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Bollettino ADAPT 4 marzo 2024, n. 9
Gli articoli da 29 a 31 del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19 (recante “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR”) intervengono in modo significativo e profondo a riformare il sistema delle ispezioni in materia di lavoro e legislazione sociale e a ricentrare il quadro sanzionatorio in materia di somministrazione di lavoro, appalto e distacco, ma anche di lavoro sommerso e prestazioni occasionali in agricoltura.
In effetti, il legislatore, in occasione dell’ennesima decretazione d’urgenza relativa al rafforzamento dell’attuazione del PNRR, ha ritenuto necessario dare una ridefinizione strutturale all’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), rimodulandone l’assetto funzionale, introducendo nuovi istituti normativi (“Lista di conformità INL”) e, nel contempo, rafforzandone l’organico, ponendo tale operazione accanto a una nuova modellazione dell’apparato sanzionatorio di natura penale, amministrativa e civile previdenziale, ma anche con interventi in materia di qualificazione delle imprese ai fini della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e di garanzia di regolarità dei rapporti di lavoro, non soltanto normativa (legale e contrattuale collettiva), retributiva e contributiva, ma anche prevenzionistica.
Riforma delle ispezioni di lavoro e legislazione sociale
Volendo approfondire, in una prima lettura, gli aspetti più significativi di questa nuova riforma del sistema ispettivo in materia di lavoro e legislazione sociale – a quasi venti anni dal decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 che, in attuazione dell’art. 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30, aveva riformato per la prima volta dopo oltre cinquant’anni il sistema organizzativo delle ispezioni del lavoro, e a distanza di poco più di sette anni dalla nascita dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) delineata dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, nel contesto della attuazione dell’art. 1, comma 7, lettera l), della legge 10 dicembre 2014, n. 183 – occorre dare atto della volontà dell’attuale decisore politico di prendere le distanze dalla visione di Agenzia “unica” nazionale dell’ispezione del lavoro e di legislazione sociale, fatta propria dal d.lgs. n. 149 del 2015 che interveniva per “l’integrazione in un’unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INPS e INAIL”.
Per effetto delle previsioni contenute nell’art. 31, comma 12, del decreto-legge n. 19 del 2024, infatti, l’INL cessa di essere una Agenzia “unica” per le attività di vigilanza e ispezione e perde le due costole ispettive dell’INPS e dell’INAIL, che lo affiancavano fin dalla nascita.
Nella visione del decreto-legge n. 19 del 2024 in esame, dunque, il nuovo INL si presenta quale Agenzia di coordinamento e di decisione circa la programmazione e lo svolgimento delle azioni di vigilanza e di ispezione in materia di lavoro e di legislazione sociale, chiamata ad occuparsi direttamente della vigilanza in materia di tutela della regolarità dei contratti e dei rapporti di lavoro e di salute sicurezza nei luoghi di lavoro.
In questa prospettiva, peraltro, il decreto-legge n. 19 del 2024 raccoglie e dà seguito alle numerose istanze che nel corso del tempo, fin dalle prime ore di vita del Jobs Act, si sono manifestate in sede sindacale (prima ancora che politica) per restituire a INPS e INAIL l’autonomia della gestione delle attività ispettive in materia previdenziale, rispettivamente contributiva e assicurativa, consentendo al personale amministrativo dei due Istituti, che era rimasto negli stessi senza transitare all’INL, di tornare alle primigenie funzioni ispettive.
D’altro canto, nel lasciare in piedi l’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2015, l’art. 31, comma 12, del decreto-legge n. 19 del 2024, pur riconoscendo un’autonomia funzionale rispetto alle ispezioni previdenziali affidate a INPS e INAIL, assicura all’INL la titolarità di un effettivo potere di coordinamento funzionale e strutturale, su tutto il territorio nazionale, dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e di legislazione sociale, al fine di evitare sovrapposizioni, confermando il potere dell’INL di “dettare le linee di condotta e le direttive di carattere operativo, nonché di definire tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento”.
L’Agenzia nazionale delle ispezioni del lavoro e di legislazione sociale, che potrebbe apparire depotenziata da questo intervento normativo, è chiamata in realtà a riorganizzarsi, a ricentrarsi nelle funzioni proprie di vigilanza e ispezione a tutela della regolarità dei contratti e dei rapporti di lavoro e della salute sicurezza nei luoghi di lavoro e di contrasto al sommerso, coordinando in forma esecutiva tutti gli altri organismi di vigilanza per le materie di competenza (non solo INPS e INAIL, ma anche Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia di Stato).
A tal fine, l’art. 31, commi 1-9, del decreto-legge n. 19 del 2024 prevede un incremento di organico dell’INL mediante l’assunzione straordinaria di ispettori del lavoro, sia autorizzando le assunzioni non utilizzate e previste da precedenti interventi legislativi del 2019 e 2021, sia autorizzando nuove assunzioni di ispettori del lavoro e di Carabinieri dei Nuclei Ispettorato Lavoro del Comando generale tutela del lavoro. Inoltre, il decreto-legge in esame, oltre ad assicurare l’efficacia delle misure incentivanti già destinate al personale dell’Ispettorato, destina una somma pari a 20 milioni di euro per l’efficientamento dell’INL, “al fine di garantire un adeguato presidio del territorio attraverso il potenziamento del coordinamento e dello svolgimento su tutto il territorio nazionale dell’attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e di contrasto al lavoro sommerso e irregolare” (art. 31, comma 10).
Peraltro, va sottolineato fin d’ora che il rientro in INPS e INAIL degli ispettori previdenziali, per espressa previsione normativa, consente agli stessi di mantenere le funzioni di polizia giudiziaria che avevano acquisito con l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 149 del 2015, il quale continua a prevedere che “ai funzionari ispettivi dell’INPS e dell’INAIL sono attribuiti i poteri già assegnati al personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ivi compresa la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria”, secondo quanto previsto dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 124 del 2004.
Sotto altro piano, la nuova dimensione delle funzioni ispettive differenziate fa da sfondo alla introduzione della «Lista di conformità INL» di cui l’art. 29, comma 7, del decreto-legge n. 19 del 2024, per cui “all’esito di accertamenti ispettivi in materia di lavoro e di legislazione sociale, ivi compresa la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in caso non emergano violazioni o irregolarità”, l’Ispettorato deve rilasciare un apposito attestato e iscrivere, “previo assenso”, il datore di lavoro nell’elenco informatico (consultabile pubblicamente, tramite il sito istituzionale dell’INL) che costituisce la lista di conformità. L’iscrizione nella lista determina per i datori di lavoro il non essere sottoposti, per un periodo di dodici mesi dalla data di iscrizione, ad ulteriori verifiche da parte dell’INL “nelle materie oggetto degli accertamenti”, fatta eccezione per le verifiche in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, per quelle programmate in forza di richiesta di intervento e per le attività di indagine disposte dalla Procura della Repubblica. Potranno ovviamente svolgere accertamenti tutti gli altri organismi di vigilanza (compresi INPS e INAIL) e in caso di violazioni o irregolarità accertate attraverso elementi di prova acquisti dagli altri organi di vigilanza, l’INL cancella il datore di lavoro dalla Lista di conformità.
Nuovo apparato sanzionatorio penale e amministrativo
Accanto alla centratura del nuovo assetto delle ispezioni e della vigilanza, il decreto-legge n. 19 del 2024 pone, sotto altro, ma connesso, profilo, uno specifico e ampio intervento sull’assetto sanzionatorio in materia di appalti, somministrazione e distacco, ma anche di mercato del lavoro, lavoro sommerso e lavoro occasionale in agricoltura; in effetti, nel corpo dell’articolo 29 del decreto in esame si situa un ripensamento complessivo delle condizioni di regolarità e irregolarità del lavoro in esternalizzazione e circa le violazioni in materia di lavoro “in nero”.
Così per effetto del decreto-legge n. 19 del 2024 tornano ad essere di natura penale le reazioni punitive, individuate come contravvenzioni dunque, poste a tutela delle somministrazioni abusive e delle utilizzazioni illecite, dell’appalto illecito e del distacco illecito, mentre si rafforza la sanzione penale per la somministrazione fraudolenta, che rimane e si rafforza come il principale intervento punitivo in materia di lavoro esternalizzato, dopo l’art. 603bis del codice penale che punisce il delitto di intermediazione con sfruttamento della manodopera.
Di seguito, sinteticamente, il nuovo quadro sanzionatorio novellato dal decreto-legge n. 19 del 2024, a partire dalle modifiche apportate all’art. 18, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (art. 29, comma 4, decreto-legge n. 19 del 2024):
a) somministrazione abusiva – l’esercizio non autorizzato delle attività di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato e determinato è punito con la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro (art. 18, comma 1, primo periodo, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024);
b) utilizzazione illecita – la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro si applica anche nei confronti dell’utilizzatore che ricorra alla somministrazione di prestatori di lavoro da parte di soggetti diversi da quelli autorizzati o comunque al di fuori dei limiti previsti (art. 18, comma 2, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024);
c) intermediazione abusiva – l’esercizio non autorizzato delle attività di intermediazione è punito con la pena dell’arresto fino a sei mesi e dell’ammenda da euro 1500 a euro 7500; se non vi è scopo di lucro, la pena è dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda da euro 600 a euro 3.000 (art. 18, comma 1, terzo e quarto periodo, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024);
d) ricerca e selezione e supporto alla ricollocazione professionale abusivi – l’esercizio non autorizzato delle attività di ricerca e selezione del personale e di supporto alla ricollocazione professionale è punito con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda da euro 900 ad euro 4.500; se non vi è scopo di lucro, la pena è dell’arresto fino a 45 giorni o dell’ammenda da euro 300 a euro 1.500 (art. 18, comma 1, sesto e settimo periodo, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024);
e) appalto illecito – nei casi di appalto privo dei requisiti di cui all’art. 29, comma 1, d.lgs. n. 276 del 2003 l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione (art. 18, comma 5-bis, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024);
f) distacco illecito – nei casi di distacco privo dei requisiti di cui all’art. 30, comma 1, d.lgs. n. 276 del 2003 l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione (art. 18, comma 5-bis, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024);
g) somministrazione fraudolenta – quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda di euro 100 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione (art. 18, comma 5-ter, d.lgs. n. 276 del 2003, introdotto dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024; conseguentemente l’art. 38-bis del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 è abrogato dall’art. 29, comma 5, del decreto-legge n. 19 del 2024).
D’altra parte, gli importi delle pene pecuniarie stabilite dal novellato art. 18 del d.lgs. n. 276 del 2003 sono aumentati del 20% se, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni penali per gli stessi illeciti (art. 18, comma 5-quater, d.lgs. n. 276 del 2003, introdotto dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024).
Scarsamente comprensibile, rispetto alle previsioni del Codice penale, la previsione contenuta nel nuovo comma 5-quinquies dell’art. 18 del d.lgs n. 276 del 2003, secondo cui «l’importo delle sanzioni (…) non può, in ogni caso, essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000», giacché se nulla osta all’eventuale fissazione di un limite edittale minimo (l’art. 26 codice penale stabilisce che la pena dell’ammenda consiste nel pagamento di una somma non inferiore a euro 20), quanto al limite massimo l’art. 27, comma 2, codice penale espressamente sancisce che “le pene pecuniarie proporzionali non hanno limite massimo”.
Sotto altro profilo si interviene sul piano sanzionatorio amministrativo per aumentare di un ulteriore 10% la misura della maxisanzione contro il lavoro sommerso di cui all’art. 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73 (in questo senso l’art. 29, comma 3, del decreto-legge n. 19 del 2024, che modifica l’art. 1, comma 445, lettera d), numero 1), della legge 30 dicembre 2018, n. 145 portando al 30% l’originario aumento previsto dal 1° gennaio 2019 al 20%).
Da ultimo, il decreto in esame interviene sul quadro sanzionatorio relativo alle prestazioni di lavoro occasionale a tempo determinato in agricoltura di cui all’art. 1, commi 343-354, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per abolire la sanzione amministrativa da 500 euro a 2.500 euro per ogni giornata per cui risulta accertata la violazione già prevista per l’omessa comunicazione delle prestazioni, lasciando in vigore soltanto la sanzione da 500 euro a 2.500 euro per ciascun lavoratore al quale si riferisce la violazione in caso di utilizzo da parte dell’impresa agricola di soggetti diversi da quelli previsti dalla legge (art. 29, comma 6, del decreto-legge n. 19 del 2024).
Nuove sanzioni previdenziali
Nell’ambito della definizione di misure dirette e indirette per trasformare il lavoro sommerso in lavoro regolare rendendo maggiormente vantaggioso operare nell’economia regolare, l’articolo 30 del d.l. n. 19 del 2024 è dedicato alla riscrittura del sistema sanzionatorio civile delle violazioni previdenziali introdotto dall’articolo 116, comma 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 che viene riscritto in una prospettiva nella quale il datore di lavoro che elude, evade ovvero omette versamenti contributivi trova una maggior possibilità di difesa e di intraprendere contenziosi volti a regolarizzare tempestivamente la posizione aziendale debitoria.
In particolare, a far data dal 1° settembre 2024:
– in caso di omissione contributiva (mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce o registrazioni obbligatorie) se il pagamento dei contributi o premi è effettuato entro 120 giorni, in unica soluzione, spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori, la maggiorazione di 5,5 punti della sanzione civile previdenziale non trova applicazione (art. 116, comma 8, lettera a), legge n. 388 del 2000, come modificato dall’art. 30, d.l. n. 19 del 2024);
– in caso di evasione contributiva connessa a registrazioni, denunce o dichiarazioni obbligatorie omesse o non conformi al vero, poste in essere con l’intenzione specifica di non versare i contributi o premi (mediante l’occultamento di rapporti di lavoro in essere, retribuzioni erogate o redditi prodotti, ovvero di fatti o notizie rilevanti per la determinazione dell’obbligo contributivo), la sanzione civile, in ragione d’anno, rimane nella misura pari al 30% (ma non può essere superiore al 60% dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge). Se la denuncia della situazione debitoria è effettuata spontaneamente (prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori) e comunque entro 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento, i soggetti sono tenuti al pagamento di una sanzione civile pari, in ragione d’anno, al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti, se il versamento in unica soluzione dei contributi o premi sia effettuato entro 30 giorni dalla denuncia; la maggiorazione diviene di 7,5 punti, se il versamento in unica soluzione dei contributi o premi è effettuato entro 90 giorni dalla denuncia, fermo il limite massimo del 40% dell’importo dei contributi o premi, non corrisposti entro la scadenza di legge (art. 116, comma 8, lettera b), legge n. 388 del 2000, come modificato dall’art. 30, d.l. n. 19 del 2024);
– in caso di situazione debitoria rilevata d’ufficio dagli Istituti previdenziali ovvero a seguito di verifiche ispettive, la sanzione civile per omissione ed evasione si applica nella misura del 50% se il pagamento dei contributi e premi è effettuato, in unica soluzione, entro 30 giorni dalla notifica della contestazione; in caso di pagamento in forma rateale, l’applicazione della sanzione civile dimezzata è subordinata al versamento della prima rata, tuttavia in caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento di una delle successive rate accordate, si applica la misura delle sanzioni previdenziali per intero (art. 116, comma 8, lettera b-bis), legge n. 388 del 2000, introdotta dall’art. 30, d.l. n. 19 del 2024);
– nei casi di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo (riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa), se il versamento è effettuato entro il termine fissato dagli Istituti previdenziali non si applica più la sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti, ma sono dovuti gli interessi legali di cui all’art. 1284 del codice civile (art. 116, comma 10, legge n. 388 del 2000, modificato dall’art. 30, d.l. n. 19 del 2024).
Si tenga presente che il quarto comma dell’art. 30 del d.l. n. 19 del 2024 fa comunque salve le disposizioni normative che prevedono l’applicazione di regimi sanzionatori più favorevoli per il contribuente rispetto a quelli previsti dallo stesso decreto.
Sempre dal 1° settembre 2024 (art. 30, commi 5-6, d.l. n. 19 del 2024) l’INPS mette a disposizione del contribuente o del suo intermediario gli elementi e le informazioni in suo possesso, acquisiti direttamente o pervenuti da terzi, relativi ai rapporti di lavoro, agli imponibili e agli elementi rilevanti ai fini della determinazione degli obblighi contributivi e il contribuente può segnalare all’Istituto fatti, elementi e circostanze da quest’ultimo non conosciuti, allo scopo di introdurre nuove e più avanzate forme di comunicazione, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze, semplificando gli adempimenti e stimolando l’assolvimento degli obblighi contributivi e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili. Tale disposizione è attuata con deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’INPS, approvata dal Ministro del lavoro entro 60 giorni dalla data del ricevimento, contenente le modalità e i termini per la regolarizzazione degli inadempimenti contributivi rilevati mediante lo scambio di informazioni, con l’applicazione delle sanzioni civili previdenziali per omissione ed evasione contributiva in misura ancora più agevolata (in caso di omissione contributiva, nella misura del tasso ufficiale di riferimento e comunque non superiore al 40% dei contributi o premi dovuti; in caso di evasione nella misura del tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti e comunque non superiore al 40% dei contributi o premi dovuti).
Inoltre, i commi 10 e 11 dell’art. 30 del d.l. n. 19 del 2024 prevedono che dal 1° settembre 2024 le attività di controllo e addebito dei contributi previdenziali, anche riferiti a prestatori di lavoro formalmente imputati a terzi o a titolo di responsabilità solidale, possono fondarsi su accertamenti eseguiti d’ufficio dall’INPS sulla base di elementi tratti anche dalla consultazione di banche di dati, da cui si deducano l’esistenza e la misura di basi imponibili non dichiarate o la fruizione di benefici contributivi, esenzioni o agevolazioni in tutto o in parte non dovuti. Senza pregiudizio dell’eventuale ulteriore accertamento ispettivo, gli uffici dell’INPS possono, in via prioritaria tramite posta elettronica certificata, assegnando un termine in ogni caso non inferiore a 15 giorni: a) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti ovvero ad esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti; inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti o nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati; invitare ogni altro soggetto a esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, atti o documenti rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi, nonché a rendere dichiarazioni su questionari trasmessi dall’INPS.
Interventi in materia di sicurezza del lavoro
In materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro l’art. 29, comma 19, del decreto-legge n. 19 del 2024 sostituisce l’art. 27 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, introducendo un sistema di qualificazione tramite crediti per le imprese e i lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili di cui all’art. 89, comma 1, lettera a), dello stesso d.lgs. n. 81 del 2008, detto “patente a crediti” o anche “patente a punti”, le cui informazioni confluiscono in un’apposita sezione del Portale nazionale del sommerso (art. 10 del d.lgs. n. 124 del 2004).
Nelle modalità e secondo i criteri individuati da apposito decreto del Ministro del lavoro (per il quale, tuttavia, la norma non fissa un termine di adozione), la patente sarà rilasciata, in formato digitale, dalla competente sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro se il responsabile legale dell’impresa o il lavoratore autonomo richiedente risulterà in possesso dei seguenti requisiti: iscrizione alla camera di commercio industria e artigianato; adempimento degli obblighi formativi previsti dal d.lgs. n. 81 del 2008; Documento unico di regolarità contributiva in corso di validità (DURC); Documento di Valutazione dei Rischi (DVR); Documento Unico di Regolarità Fiscale (DURF). Nelle more del rilascio della patente è temporaneamente consentito lo svolgimento delle attività di cui al Titolo IV del d.lgs. n. 81 del 2008, salva diversa comunicazione notificata dall’INL.
La patente è dotata di un punteggio iniziale di 30 crediti e consente di operare nei cantieri temporanei o mobili, con una dotazione almeno pari a quindici crediti; una dotazione inferiore non consente di operare, fatto salvo il completamento delle attività oggetto di appalto o subappalto in corso al momento dell’ultima decurtazione dei crediti nonché gli effetti dei provvedimenti di sospensione dell’impresa.
Le decurtazioni di crediti dalla patente sono correlate alle risultanze degli accertamenti e dei provvedimenti definitivi emanati nei confronti dei rispettivi titolari della stessa: con riferimento alle violazioni di cui all’Allegato I (-10 crediti) e all’Allegato XI (-7 crediti), alla maxisanzione contro il lavoro sommerso (-5 crediti); a seguito del riconoscimento della responsabilità per un infortunio sul luogo di lavoro da cui sia derivata la morte (-20 crediti), un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale (-15 crediti) o un’inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di quaranta giorni (-10 crediti). Gli atti e i provvedimenti emanati in relazione allo stesso accertamento ispettivo non possono comportare nel complesso una decurtazione superiore a 20 crediti. A fronte di infortuni da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, l’INL può sospendere, in via cautelativa, la patente fino a un massimo di 12 mesi.
Senza dubbio questa appare la parte più critica e debole della norma, laddove alla morte dovrebbe far seguito l’immediata sospensione della patente con azzeramento dei crediti e ben superiore dovrebbe essere la decurtazione per le inabilità permanenti, differenziando le assolute dalle parziali. Tanto più che la patente è incrementata di 5 crediti per le imprese che adottano modelli di organizzazione e di gestione (art. 30, d.lgs. n. 81 del 2008) e di un credito per ogni anno a partire dal secondo, fino ad un massimo di 10 crediti, in mancanza di ulteriori atti o provvedimenti sanzionatori, considerando, altresì, che i crediti decurtati possono essere reintegrati a seguito della frequenza di corsi di formazione (ogni corso consente di riacquistare 5 crediti, fino a un massimo di 15).
L’attività in cantieri temporanei o mobili da parte di una impresa o un lavoratore autonomo privi della patente o in possesso di una patente recante un punteggio inferiore a 15 crediti comporta il pagamento di una sanzione amministrativa da euro 6.000 ad euro 12.000, non soggetta alla procedura di regolarizzazione di cui all’articolo 301-bis del d.lgs. n. 81 del 2008, oltre all’esclusione per un periodo di sei mesi dalla partecipazione ai lavori pubblici di cui al Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36).
Le disposizioni in materia di patente a crediti di cui all’art. 27, commi 1-9, del d.lgs. n. 81 del 2008 possono essere estese ad altri ambiti di attività individuati con decreto del Ministro del lavoro, sulla base di quanto previsto da uno o più accordi stipulati a livello nazionale dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative (art. 27, comma 10, d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, decreto-legge n. 19 del 2024).
Non sono tenute al possesso della patente le imprese con attestato di qualificazione SOA di cui all’art. 100, comma 4, del decreto legislativo n. 36 del 2023 (art. 27, comma 11, d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, decreto-legge n. 19 del 2024).
Interventi in materia di regolarità del lavoro e di appalti
Nel corpo dell’articolo 29 del decreto-legge n. 19 del 2024 si situa anche un ripensamento complessivo della tutela effettiva delle condizioni di regolarità sul lavoro e in materia di attività lavorativa resa in appalto ovvero mediante qualsiasi operazione riconducibile ad attività di esternalizzazione del lavoro.
