e robot).
Partendo da questa ricerca, il lavoro recentemente presentato Towards a Reskilling Revolution. Industry-Led Action for the Future of Work e realizzato in collaborazione con il Boston Consulting Group e Burning Glass Technologies, è sviluppato attraverso una raccolta di informazioni a partire dalle maggiori banche dati statunitensi e su un’indagine di ampia scala tra gli executives di numerose aziende operanti in cinque settori produttivi. Il Report, strutturato in due sezioni principali (From Business Case to Action e Industry Roadmaps), si occupa della valutazione di casi di studio aziendali capaci di offrire una vasta gamma di esempi di iniziative di re-skilling azionate e implementate dal mondo dell’industria. Questa seconda fase di lavoro copre quindi i risultati della ricerca su specifici casi aziendali, attraverso un approccio di indagine settoriale, mappando i seguenti comparti: aerospaziale e aviazione – viaggi e turismo – consumer – servizi finanziari – oil and gas. L’obiettivo finale dell’indagine è quello di fornire, attraverso esempi concreti strategie chiave, prospettive e strumenti innovativi che possano supportare le imprese, agendo in maniera coordinata e cooperativa con governi, educatori e altri attori chiave per prepararsi al futuro del lavoro per manage reskilling and upskilling to mitigate against both job losses and talent shortages.
In questa prospettiva, un approccio basato sui dati è parso il più efficace per aiutare i decisori a livello globale a trattare strategicamente e responsabilmente la “grande trasformazione del lavoro” dovuta in larga parte all’automazione e all’introduzione di nuove tecnologie. La risposta a questo progetto si è dimostrata positiva: lo dimostra l’ampia disponibilità delle aziende, dei loro executives e di numerosi policy-makers, ad applicare nuovi metodi e ad effettuare il giusto investimento nella preparazione e riqualificazione del personale aziendale. Il WEF ha così potuto procedere alla costituzione di task-force di settore vere e proprie riunendo dirigenti dalle Risorse Umane e reparti operativi, che, lavorando in tandem con esperti del mondo accademico, rappresentanti di governi e sindacati, hanno identificato le principali sfide e opportunità che stanno affrontando in relazione alla trasformazione del lavoro.
Nei prossimi mesi si tratterà di tradurre le evidenze presentate in questo Report in Raccomandazioni, attraverso la definizione di un quadro di intenti ed al contempo la presentazione da parte delle task-force agli amministratori delegati delle rispettive industrie di un “invito all’azione”, affinché queste policy possano essere esaminate ed attuate tramite dei programmi pilota negli Stati Uniti e, successivamente, a livello globale. Lo stesso WEF definisce l’approccio utilizzato come utile a definire un “quadro olistico”, capace di mostrare all’ecosistema costituito dalle aziende, dalle associazioni industriali, dai sindacati, dalle istituzioni educative private e pubbliche, un metodo cioè per dar vita a delle iniziative context dependent volte a dialogare con le policy più idonee per abilitare processi di apprendimento lungo tutto il corso di vita e con essi la competitività delle imprese e dei loro lavoratori nel solco della quarta rivoluzione industriale.
Nella prima parte dell’analisi, viene utilizzato un approccio di business case con un particolare focus sul re-skilling, descritto secondo una prospettiva aziendale e istituzionale, attraverso un’innovativa analisi quantitativa costi-benefici basata sul modello utilizzato già nel Report Towards a Reskilling Revolution: secondo questo approccio, una delle maggiori sfide relative all’up-skilling e al re-skilling dal punto di vista aziendale è la possibilità di accesso -attualmente ancora molto limitata- a informazioni affidabili, circa il ritorno sull’investimento di tali sforzi.
Le Raccomandazioni contenute in questa sezione sono il risultato di oltre 60 interviste e consultazioni approfondite con professionisti ed esperti dei cinque settori analizzati, che partecipano alle diverse task-force. L’analisi relativa alle sfide per definire nuove soluzioni nei differenti settori rivela una gamma di opportunità ed azioni prioritarie di natura molto simile per la maggior parte delle industrie, sottolineando così un potenziale di collaborazione intersettoriale, oltre che interaziendale. In particolare, le chiavi di lettura per il successo dell’impresa e dell’ecosistema circostante sono risultate essere: innanzitutto, un’oculata pianificazione strategica della formazione della popolazione aziendale; in secondo luogo, la definizione delle modalità di accesso più efficaci alla “pipeline” dei talenti; e l’ottimizzazione delle condizioni aziendali in cui svilupparne il potenziale.
