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Bollettino ADAPT 8 luglio 2019, n. 26
Sottoscritto lo scorso 29 maggio da Federmaco e da Feneal–Uil, Filca–Cisl e Fillea–Cgil, l’accordo per il rinnovo del CCNL per i dipendenti delle aziende esercenti la produzione del cemento, della calce e suoi derivati, del gesso e dei relativi manufatti, delle malte e dei materiali di base per le costruzioni, rappresenta un significativo passo in avanti nella direzione di realizzare una integrazione di sistema tra sostenibilità sociale, economica e ambientale. Il metodo privilegiato prescelto dalle parti sociali è quello della cooperazione e della costruzione partecipata del destino delle imprese e dei territori in cui operano, confermando l’importanza delle relazioni industriali nell’elaborazione di percorsi per lo sviluppo sostenibile anche di settori, come quello del cemento, ad alto impatto energetico ed ambientale.
Sistema di relazioni industriali
Nel tentativo di procedere ad un ulteriore rafforzamento delle relazioni industriali partecipative e continuative, le parti istituiscono un “Gruppo di Lavoro sulla Bilateralità” che, nell’arco temporale di vigenza del CCNL, dovrà presentare un progetto per la costituzione del comitato bilaterale dei materiali da costruzione (CBMC), composto da sei rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali e sei rappresentanti di Federmaco. In linea con quanto disposto per il precedente Comitato Paritetico Nazionale, il programma di lavoro del CBMC verterà su temi classici quali, a titolo esemplificativo, la formazione, la sicurezza sui luoghi di lavoro e la tutela ambientale nonché i monitoraggi sull’andamento occupazionale. In aggiunta a tali tematiche, sono introdotte nuove aree di attività, tra le quali spicca “lo sviluppo sostenibile, la tutela ambientale e le relazioni con il territorio nel quale gravitano le attività industriali dei settori rappresentati”.
In appositi incontri, inoltre, le parti firmatarie si riservano di elaborare valutazioni sui risultati delle attività di monitoraggio del CBMC e sulle previsioni di investimenti complessivi e/o nuovi insediamenti in aree geografiche, che comportino riflessi sull’occupazione, sulle prospettive produttive e sulle condizioni ambientali ed ecologiche.
L’intesa prevede poi che i gruppi industriali e le direzioni delle aziende significative (intendendosi per tali quelle con almeno 30 Lavoratori dipendenti) dei settori rappresentati forniranno alle organizzazioni sindacali nazionali dei lavoratori informazioni sulle innovazioni tecnologiche, sui progetti e sulle iniziative tese al risparmio energetico, sulle implicazioni derivanti dall’applicazione di specifiche normative regionali riguardanti l’attività estrattiva, su iniziative formative, nonché sulle linee aziendali in materia di riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione produttiva.
Tutela della salute dei lavoratori e tutela ambientale
Le parti confermano inoltre l’istituzione, in sostituzione alla figura del Rappresentante per la Sicurezza, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, la salute e l’ambiente (RLSSA). Interlocutore della direzione aziendale nelle materie indicate, l’RLSSA gode di aggiuntive ore di permesso annue retribuite per formazione sui programmi di miglioramento delle prestazioni ambientali, sui sistemi di rilevazione dei fattori inquinanti e prevenzione dei disastri ambientali, sulle tematiche di gestione dei rapporti con istituzioni, associazioni ed enti di controllo e sullo sviluppo di sistemi di gestione che rispondano ai requisiti previsti a livello internazionale.
La direzione aziendale è inoltre tenuta a consultare l’RLSSA qualora intenda adottare tecnologie innovative che abbiano riflessi sulla sicurezza e sulla tutela ambientale, per la definizione dei mezzi e procedure di prevenzione da adottare in presenza di nuovi rischi e in materia di sensibilizzazione sulla prevenzione di infortuni e malattie professionalizzanti. Lo stesso rappresentante per i lavoratori partecipa alle procedure di rilevazione ambientali dei fattori di rischio per la salute e la sicurezza – compreso lo smaltimento dei rifiuti industriali – e, in caso di emergenza e di impedimento della direzione aziendale, effettua anche da solo la visita sul luogo di lavoro.
Responsabile Ecologia Ambiente e Sicurezza: impiegato AD1
Importante è altresì la disciplina, nel sistema di classificazione e inquadramento del personale, della figura del c.d. responsabile ecologia, ambiente e sicurezza (REAS). Dotato di autonomia organizzativa e decisionale e appartenente all’area direttiva, il REAS svolge compiti di coordinamento e controllo dei sistemi di gestione ambiente e sicurezza e, in questo ambito, risponde della raccolta, dell’aggiornamento e dell’elaborazione dei dati relativi alle emissioni in atmosfera, scarichi idrici, rumore, consumi energetici, produzione di rifiuti, incidenti e infortuni.
