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Il welfare aziendale e la grande trasformazione del lavoro
L’attenzione degli attori del mercato del lavoro – associazioni datoriali, sindacati, istituzioni pubbliche, ma anche consulenti privati – si è catalizzata con intensità crescente verso il tema del welfare aziendale. Ciò è dovuto tendenzialmente al fatto che si tratta di uno strumento che viene considerato particolarmente appetibile in primo luogo dalle aziende perché viene percepito per lo più come un sistema di agevolazioni fiscali funzionale ad un contenimento del costo del lavoro.
Un’altra chiave di lettura ricorrente è quella che enfatizza il ruolo sussidiario del welfare aziendale rispetto a quello statale.
Il crescente sviluppo del welfare aziendale è probabilmente un precipitato della inadeguatezza del welfare pubblico a far fronte alle esigenze della popolazione conseguenza dei profondi cambiamenti economici e sociali occorsi negli ultimi decenni che hanno determinato da un lato contrazione delle risorse finanziarie pubbliche e dall’altro l’emergere di nuove ed eterogenee esigenze non più sovrapponibili a quelle enumerate all’art. 38 della Costituzione (o anche, a ben vedere, alla quelle riconducibili alla concezione tradizionale dei c.d. oneri di utilità sociale ai quali fa riferimento il TUIR).
Non si può negare che le iniziative di welfare aziendale svolgano una funzione di integrazione – seppur necessariamente contenuta – di servizi alla persona forniti nell’ambito delle politiche pubbliche di welfare e che contribuiscano ad ampliare l’offerta di servizi di cui i lavoratori possono beneficiare. Tuttavia, anche questo impiego non esaurisce la sua funzione.
Si tratta in realtà di uno strumento dotato di più ampie e pervasive potenzialità.
Per comprendere la complessità e le funzioni del welfare aziendale è opportuno collocare il fenomeno nell’ambito del processo di radicale trasformazione del lavoro contemporaneo.
Il welfare aziendale si interseca indissolubilmente con il cambiamento del ruolo del lavoratore in azienda e del rapporto tra lavoratore e datore, relazione fortemente influenzata non solo da un nuovo contesto socio-economico, ma anche dall’impatto che l’impiego di nuove tecnologie ha sortito sui processi produttivi e sulle esigenze organizzative.
La chiave di volta di tale trasformazione risiede nel maggiore coinvolgimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale realizzata con l’attuazione di dinamiche dialogiche e, quindi, con il potenziamento del ruolo delle relazioni industriali.
Le logiche di dialogo in questione devono essere direzionate verso una corretta comprensione dei bisogni dei dipendenti che può però rivelarsi utile ad individuare specifiche problematiche organizzative sottostanti tali esigenze.
Corollari al tema della partecipazione del lavoratore all’organizzazione aziendale sono anche quello della retention dei dipendenti e dal cambiamento della relazione lavoro- retribuzione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, l’impiego di strumenti di welfare aziendale è funzionale ad attuare politiche di fidelizzazione dei dipendenti, anche in un’ottica premiale.
Con riferimento al secondo profilo, invece, ci si riferisce ad una concezione della retribuzione in maniera più ampia, comprensiva non solo valori monetari, ma anche del benessere complessivo del lavoratore.
In questo contesto il welfare aziendale riveste una funzione di nuovo strumento di gestione del personale e di veicolo di modernizzazione strutturale dei processi di produzione, fattori che possono incidere in maniera benefica sulla produttività.
La proposta di Confindustria Bergamo
La proposta di linee guida per le imprese bergamasche elaborata da Confindustria Bergamo riflette la concezione del welfare aziendale sintetizzata.
Gli aspetti esaminati sono, in particolare:
a) Valorizzazione del welfare aziendale come strumento di modernizzazione e perfezionamento del processo produttivo, realizzata tramite una corretta analisi prodromica delle esigenze aziendali da combinare con quelle dei lavoratori. Lo scopo è quello di investire in maniera ottima le risorse risolvendo problemi organizzativi pratici e aumentando il benessere e la soddisfazione dei lavoratori.
b) Tecniche di struttura e redazione dei piani.
La normativa fiscale in materia gioca un ruolo fondamentale sulla definizione dei costi delle misure di welfare adottate in azienda.
La sua natura di normativa contingente non garantisce però agli operatori una certezza del quadro giuridico- normativo e una prevedibilità dei costi, pertanto eventuali modifiche legislative potrebbero influire negativamente sulla sostenibilità dei piani e, quindi, sui loro effetti sul medio-lungo periodo.
Vengono, quindi, individuate alcune soluzioni volte a contenere tali rischi.
c) Approfondita cognizione delle dinamiche delle relazioni industriali.
Si sottolinea l’importanza di una valutazione prognostica dello svolgimento e gli esiti delle trattative al fine di adottare soluzioni condivise e, quindi, efficaci ed efficienti.
d) Integrazione del welfare aziendale con un complesso di strategie aziendali organiche e coerenti tra loro, espressione di una genale cultura di valorizzazione delle risorse umane.
Considerazioni conclusive. L’importanza di una visione sistematica e territoriale
Il pregio del contributo in esame consiste, come è già stato evidenziato, nel porre l’accento sul ruolo che può rivestire il welfare aziendale nella gestione del personale e nella risoluzione di specifiche problematiche organizzative, aspetto che generalmente non viene colto o valorizzato.
La proposta di linee guida apporta un ulteriore valore aggiunto al dibattito sul tema che va individuato nella concretizzazione – in un documento dal taglio operativo – dell’esigenza di adottare una strategia comune per garantire pratiche uniformi e ponderate, pur nel rispetto delle peculiarità delle aziende coinvolte.
Esigenza che è coerente e conseguenziale ad una più ampia visione del welfare aziendale inteso come strumento che non esplica i suoi effetti esclusivamente nel perimetro della singola realtà aziendale, ma che si proietta all’esterno di essa, coinvolgendo altre imprese, per creare valore diffuso sia per le aziende che per il territorio.
In questo contesto si delinea il nuovo e cruciale ruolo delle associazioni datoriali nel campo della diffusione e dello sviluppo di misure di welfare aziendale: non solo fornitori di un servizio di consulenza – standard – relativo all’interpretazione e all’applicazione della normativa che regola la materia, ma veri e propri registi, anche attraverso la loro massa critica e le proprie reti di contatti, di un sistema inclusivo basato sul dialogo tra impese, lavoratori e territorio; con una visione e una strategia attiva e di sistema finalizzata a produrre valore diffuso e in modo strutturale.
ADAPT Junior Fellow