Riportando alcune buone pratiche aziendali, il Report in questa sezione delinea una serie di policy che aiuterebbero le aziende a perseguire i tre scopi sopra definiti: il raggiungimento di una pianificazione strategica della forza lavoro passerebbe dunque attraverso la predisposizione una mappatura delle competenze strategiche all’interno del perimetro aziendale (Lloyds Banking Group), oppure attraverso l’individuazione di fenomeni di skill gap di lungo e breve periodo rispetto a determinate aree di competenze chiave per l’impresa (nel caso di CyberSeek, il riferimento è al tema della cybersecurity). Per abilitare l’accesso e la retention dei talenti, innanzitutto le aziende dovrebbero sviluppare dei programmi mirati di re-skilling (così come nel caso dell’esempio virtuoso di collaborazione multistakeholder tra Cargill e l’ecosistema di formazione Columbus per la riqualificazione degli operai), oppure focalizzarsi su iniziative di up-skilling su larga scala, come nel caso di Walmart. Stimolare la crescita delle competenze per un’azienda significa anche creare un armonico contesto di sviluppo delle stesse: così Mozilla ha creato Open Badge, ormai già una best practice, ovvero una piattaforma per riconoscere e validare i risultati dell’apprendimento.
L’allineamento tra le credenziali educative ed il fabbisogno di competenze professionali permetterebbe altresì la creazione di un ecosistema educativo in grado di rispondere con maggior velocità e aderenza alle richieste delle aziende (nel Report è riportato in questo contesto l’esempio di P-Tech, compagnia americana che in Rhode Island è riuscita ad instaurare una relazione virtuosa con gli istituti scolastici). Per un’azienda riuscire a definire le “condizioni di ecosistema” per lo sviluppo del potenziale della propria popolazione aziendale costituirebbe quindi il presupposto per una strategia vincente in termini di miglior sviluppo del capitale umano. Così Procter & Gamble e Google hanno istituito un programma di scambio per dipendenti al fine di creare un ambiente di lavoro più creativo e innovativo in cui gli stessi possano prendere parte ai programmi di formazione dell’azienda e stabilire relazioni reciprocamente vantaggiose.
In questi contesti gioca un ruolo fondamentale la formazione continua, definendo una cultura del life-long learning che permetta a tutti i dipendenti di sviluppare durante tutto il corso della vita lavorativa il proprio potenziale. Ad esempio, Unilever ha deciso di puntare ad una vera e propria cultura dell’apprendimento permanente: così, 30.000 dipendenti hanno avuto modo di cimentarsi in percorsi mirati di formazione.
La seconda parte del Report, denominata Industry Roadmaps, contiene invece una serie di “tabelle di marcia”, specifiche per ogni settore, raccolte attraverso la relazione biennale sul futuro del lavoro del Forum. Ogni roadmap racchiude diversi elementi: innanzitutto una scorecard di settore, in cui il lettore può trovare informazioni specifiche per quanto attiene l’utilizzo delle nuove tecnologie che le aziende hanno pianificato di adottare nei prossimi cinque anni, gli eventuali ostacoli e l’impatto di queste tecnologie. Inoltre, viene fornita una descrizione della trasformazione del settore dal punto di vista qualitativo (sulla base dei dati della scorecard di settore e delle aree di intervento che gli esperti di ciascuna task-force hanno evidenziato). Infine, ogni roadmap si conclude con una serie di indicazione utili per i lavoratori in questi settori, fornendo informazioni dettagliate circa le professioni in crescita e di quelle in declino.
Volendo prendere ad esempio il caso del settore dei beni di consumo (“Consumer”) tra i lavori emergenti ci sarebbero quello del data analysts, dello user experience designers e del training and development specialists. Tra i lavori meno richiesti, vi sarebbero le professioni di cassiere, quelle inerenti le attività di segreteria e gli assistenti amministrativi.
Le raccomandazioni per l’azione fornite dal WEF per questo specifico settore, derivanti da un lavoro con la task-force “Consumer” sottolineano nuovamente l’importanza di passare ad un esercizio strategico di anticipazione e pianificazione dei fabbisogni di competenze professionali. In quest’ottica, la riqualificazione del capitale umano è risultata mirare non solo a rafforzare le competenze digitali (come l’analisi dei dati e la sicurezza informatica), ma anche a migliorare empatia, comunicazione e creatività.
La quarta rivoluzione industriale, ancora una volta, dimostra di avere un impatto significativo su competenze, mansioni e professioni, tale da produrre al contempo criticità, dovute a fenomeni di sostituzione dei lavoratori, e difficoltà di reperimento dei profili professionali idonei garantire la competitività delle imprese e degli ecosistemi di settore e territorio in cui operano.
Una rivoluzione della formazione continua, la chiave per affrontare la quarta rivoluzione industriale: il report del WEF che qui abbiamo analizzato è quindi rilevante sia per la metodologia utilizzata (basata sia sull’analisi statistica, sia sul coinvolgimento di un panel di esperti), sia per la chiara indicazione dell’importanza attribuita, non solo alla possibilità di accedere a iniziative di formazione e riqualificazione da parte dei lavoratori e da parte di chi sta affrontando una transizione occupazione o il passaggio dal mondo dell’istruzione al primo impiego, ma anche dalle aziende che hanno dimostrato il ritorno positivo dell’investimento nella costruzione di nuove competenze e nell’aggiornamento di quelle strategiche.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo
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