Le Parti hanno, inoltre, elaborato uno schema esemplificativo delle conoscenze e competenze professionali di cui il REAS deve essere dotato e delle relative mansioni:
- Conoscenza del ciclo produttivo, delle mansioni, delle attrezzature, delle materie prime, dei combustibili utilizzati e dei rischi connessi, conoscenza ed attuazione del sistema di gestione ambiente e sicurezza nelle sue componenti manuali, procedurali normative e nelle finalità;
- Cura della realizzazione delle azioni di formazione ed informazione del personale, la stesura puntuale dei documenti del sistema di gestione ambiente e sicurezza secondo quanto previsto nel manuale EAS, gestione della non conformità e delle azioni correttive del sistema di gestione ambiente e sicurezza;
- Assicurare l’aggiornamento delle valutazioni dei rischi presenti in azienda e l’attuazione delle misure di prevenzione in coerenza con il processo di valutazione dei rischi).
Sviluppo sostenibile e responsabilità sociale di impresa
Le parti convengono in merito alla necessità di ispirare le proprie azioni ad un modello di sviluppo sostenibile “inteso come integrazione equilibrata e dinamica delle dimensioni relative alla crescita economica, al rispetto dell’ambiente e alla responsabilità sociale d’impresa”.
Sul fronte della sostenibilità ambientale, l’accordo di rinnovo del CCNL per i produttori dei materiali da costruttori propone di assicurare, unitamente a strutturate e coerenti strategie ambientali, misure finalizzate alla sostenibilità dei processi produttivi e alla tutela dell’occupazione ed altresì “di adottare una metodologia partecipativa di rapporti, basata sulla trasparenza e completezza degli elementi di informazione, sulla corretta comunicazione e sulla promozione di un positivo clima aziendale”.
Tutti i soggetti interessati, pertanto, imprese e lavoratori, devono adottare comportamenti coerenti con i principi sopra espressi al fine di confermare la validità di percorsi relativi alla protezione ambientale e alla riduzione delle emissioni di CO2, salute e sicurezza del personale, monitoraggio e reporting delle emissioni ed impatto sulle comunità locali. Per favorire percorsi condivisi, le Parti convengono che il CBMC predisponga, inoltre, un documento contenente le linee guida per l’attuazione di misure capaci di coniugare la responsabilità sociale di impresa con le raccomandazioni OIL.
Nell’ottica della sostenibilità sociale, invece, il rinnovo del CCNL in oggetto prevede che “l’impresa, inserita in un contesto territoriale, assume con la comunità un rapporto d’interazione diretta, sia nell’impatto delle attività industriali, sia nel corrispondere in modalità virtuosa collaborazione e socializzazione delle problematiche territoriali” (p. 13), individuando, a tal fine, nel “welfare di prossimità” in favore di associazioni di volontariato legate alla dimensione territoriale uno strumento potenziale.
Conclusioni
Dalla rapida ricognizione dei contenuti del nuovo CCNL Cemento, emerge come la ricerca dei nessi di sistema tra “sostenibilità ambientale” e “sostenibilità del lavoro” sembra essere imprescindibilmente legata alla attuazione di un approccio “partecipativo” alle relazioni industriali che, plasmato sul contesto territoriale di riferimento, faciliti l’integrazione delle strategie di tutela dell’ambiente con gli obiettivi di inclusione sociale e di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (cfr., in argomento, P. Tomassetti, Diritto del lavoro e ambiente, Adapt University Press, 2018).
Il riconoscimento di una stretta connessione tra impresa e comunità spinge le parti a ripensare le relazioni industriali oltre i tradizionali confini del luogo di lavoro, rendendo visibile l’insieme delle relazioni tra produzione, lavoro e ambiente circostante, facendosi espressione della territorialità di una comunità (E. Battaglini, Sviluppo territoriale. Dal disegno della ricerca alla valutazione dei risultati, Franco Angeli, 2014).
Resta inteso che agli intenti di carattere programmatico facciano ora seguito progetti aziendali che, facendo leva sulle diverse forme di partecipazione degli stakeholder, delle rappresentanze sindacali, dei lavoratori e degli utenti, siano capaci di far vivere gli istituti del contratto collettivo per ridisegnare concretamente il modello di sviluppo produttivo in linea con le esigenze di sviluppo territoriale, trasformando i prodotti e i servizi rendendoli più sostenibili, promuovendo la qualità della vita di lavoro di tutti, riducendo le disuguaglianze e migliorando l’ambiente fisico e sociale. Occorre realizzare, insomma, un’impresa integrale, definita come “l’impresa che persegue in modo integrato elevate performance economiche e sociali, che agisce concretamente per proteggere e sviluppare l’integrità degli stakeholder e dell’ambiente fisico, economico e sociale, che ha condotte eticamente integre” (F. Butera, G. De Michelis, L’Italia che compete. L’Italian Way of Doing Industry, Franco Angeli, 2011). Occorre, in altre parole, dare piena attuazione, per il tramite del sistema di relazioni industriali, al modello d’impresa delineato all’articolo 41 della nostra Costituzione.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo