Una riflessione su politiche attive, contratto di rioccupazione, dote unica lavoro

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Bollettino ADAPT 7 giugno 2021, n. 22

 

Nelle more della prossima possibile riforma degli ammortizzatori sociali, che potrebbe coinvolgere anche il tema delle politiche attive del lavoro, il D.L. n. 73 del 25 maggio 2021 ha introdotto una temporanea misura a sostegno dell’occupazione, finalizzata a favorire per alcuni mesi, in fase post pandemica, il reinserimento al lavoro del personale disoccupato. Il nuovo istituito, denominato “contratto di rioccupazione”, riguarda eventuali assunzioni effettuate entro il 31 ottobre 2021 e presuppone l’attivazione di un progetto individuale di inserimento, della durata di 6 mesi, per garantire l’adeguamento delle competenze professionali al contesto lavorativo. È consentito il recesso ad nutum al temine della formazione e l’attivazione del contratto è agevolata da un esonero contributivo, per il datore di lavoro subentrante nel rapporto, fruibile nel limite massimo di 6000 euro/anno, condizionato – per un arco temporale predeterminato – all’assenza di licenziamenti individuali/collettivi pregressi e successivi.  Una formulazione quindi nuova ma che sostanzialmente sembra riprendere e mixare, con adattamenti, caratteristiche  già proprie di altre modalità agevolate di inserimento al lavoro, quali il contratto di apprendistato professionalizzante (per la recedibilità e il piano formativo) e l’esonero contributivo per assunzioni a tempo indeterminato di giovani con meno di 36 anni (per le modalità di sgravio e l’assenza di procedure risolutorie) disciplinato da ultimo dall’art.1 commi da 10 a 15 della legge n.178 del 30 dicembre 2020.

 

Peraltro il novero delle assunzioni agevolate attualmente praticabili, alle quali si aggiunge questa misura, risultava già particolarmente ampio e diversificato, componendosi di soluzioni in parte strutturali, in parte emergenziali, talora cumulabili e talora alternative, con fasce di destinatari spesso sovrapposte. Il solo Decreto n.104 del 14 agosto 2020 aveva introdotto 5 modalità agevolate di inserimento o di mantenimento al lavoro, rispettivamente per assunzioni a tempo indeterminato, rinuncia alla CIG Covid, assunzioni a termine nel settore turistico/termale, lavoratori dipendenti di imprese operanti nel mezzogiorno, rinnovo/proroga a-causale dei CTD. Questo quadro normativo complesso, che appare:

– particolarmente mutevole in considerazione della frequente successione di provvedimenti estensivi, integrativi, modificativi o di proroga;

– oggetto inoltre di copiosa prassi amministrativa non sempre di agevole interpretazione.

 

Seppure finalizzato a facilitare l’occupazione comporta tuttavia, per gli operatori d’impresa, una crescente difficoltà nell’identificare la migliore soluzione praticabile, dovendosi considerare molteplici aspetti ed implicazioni in relazione allo specifico programma di assunzioni che deve essere realizzato. In riferimento poi alle politiche attive correlate a situazioni di eccedenze di personale per crisi o riorganizzazione aziendale, che rendono talora auspicabili – nei territori con migliori dinamiche occupazionali – interventi di riallocazione in altri contesti delle professionalità in esubero ritenute riqualificabili, il principale problema operativo è talora un altro. Non sembra infatti difettare, in generale, la disponibilità di agevolazioni – abbondante anche prescindendo dal nuovo “contratto di rioccupazione” – ma qualche volta il matching tra domanda ed offerta di lavoro può risultare particolarmente arduo.