In particolare il primo comma dell’art. 29 del d.l. n. 19 del 2024 modifica il comma 1175 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per rafforzare la valutazione di regolarità dell’azienda al fine di accedere ai benefici normativi e contributivi correlata all’assenza di violazioni anche in materia di tutela delle condizioni di lavoro nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (da individuarsi con decreto del Ministero del lavoro), fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali. D’altronde, la norma aggiunge anche un nuovo comma 1175-bis per sancire che il diritto ai benefici rimane fermo in caso di successiva regolarizzazione degli obblighi contributivi ed assicurativi e delle violazioni accertate, entro i termini indicati dagli organi ispettivi, prevedendo che per le violazioni amministrative che non possono essere regolarizzate, il recupero dei benefici non può essere superiore «al doppio dell’importo sanzionatorio oggetto di verbalizzazione». Una locuzione che vorrebbe assicurare proporzionalità e uguaglianza di intervento punitivo, ma si presenta particolarmente oscura e poco comprensibile, in quanto collega all’ammontare delle sanzioni pecuniarie amministrative l’importo delle somme dovute a titolo di recupero della contribuzione agevolata indebitamente fruita, dovendo invece immaginare che il limite posto agli istituti previdenziali per il recupero dei benefici debba essere correlato efficacemente a quest’ultimo valore.
Con specifico riguardo alla materia degli appalti, il secondo comma dell’art. 29 del d.l. n. 19 del 2024 si interviene sull’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, anzitutto per introdurre nel corpo della disposizione il nuovo comma 1-bis, in base al quale al personale impiegato in un appalto di opere o servizi o in un eventuale subappalto deve essere corrisposto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo di lavoro, nazionale e territoriale, maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dei lavori in appalto o in subappalto. La norma si sottrae alle valutazioni circa la rappresentatività sindacale delle disposizioni dei contratti collettivi, superando il riferimento alla contrattazione collettiva comparativamente più rappresentativa (di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81 del 2015) e anticipando l’avvento nell’ordinamento giuslavoristico della locuzione “contratto collettivo maggiormente applicato” che avrebbe dovuto vedere la luce nella legge delega in materia di salario minimo (così come previsto all’art. 1 del disegno di legge AS n. 957 all’esame del Senato, recante “Deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e informazione”, nel testo approvato il 6 dicembre 2023 dalla Camera come proposta di legge AC n. 1257).
Sotto altro profilo, l’art. 29, comma 2, del d.l. n. 19 del 2024 interviene sul secondo comma dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 per estendere l’obbligo di solidarietà retributiva e contributiva in capo al committente anche a tutte le ipotesi di utilizzazione illecita per somministrazione abusiva o in caso di appalto e di distacco illeciti.
Infine, sempre con riferimento alla disciplina degli appalti, l’art. 29, commi 10-13, del d.l. n. 19 del 2024 prevede che in tutti gli appalti pubblici e privati di realizzazione di lavori edili, prima di procedere al saldo finale dei lavori, il responsabile del progetto, negli appalti pubblici, e il committente, in quelli privati, è obbligato a verificare preventivamente la congruità dell’incidenza della manodopera sull’opera complessiva ai sensi del DM 25 giugno 2021, n. 143. Negli appalti pubblici di valore complessivo pari o superiore a 150.000 euro, il versamento del saldo finale in assenza di esito positivo della verifica di congruità dell’impresa affidataria dei lavori (o in mancanza di previa regolarizzazione della posizione) è considerato dalla stazione appaltante ai fini della valutazione della performance del responsabile del progetto e l’esito dell’accertamento della violazione è comunicato all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), ai fini dell’esercizio dei poteri ad essa attribuiti. Negli appalti privati di valore complessivo pari o superiore a 500.000 euro, in caso di versamento del saldo finale, in assenza di esito positivo della verifica di congruità dell’impresa affidataria dei lavori (o in mancanza di previa regolarizzazione della posizione), si applica la sanzione amministrativa da euro 1.000 ad euro 5.000 a carico del committente. Le violazioni sono accertate dagli organi di vigilanza in materia di lavoro e di legislazione sociale (INL, INPS e INAIL), ferme restando le rispettive competenze a legislazione vigente, anche sulla base di segnalazioni di enti pubblici e privati, gli stessi organismi ispettivo provvedono all’irrogazione delle relative sanzioni amministrative nel caso degli appalti privati. Su tale ultimo aspetto, stanti le competenze esclusivamente di vigilanza previdenziale degli ispettori INPS e INAIL, si ritiene che la norma debba restringere la competenza sanzionatoria al solo Ispettorato.
Direttore di “ADAPT professional series”
Dirigente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (*)
(*) Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene.