Rilanciare l’occupazione nel Meridione d’Italia è la priorità del Paese. Dopo il Pacchetto Letta, che sul finire dell’estate ha convertito in legge una serie di misure aventi l’obiettivo di rilanciare l’occupazione, anche se con risultati ben al di sotto delle previsioni, sono le regioni del Mezzogiorno a muoversi compatte.
Il Protocollo siglato il 3 dicembre 2013 tra il Ministero del Lavoro e le Regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e Italia Lavoro mira ad impiegare in modo coordinato, e nel rispetto delle specificità regionali, tutti gli strumenti per combattere la disoccupazione e promuovere l’autoimprenditorialità, ottimizzando la qualità e il livello di spesa dei fondi strutturali 2007-2013.
I rapporti SVIMEZ 2013 sull’Economia del Mezzogiorno e Unioncamere, infatti, fotografano una situazione poco confortante con una cesura netta tra le regioni del nord e quelle del sud in termini sia di rapporto tra domanda/offerta di lavoro sia di distribuzione territoriale dei fenomeni di occupazione/disoccupazione giovanile. E’ qui che secondo i dati del Ministero del Lavoro si concentra il 38,1% degli under 35 privi di occupazione.
Nel regioni Meridionali è elevata anche la presenza di inoccupati e di giovani NEET (Not in Employment, Education or Training) con dati statistici allarmanti: 1.250.000 giovani (15-29 anni), che non studiano ne? lavorano e un tasso di occupazione giovanile, nella fascia 15-25 anni pari al 43,3%, inferiore di oltre 13 punti rispetto al tasso occupazionale medio, che è del 56,8%. Le differenze territoriali sono accentuate in regioni come la Calabria, Campania e Sicilia dove il tasso di occupazione è molto al di sotto del 30% il che significa che un giovane su tre non lavora.
Controcorrente, ma sempre conseguenza della scarsa occupazione, è, invece, la situazione della nuova imprenditoria. È nel Mezzogiorno la più alta incidenza di imprese giovanili con 172 mila neo imprenditori under 35 che nel 2012 hanno avviato un attività produttiva mettendo a frutto le esperienza acquisite in precedenti esperienze lavorative.
Il dato si spiega proprio come conseguenza della crisi: la difficoltà di accesso al mercato del lavoro attraverso i canali tradizionali del lavoro dipendente spinge molti giovani ad investire in attività imprenditoriali favorite anche dagli incentivi pubblici e dagli interventi per promuovere le start-up di imprese giovanili. Ciò, tuttavia, non fa venire meno la situazione emergenziale di questa parte del Paese che, sempre secondo i dati SVIMEZ, sta andando incontro ad una desertificazione con conseguente perdita di capitale umano, che rappresenta il potenziale di sviluppo più importante.
Per recuperare il distacco con le altre regioni del Paese il Protocollo interviene su diverse macroaree: apprendistato, tirocinio, autoimpiego e autoimprenditorialità, accompagnamento all’inserimento e al reinserimento lavorativo, alternanza scuola-lavoro, orientamento e placement.
È prioritario ripartire dalla scuola favorendo percorsi di transizione (scuola-lavoro) valorizzando gli strumenti già a disposizione come l’apprendistato e il tirocinio. Tra gli obiettivi vi è anche la riduzione delle difficoltà del sistema formativo ed educativo nel rispondere alle esigenze provenienti dalla domanda di lavoro delle imprese in termini di fabbisogni professionali e formativi. Allo stesso tempo è importante limitare la mancata corrispondenza fra le competenze possedute da diplomati/laureati e quelle richieste dal mondo del lavoro e aumentare la capacità di retention del sistema formativo per evitare la fuga prematura dal sistema stesso. Il risultato, infatti, è spesso la presenza di giovani privi anche di competenze culturali di base fondamentali per l’accesso al mercato del lavoro.
In questa ottica è importante potenziare i progetti di istruzione e transizione scuola-impresa per dotare i giovani delle giuste competenze in modo da ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro e formare profili professionali qualificati e aderenti alle richieste delle aziende. La previsone di anticipare, nell’ambito del tirocinio e dell’apprendistato, il repertorio delle qualifiche per il riconoscimento dei crediti formativi e delle capacità acquisite in esperienze post-diploma e post-laurea, va in questa direzione.
Gli interventi dovranno tendere anche alla riduzione del fenomeno dell’over education cercando di favorire lo spostamento delle scelte formative dei giovani verso percorsi che assicurino maggiori opportunità lavorative coerenti con le richieste e vocazioni del territorio sensibilizzando, già nella scuola secondaria, verso professioni manuali del mondo artigiano. Sono queste, infatti, ad avere un elevato contenuto di competenze e sbocchi lavorativi nei quali i giovani possono essere inseriti attraverso l’apprendistato, che rappresenta uno strumento particolarmente adatto alle esigenze di tale segmento imprenditoriale.
Sempre nella direzione del potenziamento delle competenze tecniche è prevista l’attuazione di politiche per favorire le opportunità formative dei giovani che hanno abbandonato gli studi e che necessitano di una compensazione della scarsità di conoscenze strettamente teoriche con quelle tecnico-professionali, al fine offrire maggiori opportunità di impiego ad una fascia di popolazione giovanile a rischio di esclusione sociale.
Le misure di politica attiva, che puntano alla cooperazione positiva tra pubblico e privato, sono anch’esse tra le priorità del Protocollo per massimizzare le relazioni positive tra tirocinio, apprendistato, autoimpiego e fornire un carattere di unitarietà agli interventi nazionali e regionali per realizzare azioni mirate sui territori inducendo una riduzione della disoccupazione per incrementare l’occupabilità delle persone.
Sul fronte dell’outplacement, invece, l’intesa si prefigge di migliorare la qualità dei servizi e promuovere pacchetti finalizzati a realizzare programmi individuali e collettivi per favorire il ricollocamento, la formazione e riqualificazione professionale, il counselling, l’orientamento, dei servizi personalizzati per la ricerca attiva di lavoro, l’apprendistato, il tirocinio, l’accompagnamento verso percorsi di auto imprenditorialità ed autoimpiego, il sostegno alla mobilità, anche geografica.
Importante è anche incentivare la predisposizione da parte delle aziende di piani per il ricollocamento dei dipendenti in caso di crisi ed esuberi così come il potenziamento, con riferimento all’autoimpiego, delle fasi di orientamento/selezione/formazione /tutoraggio, per indirizzare i neo imprenditori verso attività coerenti con le caratteristiche soggettive e con gli andamenti del mercato.
Sono altresì decisivi e strategici gli incrementi degli investimenti pubblici e privati, la programmazione e il pieno utilizzo delle risorse dei fondi strutturali per il rilancio dei territori, l’incentivazione dell’export e di politiche virtuose di internazionalizzazione. In tal senso è potenziata la costituzione di reti d’impresa che coinvolgano tutti gli attori della filiera: Camere di Commercio, Banche, Fondi di garanzia.
Il messaggio è chiaro: agire sulle politiche di sviluppo e sulle misure di intervento a sostegno delle aziende per mettere in comportamenti proattivi per uscire dalla crisi e in grado di produrre una netta inversione di tendenza, soprattutto relativamente al livello di competitività del nostro sistema industriale.
ADAPT Senior Research Fellow
Assegnista di ricerca Università di Modena e Reggio Emilia
@Roby_Caragnano