 

Gli interventi, sviluppati dai soggetti pubblici (i centri per l’impiego) e privati (le agenzie per il lavoro) preposti al governo operativo delle ricollocazioni, possono infatti non riuscire a realizzare i risultati attesi per criticità soggettive, dovute al luogo di residenza degli interessati, alla loro condizione fisica o anagrafica, al grado insufficiente di scolarizzazione, alla difficoltà di praticare rapidamente una efficace  riqualificazione professionale per carenza di competenze di base. Forse la chiave per favorire, in alcune situazioni, questo complicato matching può consistere allora non tanto nell’incremento delle formule di agevolazione contributiva/fiscale/retributiva afferente il contratto di lavoro stipulabile dal datore di lavoro subentrante, ma in un significativo e facilmente accessibile finanziamento di interventi formativi, che siano:

– prolungati ed efficaci, per favorire una reale piena riqualificazione dei lavoratori in esubero, nonché il coinvolgimento fiducioso anche di lavoratori poco propensi all’accettazione di percorsi formativi, per ragioni di distanza disagevole, di età elevata, di scolarizzazione contenuta;

– svolti prima della riassunzione per alleggerire organizzativamente i nuovi datori di lavoro e incrementare interesse e fiducia negli esiti dell’inserimento.

 

Questo non sembra però essere attualmente, anche nella normativa regionale propria dei contesti territoriali più evoluti, un approccio valorizzato nei provvedimenti concernenti, direttamente o indirettamente, le politiche attive del lavoro. Si consideri il caso della Dote Unica Lavoro (DUL), praticabile in Lombardia – nell’ambito dell’attuale fase 4 di finanziamento e gestione dell’istituto – con una doppia agevolazione:

– un sistema dotale tradizionale oramai pluriennale, basato sulla concessione di un voucher per finanziare interventi di supporto alla ricollocazione, graduato in 5 fasce, che prevede l’intervento di operatori accreditati per i servizi al lavoro per la realizzazione di piani di interventi personalizzati. Solo per un’unica fascia (la 5, denominata “altro aiuto”) e per importi limitati la misura comporta azioni formative per la riqualificazione professionale, peraltro destinate quasi esclusivamente al personale occupato sospeso in CIGS o destinatario di fondi/assegni di solidarietà. Si consideri che l’avviso pubblico per la terza fase 2019-2021 ha previsto, per l’obiettivo riqualificazione, un “massimale totale” per l’intervento di orientamento e formazione contenuto in euro 2000;

– un nuovo e significativo incentivo occupazionale (elemento introdotto nel 2021) per il datore di lavoro che assuma il lavoratore destinatario della DUL, da poco finanziato e differenziato come segue in funzione della difficoltà di accesso al mercato del lavoro: a) lavoratori fino a 54 anni: € 5.000; b) lavoratrici fino a 54 anni: € 7.000; c) lavoratori over 55: € 7.000; d) lavoratrici over 55: € 9.000.

 

La recente definizione di questo incentivo, operata da Regione Lombardia, in attuazione della D.G.R. n. XI/4398 del 10 marzo 2021, con DDUO n. 4033 del 24 marzo 2021, sembra quindi avere confermato a livello locale, nel rilancio della DUL, l’approccio perseguito a livello nazionale da ultimo con l’introduzione del contratto di rioccupazione. È stato infatti dato rilievo principalmente all’agevolazione all’assunzione, fortemente finanziata, mentre l’intervento formativo di riqualificazione è rimasto inalterato e fruibile in situazioni marginali. Potrebbero invece forse essere utili, nei prossimi mesi, per le ragioni evidenziate, sia un diverso assetto delle componenti di questo istituto, di potenziale significativo interesse per le imprese e per i lavoratori, sia un ripensamento complessivo dell’impostazione delle politiche attive del lavoro realizzate in ambito territoriale. Una maggiore finalizzazione dei prossimi provvedimenti alla valorizzazione della leva formativa, rispetto alla mera agevolazione economica all’assunzione, potrebbe evitare il rischio di eccessiva sovrapposizione degli interventi agevolativi, di perdita di sinergie e mancanza di adeguato equilibrio delle misure di sostegno, favorendo meglio l’avvio di un mercato del lavoro post pandemico più dinamico e più inclusivo.

 

Stefano Malandrini

Confindustria Bergamo

 

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